No Pride per Costituzione: “Nessun burattinaio”

Seduta fiume dell'Assise civica con il tema del momento che diventa specchio della contrapposizione maggioranza-opposizione Il patrocinio al Pride? Mai concesso. Quindi non si può revocare una cosa che non è stata data. La sindaca richiama l'articolo 4 della Costituzione

Andrea Apruzzese

Inter sidera versor

«Ho fatto tutto da sola, non c’è nessun burattinaio, né ho richiami dall’alto». È così che Matilde Celentano, sindaca di Latina espressa dal centrodestra, ha spiegato il suo comportamento. Quando cioè ha prima concesso e poi ritirato dopo 24 ore, il patrocinio del Comune al Lazio Pride, la manifestazione Lgbtqia+ che si svolgerà sabato 8 luglio nel capoluogo pontino.

La Celentano ha risposto ieri, in una lunga seduta di Consiglio comunale iniziata alle 11 e terminata alle 22. Lo ha fatto di fronte alla mozione presentata dal Pd che le chiedeva conto del suo comportamento. In nome del rispetto e della tutela dei diritti civili. La sindaca ha impostato tutto il suo discorso sulla Costituzione, difendendo le sue scelte dietro gli articoli della Carta della Repubblica.

“Io devo far rispettare la legge”

Matilde Celentano

«L’articolo 3 dice che tutti i cittadini sono uguali, ma l’articolo 4 dice che tutti sono tenuti a rispettare la legge. Io sono una donna di Stato, io devo rispettare e far rispettare la legge». E ha aggiunto anche degli esempi: «Mi sono informata all’Anagrafe. C’è stato un solo caso di richiesta di registrazione di figli di famiglie omogenitoriali. E’ stato posto un quesito al ministero, che ha risposto di no, precisando che si possono registrare figli di famiglie omogenitoriali solo di donne, quando una dichiari di essere la madre e l’altra l’adottante».

E ribadisce: «La maternità surrogata, in Italia, è vietata!». Ed è poi tornata a quelle ore: «Quello che ho fatto, nel bene e nel male, l’ho fatto da sola. Da sola, d’impulso, con la mia generosità, ho deciso di dare il patrocinio, anche senza consultarmi con la mia maggioranza, con la quale ora mi scuso». E spiega quanto avvenuto successivamente. «Dagli organizzatori, ai quali avevo gettato un ponte, mi aspettavo la stessa cosa, un ponte di confronto. Invece, mi è stato risposto che quanto fatto, il patrocinio, era insufficiente. E che da me si sarebbe voluto di più, si sarebbe voluta la registrazione i figli nati da mamma surrogata, mi si chiedeva di violare la legge, ma io ho giurato sulla Costituzione».

Nessuna revoca, il patrocinio non c’era ancora

E ha precisato anche un dettaglio: «Non c’è stata alcuna revoca, perché io non avevo ancora firmato il patrocinio: si è trattato di una mancata concessione». Poi Celentano è passata al contrattacco: «La verità è che non lo volevate, il patrocinio: voi volevate solo fare polemica, che si parlasse di questo».

Fin qui le parole, su un caso che ha scatenato sì, polemiche su polemiche. E anche il precedente dibattito in assise, sulla mozione del Pd, le ha accese ancora di più. Tema delicato, i diritti e le richieste del mondo Lgbtqia+. Tema che ha scatenato in assise durissime prese di posizione, con alcuni consiglieri che hanno dato libero sfogo ai propri pensieri. Anche al di là del mero aspetto del dibattito politico tra centrodestra e centrosinistra. In apertura di dibattito, Daniela Fiore (Pd) chiede che sulla mozione i consiglieri si esprimano con voto segreto.

Campagna all’attacco: “Brutta pagina”

«Per libertà di coscienza e affrancare dalle ideologie di partito», ma non c’è nulla da fare. Secondo la segretaria generale, Alessandra Macrì, mancano i presupposti, perché non si parla di singoli individui. È Valeria Campagna a sottolineare come “quanto avvenuto è una brutta pagina. Ed è grave per due motivi: il Pride è un giorno di festa e rivendicazione di lotte politiche. Per promuovere la cultura dell’inclusione e il rispetto delle differenze, delle libertà di ognuno di essere e amare e avere pari diritti senza discriminazioni”.

Valeria Campagna

“L’altro motivo è che da una sindaca che dice di voler essere sindaca di tutti, ci aspettavamo che fosse almeno sindaca di se stessa. Ci sono stati altri sindaci, anche di centrodestra (Lanfranco Principi di Aprilia, ndr) che hanno concesso il patrocinio. Ed hanno dimostrato coerenza e non si sono lasciati tirare per la giacchetta. Noi come Pd parteciperemo l’8 luglio al Pride, per chiedere che si vada avanti sul matrimonio egualitario, riconoscimento dei figli da famiglie omogenitoriali, per le carriere alias nelle scuole e contro l’omotransfobia.

I difensori della scelta di Celentano

Dall’altra parte dell’aula, strenua difesa della sindaca, contro quelle che sono state definite “strumentalizzazioni”. Per Maurizio Galardo (Udc) «bisogna prima affrontare il tema del percorso di adozione». Per Serena Baccini (FdI) «la decisione di concedere il patrocinio ha forse lasciato spiazzati molti di voi e per questo è stata poi strumentalizzata». Simona Mulè (FdI) ha usato parole durissime, definendo «pratica inumana l’utero in affitto che considera i bambini come merce. Questa maggioranza vuole agire per i diritti umani, ma non intende assolutamente derogare a valori imprescindibili per la civiltà umana».

Leonardo Majocchi

E dopo aver detto così, si dichiara «contro ogni tipo di fanatismo». Leonardo Majocchi (Pd) le ribatte: «Consigliera Mulè, la comunità lgbtqia+ la ringrazia, per averci ricordato l’ingresso nella civiltà contemporanea». L’ex sindaco Damiano Coletta (Lbc) ricorda come anche a lui toccò essere invitato al Pride nel 2016. Fu appena pochi giorni dopo la sua elezione. Poi di come vi partecipò (il patrocinio allora era stato già concesso dal commissario straordinario Giacomo Barbato). «Ci batteremo sempre per tutelare i diritti, soprattutto in un momento in cui questi rischiano di essere cancellati»