La frusta di Stirpe: «Questo è un Paese che non vuole modernizzarsi»

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

«Questo è un Paese che non vuole modernizzarsi»: la sferzata arriva nell’arena dell’auditorium “Terme di Pomepo” a Ferentino.Il vice presidente nazionale di Confindustria Maurizio Stirpe si confronta con Gigi Petteni: è il segretario nazionale della Cisl.

Non butta la palla in calcio d’angolo, il presidente degli industriali. Non fa melina a centrocampo. Ma va a cercarsi il cuore dell’azione: a costo di essere scomodo e antipatico. «Questo è un Paese che non vuole modernizzarsi» dice rispondendo alle domande del moderatore. Insomma: se le cose vanno male, se siamo la ruota più lenta nell’economia europea, se non ripartiamo, la colpa è anche la nostra.

Il motivo lo spiega con la consueta lucida chiarezza Maurizio Stirpe, la stessa che ha il chirurgo quando deve annunciarti che se vuoi continuare a campare devi entrare in sala operatoria subito.

Il problema – fa capire Stirpe – è in Ciociaria ed in Italia la mentalità è rimasta ai tempi dell’industria metalmeccanica anni Settanta. Quel mondo è finito e nessuno vuole rassegnarsi. Non c’è più quel Paese, non c’è più quello Stato, non c’è più quell’economia. Quello che nessuno vuole sbrigarsi ad accettare – è il messaggio del presidente – è che siamo nel mondo del 4.0. Qualche esempio dietro l’angolo? Nello stabilimento Fca di Cassino sia Giulia che Stelvio nascono attraverso il lavoro di macchine che interagiscono con gli uomini. Ad Anagni nessuno dei dipendenti Saxa Gres produce le piastrelle ma fanno tutto le macchine e loro devono solo dialogarci.

Ecco: il futuro che Maurizio Stirpe si sta sgolando da mesi a raccontare è questo: le macchine prenderanno il posto degli uomini. E questo determinerà la perdita di milioni di posti. Ma ne farà nascere altri: serve chi parli con quelle macchine, chi si interfacci con loro, chi le sappia progettare e programmare. Un altro esempio a portata di mano: alla Saxa di Anagni non si trova un grafico capace di progettare i disegni del gres porcellanato. E il grafico allora arriva da Sassuolo, pagato più o meno quanto un chirurgo in missione.

Qualcuno domanda a Stirpe cosa ne pensi della proposta avanzata da Bill Gates: una tassa sui robot con la quale pagare gli stipendi ai lavoratori rimasti a casa. Per il presidente «La ricchezza va prima creata, puoi occorre capire come redistribuirla».

Il confronto oggi è con la Cisl, ma nel panorama dei sindacati ci sono voci diverse. Come quella di Cgil. Che Stirpe bolla in una frase: «Con al carta dei diritti della Cgil si vuole riportare il paese agli inizi del ‘900».

A sostenere la visione del sindacato ci pensa il segretario nazionale della Cisl Gigi Petteni. Mette in evidenza un elemento: «L’Italia è il secondo Paese manifatturiero in Europa e questa è la nostra grande forza del perché crea ricchezza di sistema».

C’è poi il tema centrale: ma questo Jobs Act è servito a qualcosa o no? «La Grande novità del Jobs Act è l’aver riportato il contratto a tempo indeterminato al centro. Venendo meno gli incentivi vengono meno le assunzioni – per Petteni – va rivista la tassazione sul lavoro, oggi insostenibile».

Su questo punto, emerge dal confronto, gli industriali di Stirpe ed i lavoratori di Petteni hanno lo stesso avversario. E’ il sistema che carica di tasse il lavoro, svuotando la busta paga del lavoratore, caricando di costi l’imprenditore. «Se il Governo facesse costare di più il lavoro precario e rendendo conveniente il lavoro a tempo indeterminato».

E sul 4.0 invocato da Stirpe? la Cisl non ha dubbi «L’Articolo 18 del futuro è la Formazione».

Per il segretario provinciale Cisl Enrico Coppotelli «In un mercato del lavoro di questo tipo, l’elemento di forza dei lavoratori è la possibilità di essere spendibili diverse volte. Perché possono essere ricollocati in altri lavori qualora perdano il loro». Ed i voucher? «Lo sfruttamento non sono i voucher ma i tirocini a 8 ore al giorno a 400 euro al mese».

I voucher anziché il 4.0: il chiaro emblema del Paese che non vuole modernizzarsi.

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Foto: copyright Mario Salati, per gentile concessione