Stirpe: uno stipendio in più all’anno

Al Festival dell'Economia Giorgetti apre. Maurizio Stirpe, Cisl e Uil dicono si. Più soldi in busta paga: ma a saldi invariati. L'ipotesi: rimodulare 110% e Reddito di Cittadinanza.

Per una volta suonano tutti la stessa musica. Non per l’intero concerto, non per tutto lo spartito. Ma la sostanza c’è e vede insieme il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, il vice presidente di Confindustria Maurizio Stirpe ed i sindacati. Il tema è antico: più soldi nelle buste paga dei lavoratori.

Maurizio Stirpe lo dice da anni. Aggiungendo un dettaglio fondamentale: ‘a saldi invariati‘. Significa che gli industriali ed i datori di lavoro in genere non devono tirare fuori un solo euro in più. Allora chi li deve tirare fuori quei soldi da mettere in busta paga? Il socio nascosto che ha ogni cittadino italiano: nelle buste paga arriva solo la metà di quello che le imprese tirano fuori ogni mese per ogni lavoratore, l’altra metà se ne va per contributi e tasse di vario genere.

Il Festival dell’Economia di Trento è stato il palcoscenico sul quale sono stare registrate le le convergenze di Industriali e sindacati sulla rotta ipotizzata dal Governo.

Tutta colpa del cuneo

Romano Prodi con Enrico Letta nel 2007 (Foto Giuseppe Carotenuto / Imagoeconomica)

È dai tempi di Romano Prodi che quel nodo viene evocato ma non viene sciolto. Peccato che all’epoca non esistessero comunicatori moderni: lui parlò della “necessità di tagliare il cuneo fiscale” e nessuno capì cosa volesse dire; qualcuno ipotizzò volesse tagliare le tasse ai cittadini di Cuneo. Oggi avrebbero detto “Più soldi in busta paga”: anzi lo hanno detto. E nella sostanza è la stessa cosa.

La verità è che qualcosa è stato fatto in questi anni. Gli Ottanta euro di Renzi erano questo: l’azienda tira fuori gli stessi soldi, paga 80 euro di tasse in meno su ogni lavoratore (con determinati requisiti) e glieli mette in busta paga.

Giancarlo Giorgetti ha detto che è ora di un robusto intervento di taglio del cuneo fiscale. Per dare slancio ai salari e consentirgli di affrontare l’ondata di aumenti. E visto che si sta mettendo mano alla questione Lavoro, il ministro parla della possibilità di affidare ad aziende e sindacati la regolamentazione dello smart working per cucirlo su misura delle imprese. Giorgetti manda una risposta al mantra di Stirpe: serve più produttività? E allora via le tasse sui premi di produttività: oggi ghigliottinati da una cedolare del 10%.

Il Si di Stirpe, Cisl e Uil

Luigi Sbarra (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

In altri tempi, quelli della Prima Repubblica, sarebbe scattato il gioco al rialzo. Oggi invece Confindustria, Cisl e Uil non hanno chiamato alcuna carta dal banco ed hanno detto ‘vedo‘.

A farlo sono stati il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, il Segretario della Cisl Luigi Sbarra ed il Segretario della Uil Pierapaolo Bombardieri. La piena sintonia è lontana, le strade che Industrie e Sindacati ipotizzano sono diverse. Ma il punto di approdo è lo stesso.

La sintonia c’è sul tema dello Smart Working: Confindustria, Cisl e Uil hanno rivendicato il ruolo svolto nel regolare la nuova contrattazione sulla materia. Le loro linee guida sono passate: sia per il lavoro nel Pubblico e sia nel Privato. Una convergenza che è stata utile per «adattare il lavoro agile alle caratteristiche di ogni impresa».

Un mese di stipendio in più

Maurizio Stirpe

I sindacati spingono sull’acceleratore per arrivare al rinnovo dei contratti scaduti. Devono essere aggiornati quelli della Scuola, del comparto Sanità, del settore universitario, degli enti locali. La richiesta al Governo è quella di ridurre il cuneo su stipendi e pure sulle pensioni; la Cisl mette sul piatto anche la riduzione dell’Iva sui generi di prima necessità. Chiede di spingere sui progetti del Pnrr perché solo la crescita può tirarci fuori da una spirale di recessione.

Sui contratti, in molti casi c’è stata sintonia con Confindustria ma ora tocca al Governo fare la sua parte. La richiesta è quella di detassare gli aumenti e togliere il peso dei contributi sui premi di produttività.

La sintonia sui rinnovi è stata trovata quasi su tutti i tavoli. Anche per questo la vicepresidenza di Maurizio Stirpe non è mai stata messa in dubbio quando nei giorni scorsi Confindustria ha rinnovato la squadra del presidente Carlo Bonomi. Stirpe è riuscito a costruire una linea di confronto leale con la controparte. «I contratti rinnovati rappresentano il 94% – ha evidenziato al Sole 24 Ore -. Su quelli che non si rinnovano pesano vicende specifiche».

Gli stipendi sono stati aumentati. Si stima che si potrebbe arrivare quasi ad un mese di stipendio in più all’anno. Ma il rischio è che l’aumento dei prezzi renda tutto inutile. Stirpe ha ribadito la linea del taglio al cuneo fiscale. O per dirla con le sue parole «affrontare in modo chiaro il tema della tenuta del potere d’acquisto dei lavoratori senza aumentare costo del lavoro. Le imprese stanno affrontando gli incrementi del costo dell’energia, le difficoltà nel reperire le materie prime e c’è il progressivo incremento dei costi finanziari. Non possono permettersi di sostenere anche anche un aumento del costo del lavoro, pena la loro stessa sopravvivenza».

Quota 16 miliardi

Giancarlo Giorgetti (Foto Andrea Giannetti © Imagoeconomica)

Servono 16 miliardi. A tanto ammonta la riduzione del cuneo fiscale ipotizzata da Maurizio Stirpe. Per dare ossigeno a lavoratori e imprese: due terzi al personale ed un terzo alle aziende. I numeri sono impietosi: nei Paesi europei con i conti in regola lo stipendio è cresciuto del 40% grazie anche ad una migliore produttività; in Italia la crescita è stata appena del 10%.

Ma dove si possono andare a prendere quesi soldi? Qui c’è stato il duetto a distanza con il ministro Giancarlo Giorgetti. Al Festival dell’Economia ha usato l’espressione «pletora dei bonus» e ne ha chiesto il «disboscamento». Potrebbero venire da lì quei 16 miliardi? Da una rivisitazione del 110% e del reddito di Cittadinanza?

Giorgetti ha detto a Il Messaggero «Bisogna valutare i bonus che sono effettivamente utili e quelli che non lo sono. Faccio due esempi. Da un lato il bonus 110% va riportato ad una situazione di ordinarietà, magari prevedendo benefici solo per la prima casa, magari riducendo l’incentivo al 70-80%. C’è un ragionamento da fare anche sul Reddito di Cittadinanza, visto che tutti gli imprenditori che incontro mi dicono che fanno molta fatica a trovare manodopera e che il bonus è un potente disincentivo. Sia come sia, pensare di toglierlo a chi rifiuta due volte un posto non credo sia sbagliato».

Stirpe: con il Patto di Fabbrica non serve il salario minimo

Foto Igor Todisco

Infine c’è il tema del Salario Minimo. Maurizio Stirpe è preciso: «Se applicassimo l’accordo interconfederale del 2014 ed il Patto della Fabbrica del 2018, assieme alle tutele dell’articolo 36 della Costituzione, non avremmo bisogno del salario minimo».

C’è stata un’incapacità. «Oggi siamo obbligati a percorrere questa strada perché siamo stati incapaci di portare a compimento tutte le parti di quel accordo interconfederale che invece prevedeva un preciso perimetro per i contratti e una rappresentanza ben definita. Sia per i sindacati che per le aziende. Se lo unissimo all’articolo 36 della Costituzione sull’erga omnes non avremmo bisogno di salario minimo».