Scontro sui tempi in Senato, aula convocata domani alle 18

Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Lo scontro interno al Pd. Il rischio di una deriva in Senato. I numeri e come vanno letti. Pompeo si schiera con Renzi. Ma confida in Zingaretti

Non c’è unanimità. I capigruppo del Senato non hanno raggiunto un’intesa. Per questo motivo sarà l’aula di Palazzo Madama a dettare i tempi della crisi di Governo. I senatori sono stati convocati per le ore 18 di domani.

La presidente Elisabetta Casellati l’aveva messo subito in chiaro alle 16 quando è iniziata la riunione della Capigruppo: senza unanimità, tocca all’Aula del Senato pronunciarsi; non è un modo per tirarla alle lunghe ma il regolamento. Non la pensano così le opposizioni: la accusano di avere fatto un piacere a Salvini.

Il Capitano intanto ha dato un’occhiata ai sondaggi. Non gradiscono la sua scelta di andare da solo e giocare all’asso pigliatutto. Il rischio è che scatti la partita ‘Tutti contro la Lega’. Così Matteo Salvini è sceso a più miti consigli: ha proposto ai vecchi alleati di tornare tutti insieme amichevolmente; forse già domani ci sarà la formalizzazione di un’intesa.

Sull’altro fronte, Grillo cerca una scialuppa con il Pd che fino alla settimana scorsa era quello al quale chiedeva “parlateci uello di Bibbiano“, frequentato da “pidioti“. Poco importa se ad evitargli il massacro alle urne sarà la una scialuppa zingarettiana (che ha detto no anche oggi con chiarezza in Direzione) o renziana.

Renzi ha deciso di logorare Zingaretti. I senatori li ha scelti lui ed a lui rispondono. Nicola Zingaretti tenta di tenere unito il Pd. E di evitare la collisione in Senato, capace di affondare tutto il Partito. La sua linea del “si a nuove elezioni subito, no ad un governo con i Cinque Stelle” è chiara. Ma in Aula buona parte dei senatori e dei deputati sono di matrice renziana: 45 su 51. E potrebbero decidere una rotta diversa. Insieme a 102 senatori pentastellati ed una dozzina transitati nel gruppo Misto. Totale: 159 voti. Mentre la Lega ne ha 136. Non sono abbastanza per determinare una crisi.

Ribadita la linea del Partito, Nicola Zingaretti si è rimesso alle decisioni di Sergio Mattarella: toccherà a lui dettare i tempi della crisi. Ma prima questa crisi bisogna formalizzarla. È per questo che alle 16 si sono riuniti i Capigruppo di Palazzo Madama. Hanno deciso che saranno i senatori a stabilire quando mettere ai voti la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte presentata dalla Lega.

Sale la tensione

Fonti della maggioranza Pd hanno detto all’agenzia AdnKronos di considerare «grave il fatto che parte della minoranza renziana non abbia ancora smentito la scissione dal Partito e la nascita di un nuovo soggetto chiamato ‘Azione civile’ come da loro stesso annunciato ieri a tutti i giornali».

Getta acqua sul fuoco il parlamentare Dem Andrea De Maria. Parla di «responsabilità verso il Paese e verso i valori della Costituzione che dobbiamo difendere dalla deriva reazionaria rappresentata dalla Lega di Salvini». Per questo sotto linea che non ci si può permettere spaccature, scissioni, conflitti interni: «non ce li possiamo permettere, non sono all’altezza delle nostre responsabilità».

Anche lui getta la palla nel Quirinale: «Vediamo le iniziative che assumerà il Presidente della Repubblica. Discutiamo se necessario fra noi al momento giusto e nelle sedi opportune che il partito ha».

Marcucci: nuovo governo

Il presidente dei senatori Dem Andrea Marcucci punta il dito contro la presidente Casellati: «con una chiara forzatura di parte, vuole convocare l’aula domani. Gli umori ed i diktat di Salvini non sono ancora emergenza nazionale».

Marcucci, aprendo l’assemblea dei senatori Dem, ha detto che «La crisi dovrà essere interamente parlamentarizzata. Le comunicazioni del presidente Conte avranno la priorità. L’obiettivo di oggi è quello di arrivare ad un nuovo governo, di che natura dovrà essere, lo vedremo in seguito».

Coerenza e unità

Debora Serracchiani, vicepresidente dell’Assemblea nazionale Pd, dice che «Questo è il momento della coerenza e dell’aggregazione, non della desistenza e della disgregazione. Serve coraggio per lottare contro le forze che hanno distrutto il Paese: chi non ha quel coraggio sta lavorando oggettivamente per la causa di Salvini. È una sofferenza vedere la Repubblica sotto attacco e pezzi di Pd che litigano».

Punta il dito contro Zingaretti l’ex ministro Maria Elena Boschi. In un’intervista al Messaggero ha invitato a «Mettere da parte interessi di bottega e tatticismi e mettere in sicurezza il Paese prima di tornare al voto. Nessun inciucio, nessun accordo nelle ‘segrete stanze’, ma tutto alla luce del sole».

Pompeo, scelte responsabili

Il presidente della Provincia di Frosinone e presidente dell’Unione Province del Lazio, Antonio Pompeo confida nella capacità di fare sintesi del Segretario nazionale Zingaretti. Lo ha sostenuto al Congresso ma ora è tornato in sintonia con i renziani. Con chi si schiera, in questa fase?

«La mia posizione all’interno del Partito è chiara, ma in questo caso non è tanto una questione di sensibilità e di appartenenza a una corrente o all’altra, quanto la necessità di fare scelte responsabili per il sistema Italia: il che significa scongiurare l’aumento dell’Iva, sostenere famiglie e imprese, garantire occupazione e servizi».

È la posizione di Matteo Renzi: governo con cui mettere in sicurezza i conti e poi elezioni. «Sono fiducioso che Zingaretti riuscirà, nel suo ruolo di Segretario, a trovare un punto di equilibrio, salvaguardando l’unità del partito e preferendo alla tattica politica un forte senso di responsabilità nei confronti del Paese».

In mattinata Carlo Calenda ha parlato di scissione interna che è nei fatti. (leggi qui Zingaretti: «Crisi ed elezioni subito»). Antonio Pompeo è meno catastrofico: «Il problema della scissione non si pone affatto se la dirigenza nazionale del Partito saprà fare sintesi e lavorare insieme per rispondere alle istanze e alle esigenze del Paese Italia. Questa deve essere la stella polare per tutti».

In caso di elezioni il suo è uno dei nomi in agenda per una candidatura. Ma crede ancora in una sintesi politica: «La sintesi politica deve essere reale: come dicevo poc’anzi, il segretario ha questo come principale e delicato compito e saprà certamente portarlo a compimento. Quell’abusato concetto di ‘fare squadra’ o ‘fare sistema’ deve trovare una concreta realizzazione, perché pensare e agire ‘a compartimenti stagni’ è tanto pericoloso quanto dannoso».