L’alleato Salvini che lavora per Zingaretti e Minniti

Il continuo logoramento del M5S ad opera di Matteo Salvini è un vantaggio impagabile per Zingaretti e Minniti, chiunque di loro vada a fare il Segretario del Pd. Sia la Lega che i Dem hanno tutto l'interesse a ridurre il peso dei grillini. Perché...

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il più grande alleato del Partito Democratico in questa fase è Matteo Salvini. Che il prossimo segretario nazionale Dem sia Nicola Zingaretti o Marco Minniti, l’attuale vice premier sta compiendo per loro un lavoro di logoramento dell’alleato a Cinque Stelle che è del tutto funzionale al salvataggio del Pd.

Da settimane ormai l’uomo forte del governo Conte sta ripetendo la stessa mossa: lasciare che Luigi Di Maio lanci una proposta per burciargliela nelle ventiquattr’ore successive. Non per differente visione politica,  peggio ancora: per impossibilità pratica nel realizzarla.

Si sta dissolvendo così, giorno dopo giorno, la già scarsa consistenza amministrativa di un movimento basato sull’inesperienza. Totalmente asfittico: le sue radici calate sul territorio non sono in grado di trasmettere al tronco un solo elemento di concretezza. Tanto per fare un esempio. Non una parola sul futuro dell’automotive in Italia è arrivata dalla parlamentare eletta alla Camera nel collegio dove ha sede lo stabilimento Premium del gruppo Fca: non c’è memoria di una concreta iniziativa sul futuro di Fca Cassino Plant avanzata dall’onorevole Ilaria Fontana, nonostante gli elementi di preoccupazione non manchino. (leggi qui Il guru della Bocconi che ha predetto la crisi di Fca Cassino).

La promessa di dismettere il progetto sugli F35 avanzata più volte in campagna elettorale è stata del tutto disattesa dall’onorevole Luca Frusone una volta ottenuta la rielezione a Montecitorio. Non poteva essere altrimenti: i posti di lavoro nel comparto Aerospazio lungo la dorsale Roma – Capua (sia via via Latina che via Anagni) sono a migliaia e tutti ad altissima specializzazione. Cancellare il progetto significa perdere quei posti. Oltre che pagare le penali.

Le marce per l’ambiente organizzate dall’onorevole Enrica Segneri su via Le Lame, il termovalorizzatore di San Vittore e lo stabilimento Saf di Colfelice sono diventate fuffa parlamentare una volta arrivata l’elezione. Perché San Vittore è proprietà Acea e quindi gestito dal M5S attraverso Virginia Raggi, perché Saf lavora ancora l’immondizia romana ed evita il collasso definitivo all’urbe. Ora quei siti non avvelenano più, non puzzano più, fanno venire il cancro ma poco.

Questa stessa inconsistenza, moltiplicata a livello nazionale, è lo spettacolo che sta portando in scena Luigi Di Maio. Ilva: niente parco, niente operai mantenuti con il reddito di cittadinanza, ma si continua come prima. Muos: niente soppressione delle mega antenne installate in Sicilia nonostante le promesse fatte ai movimenti locali. Tav: costa più fermare i cantieri che ultimarli. Il reddito di cittadinanza è irrealizzabile nel modo in cui è stato promesso ma al massimo sarà una brutta copia del progetto definito da Renzi e poi fermato da Gentiloni. Il ponte di Genova ancora è tutto lì e la revoca delle concessioni è rimasta sui lanci d’agenzia.

È qui che sta giocando la partita Matteo Salvini. Logorando poco alla volta, giorno dopo giorno, il Movimento. I numeri gli stanno dando ragione: il leader leghista sta drenando consensi, li sta prendendo all’alleato e sta svuotando nello stesso tempo Forza Italia e FdI.

Le condizioni per tentare il colpo di mano ci sono tutte. Nei palazzi della politica se ne parla ormai a voce alta: se i sondaggi continueranno con questo trend c’è la possibilità di determinare la crisi a fine anno. Per tornare alle urne in Primavera con un election day Europee – Senato – Camera – Regionali (dove in scadenza).

 

Se ne parla con tanta convinzione che la Casaleggio ha deciso di richiamare il suo agente in America Latina. Alessandro Di Battista ha già il passaporto pronto per rientrare dall’esilio dorato in Guatemala dove è stato spedito proprio con questo scopo: preservarlo da ogni possibile coinvolgimento nel fallimento. Per lanciarlo in pista al posto di un sempre più logorato Giggino Di Maio.

In questo scenario si inserisce il confronto interno al Pd tra Nicola Zingaretti e Marco Minniti per la segreteria nazionale. Chiunque sia il segretario, a Matteo Salvini conviene più un sistema bipolare (con il Pd all’opposizione e lui da solo al comando) che un’alleanza con il freno a mano tirato come quella di oggi.

Al governatore del Lazio ed all’ex ministro dell’Interno conviene un M5S logorato. Per poter andare tra le macerie e riprendersi il proprio elettorato deluso.

Proprio per questo il migliore alleato del Pd, in questo momento, è Matteo Salvini