Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 26 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 26 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 26 ottobre 2022

TOP

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni alla Camera

Perfetta. Pure questa volta. Con la sua abilità di sconvolgere il campo facendo esattamente quello che ci si sarebbe aspettati da lei. Giorgia Meloni ancora una volta ha spiazzato tutti. Con il suo discorso alle Camere per chiedere la fiducia ha cancellato anni di cerchiobottismo parolaio. E messo al centro l’asciutta sostanza, senza ammiccamenti, senza promesse velate.

Ha presentato un programma di destra, esposto con parole di destra, affidato ad un governo di destra. Ma una destra che – almeno in quel discorso – non ha un solo grammo da spartire con la destra da piazza che tanti si aspettavano, non ha concesso una sola virgola agli estremismi di Bannon e la sua accademia dei sovranisti mondiali che voleva realizzare a Trisulti, non una concessione ai neo fascismi di Orban.

Netta, nessun arrotondamento nemmeno negli spigoli: mai una strizzata d’occhio né al centro di Calenda e Renzi né al centrosinistra di Letta. Il suo sarà un governo politico e di destra che si assumerà la responsabilità di realizzare le riforme promesse agli elettori: a partire dal Presidenzialismo, proposto senza toni barricaderi ma con quelli del dialogo politico. Partendo da un punto non casuale: quello in cui si arenò la Bicamerale che aveva riscritto la Costituzione e poi non ebbe il coraggio di andare avanti. Lì c’era stata la convergenza di tutti e da quella convergenza ha riaperto il dialogo. Non dalla forza muscolare dei suoi voti che avrebbe potuto mettere sul tavolo.

Economia, ambientalismo, patriottismo sono tutti temi confermati con coerenza: ma declinati nel nome delle leggi europee che l’Italia ha invocato solo quando le faceva comodo. La lotta all’immigrazione clandestina? È un problema europeo e non delle sole motovedette della sola Italia. In un colpo solo ha spiazzato Salvini e le sinistre più estreme, senza spostarsi di un solo millimetro.

Se riuscirà a fare ciò che ha annunciato, Giorgia Meloni avrà il merito di avere costruito una nuova declinazione destra in Europa. Che obbligherà anche la sinistra a rigenerarsi totalmente se vorrà essere capace di fronteggiarla.

Il buongiorno inatteso.

ALESSIO MARZILLI

Alessio Marzilli a Ceccano

Geniale, sintetico ma completo: come i suoi video. Alessio Marzilli è il regista e videomaker che ha rivoluzionato la satira politica, creando un nuovo genere. C’è questo ragazzo, laureato all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, di Giuliano di Roma con un papà voce storica dell’emittenza radiofonica provinciale, dietro all’invenzione più geniale che la televisione abbia saputo proporre negli ultimi vent’anni.

Il palcoscenico è quello di Propaganda Live su La7. Alessio Marzilli lì si è conquistato una finestra: un paio di minuti e non di più, nei quali rimonta le dichiarazioni fatte in settimana da un politico ma giocando sui silenzi, sulle pause, sulle espressioni; tirando fuori un prodotto surreale ed esilarante che però è straordinariamente efficace per far capire il vero senso del personaggio.

Lontano anni luce dalla presunzione del divismo, Alessio Marzilli l’altra sera si è concesso all’iniziativa organizzata a Ceccano da Progresso Frabaterno. Ha parlato dei nuovi linguaggi della politica. Dei ‘dietro le quinte‘: come la telefonata arrivata dal Quirinale la volta che usò il personaggio di Sergio Mattarella (ma il Presidente, dicono, ne fu divertito), i quattro giorni di full immersion per concepire e poi realizzare quei video; le reazioni del pubblico che talvolta prende per vere le sue interviste, rendendo ancora più esilarante il tutto. Ma è altro e ben più importante ciò che ha portato sulla scena.

Esattamente come i suoi video è il sapore finale ad essere il vero messaggio. E Alessio Marzilli ha lasciato su quel palco il sapore dei sogni realizzati se si ha il coraggio di inseguirli e correre più di loro, acchiappati e cavalcati senza che ci fosse un aiuto a salire in groppa. Ha raccontato che in questo tempo, se si ha un’idea ed il coraggio di crederci, è possibile realizzarla e realizzarsi.

È questa la forza dirompente della sua testimonianza.

Una risata vi risveglierà.

FLOP

VALENTINO VALENTINI

Valentino Valentini (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Ci sono uomini che dividono le opinioni altrui per quello che sono e uomini che le dividono per quello che fanno. Poi ci sono gli uomini come Valentino Valentini, che le opinioni altrui le mettono sotto scacco di frattura per quello che sono stati e quello che potrebbero fare. Fare cosa? Diventare il totem della battaglia mai sopita di Silvio Berlusconi per dare identità arcoriana al governo di Giorgia Meloni.

Arcoriana come fine e ronzulliana come mezzo, a dire il vero. Valentino è l’uomo-grimaldello con cui Silvio Berlusconi punta a mettere accanto ad Antonio Tajani un suo uomo di fiducia come sottosegretario agli Esteri.

Quella in Tajani il Cav l’ha persa quando il suo numero due lo ha “tradito” per buon senso e legittima ambizione e Valentini è l’uomo giusto per ricordare al “delfino” che il vecchio squalo è ancora in acqua.

Molto vicino alla Russia di Putin ed ambasciatore personale di Berlusconi al Cremlino nei primi Duemila, Valentini alla Farnesina è di fatto un doppione in Partito ma un incursore in intenti. E Berlusconi non vuole sabotare nulla, ma di certo vuole essere con uno dei suoi dove si deciderà cosa fare oltre confine.

E ci proverà con uno che chiamare filorusso è forse troppo, ma chiamare fedelissimo è forse poco.

Tarlo azzurro.

LUIGI DI MAIO

Luigi Di Maio (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

L’operazione Disimpegno Civico è completa: Luigi Di Maio si è dimesso dalla segreteria della coalizione che lui stesso aveva fondato a poche settimane da quando la aveva lanciata come risposta al “contiamo” con cui si era accasato alla Farnesina.

L’esito elettorale, come è noto, è stato disastroso e Di Maio ha fatto quello che tutti i leader di Partito fanno quando le buscano: ha portato la croce della sconfitta, paro paro come ha (annunciato) fatto Enrico Letta. Tutto giusto dunque?

No, per nulla. Perché dove Letta ha sentito il ‘doveroso dovere‘ di render conto ad un apparato complesso nato nel 2007 su ceneri secolari, Di Maio ha solo mollato una creatura di cui lui solo era stato l’alchimista.

Una chimera a trazione tattica che non ha avuto tanto la pecca di non avere riscontri elettorali, quanto quella di essere nata solo per quelli, senza basi, senza un presente, senza futuro e da qualche ora anche senza leader.

Luigi Di Maio si è dimesso da segretario nazionale di Impegno Civico, ha già comunicato la sua decisione al Direttivo del Partito ed ha fatto come i bambini che non vogliono più il giocattolo per cui avevano ridotto in pappa le orecchie dei genitori. E i genitori sono quei pochi elettori che all’Impegno di Di Maio avevano creduto.

Pochi, ma ci credevano.