Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 3 agosto 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 3 agosto 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 3 agosto 2022.

TOP

ENRICO LETTA

Enrico Letta Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica

Si è presentato da Parigi all’uscio del Partito Democratico con un una cassetta degli attrezzi ed un’anima politica. Erano i giorni dell’addio pronunciato in modo disgustato dal Segretario Nicola Zingaretti ed Enrico Letta era la soluzione di compromesso per non terremotare il Pd.

Con quella cassetta degli attrezzi il Segretario sta ‘aggiustando’ il Pd, dandogli un’anima che può piacere o no ma è certamente diversa da quella che aveva stomacato il suo predecessore. E con lo stesso set sta montando un’alleanza da schierare alle elezioni. Oggi ha siglato l’accordo con Azione, nei giorni scorsi aveva stretto la mano a Demos ed Articolo1.

Non una coalizione elettorale. Concepita per vincere e poi in qualche modo si tira a governare. No: una coalizione vera, che sta in piedi sulla base di un progetto, strutturata su idee ed ideali condivisi. Un’alleanza con un’anima dentro.

È questa l’enorme differenza con il passato. Qui sta l’abilità politica del Segretario. Quali risultati porterà quando ci si conterà alle urne è poi altra questione. Perché perdente, vincente o pareggiante, quella coalizione avrà un’anima. E sarà la sua vera forza. Al Governo o all’opposizione.

Il potere del cacciavite.

FABIO RAMPELLI

Fabio Rampelli (Foto: Imagoeconomica / Benvegnu’ Guaitoli)

Simpatico non lo è. Ma dopotutto nemmeno lo pagano per esserlo. Da destra è uno dei pochi con idee originali: fino a che punto siano condivisibili è altra faccenda, legata al fronte per il quale si fa il tifo. Ma al vice presidente della Camera Fabio Rampelli non si puà negare di riconoscergli il vizio della coerenza.

Qursta sera, intervenendo a Zona Bianca su Rete 4, ha detto che «La regola del limite del secondo mandato è una scelta del M5S e in quanto tale va rispettata. Per fare una battuta  sembra non vogliano rinunciare al nomignolo impietoso che gli hanno affibbiato gli italiani, quello di ‘scappati di casa’. Perché non è comprensibile che proprio quando s’inizia a capire il difficile mestiere dell’amministratore pubblico, il funzionamento delle istituzioni, i rapporti con il governo, con i Comuni, le Regioni e l’Ue, non sei più ricandidabile e subentra un altro senza esperienza, uno  ‘scappato di casa’ appunto. La perpetuazione di una condizione. Scelte loro…».

Ineccepibile. Meno originale è quando rincara la dose. E per calare l’asso se lo fa passare dall’antica Roma, dove esisteva il concetto del cursus honorum: per fare carriera non esistevano scappatoie, dovevi percorrere con i tuoi piedi tutti i gradini. Per portarla ai tempi nostri: se volevi fare il deputato dovevi essere stato Consigliere regionale almeno un mandato; ma per essere eletto e candidato in Regione dovevi prima essere stato in Provincia come Consigliere. E per arrivare lì dovevi essere stato almeno 5 anni Consigliere nel tuo Comune.

Oggi Rampelli riscopre la Roma antica e dice «Selezionerei persone professionalmente competenti ma imponendo la regola di un mandato sul territorio nei Municipi, nei Comuni o nelle Regioni.  Non credo sia compatibile con il nostro ordinamento, ma non vorrei essere rappresentato da chi non ha mai avuto a che fare con i cittadini. Se vuoi diventare parlamentare, ministro o capo del governo devi aver fatto prima il consigliere di quartiere». 

Ovvio, certo. Ma oggi nemmeno l’ovvio e più normale. Meglio ricordarlo.

Semplice ma non banale.

FLOP

CARLO CALENDA

L’accordo lo hanno siglato nel pomeriggio. Azione e Partito Democratico andranno insieme alle Elezioni Politiche 2022. C’è anche Più Europa: il Partito della Bonino, d’altronde, è federato con Azione a livello nazionale. Domani, inoltre, si terrà l’incontro del Pd di Letta con la Sinistra Italiana di Fratoianni per «verificare se ci sono ancora le condizioni per un’alleanza». Italia Viva di Renzi? Si tira fuori: «Vogliono perdere». Il Movimento 5 Stelle di Conte? Niente da fare: «In bocca al lupo alla nuova ammucchiata». Forza Italia di Tajani? Lasciamo stare: «Azione getta la maschera, è quinta colonna del Pd». 

Azione, alla fine, ha deciso di stare con il Pd: da cui è uscito tre anni fa in dissenso con l’accordo che aveva portato i Dem a formare un governo con il M5S. Carlo Calenda senza i Cinque Stelle e i No Draghi, ci sta. Per lui l’avversario sono i grillini e la «destra becera e populista». Cioè Fratelli d’Italia e Lega.

L’accordo raggiunto oggi pone un problema di coerenza. Proprio a Carlo Calenda e la sua formazione politica.  Perché a Frosinone ormai da venti giorni una dirigente provinciale di Azione è diventata assessora nella nuova Giunta di centrodestra: quella guidata dal sindaco civico Riccardo Mastrangeli, già deputato di Forza Italia. Nell’esecutivo con «la destra becera e populista» c’è Alessandra Sardellitti, responsabile della comunicazione nella segreteria provinciale del Partito di Calenda.

Le va dato atto di avere proposto la propria autosospensione. Che è stata congelata dal segretario Antonello Antonellis. Il problema non è l’avvocato Sardellitti. Ma a questo punto è Carlo Calenda. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 15 luglio 2022).

Se si pretende coerenza dal Pd per accettare un’alleanza, altrettanto quella coerenza deve essere fornita. Ed è un’evidenza che Azione a Frosinone stia governando nella stessa giunta con Fratelli d’Italia e Lega. Altrettanto è un’evidenza che Azione e la sua dirigente provinciale stiano percorrendo direzioni politiche opposte. Mentre Calenda si riavvicina al Pd, l’avvocato Sardellitti non è mai stata così lontana dal suo ex Partito. Lei è andata a Destra.     

Due piedi in una scarpa. E pure col tacco   

MAURIZIO LANDINI

Maurizio Landini

I numeri dell’Istat parlano chiaro: in Italia c’è stato un boom dell’occupazione che non vedevamo dagli anni Settanta. Per essere precisi, a giugno 2022 il numero degli occupati è tornato sopra i 23 milioni: circa 400 mila in più rispetto a giugno 2021.

Merito anche di una sintonia tra l’esecutivo di Mario Draghi ed i sindacati. Che dopo il summit con il Governo in carica (ancora per poco) avevano limato con Mario Draghi ed i ministri Franco, Giorgetti, Patuanelli, Orlando e Brunetta più il sottosegretario Garofoli gli step cruciali del Dl Aiuti riveduto a corretto. Per capirci, è quello che tra le altre cose trasforma il Bonus 200 in una misura di “decontribuzioneper mettere più ciccia netta nelle buste paga dei lavoratori.

L’impressione generale, confermata perfino da uno storicamente pignolo Maurizio Landini che si era complimentato con l’esecutivo per l’inserimento di nuove categorie di aventi diritto al bonus era stata quella di un risultato soddisfacente o quanto meno “neutro”. Roba più da ringhi di prammatica che da coltelli sfoderati. Il dato è comunque un altro, anche a fare tara e lima a questioni su cui esecutivo ed organizzazioni sindacali non troveranno mai la quadra perfetta.

Maurizio Landini (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Il dato è, come spiega una nota di Cgil, Cisl e Uil ripresa in Ansa, che i sindacati hanno proclamato lo sciopero generale per l’8 il 9 ottobre. Ci ha pensato Landini a spiegarla mentre l’altro giorno andava alla presentazione del libro di Gianni Cuperlo sul Rinascimento europeo: “Dichiariamo adesso che qualsiasi governo ci sarà, noi l’8 e il 9 ottobre saremo in piazza a sostenere le nostre proposte, in modo che non ci siano elementi di ambiguità, con qualsiasi governo abbiamo intenzione di portare avanti le nostre proposte“.

E come mai il 9 ottobre? La data è mistica: il 9 ottobre è l’anniversario dell’assalto della sede della Cgil a Roma. “Non fu l’attacco alla Camera del Lavoro, ma è un disegno più in generale di mettere in discussione soggetti attori della democrazia”. Tutto bello e di afflato emotivo grosso, ma con un “però” grosso come una casa.

Che senso ha proclamare uno sciopero “preventivo”, cioè un’azione sindacale che per definizione è tarata su azioni o omissioni di uno specifico esecutivo, se i prossimi 8 e 9 ottobre nessuno sa che tipo di esecutivo ci sarà visto che si voterà il 25 settembre? L’interlocutore attuale di Palazzo Chigi non ci sarà più, questo è fatto certo, e settare iniziative sui deliberato dei “defunti” pare roba un po’ alla Tafazzi.

E come si fa a “bloccare” un Paese non per sacrosanta vis polemica contro le sue deteriori legiferazioni o mancanze se manca ancora il soggetto istituzionale che quelle leggi o quelle mancanze le partorisce per mission e mancherebbe il tempo per farle, a contare che l’otto ottobre non saranno passate neanche due settimane dalla prima scheda calata nell’urna?

L’impressione è quella di una manifestazione “di forza” non richiesta dalla storia del momento, nel solito mood ormai canonico da “autunno caldo”. Attenzione però: quando le manifestazioni sono “a prescindere” non sono mai produttive sugli intenti, ma celebrative sull’ego dei soggetti che le promuovono. E bene bene proprio non va, a contare i guai che l’Italia si appresta a passare e che probabilmente l’autunno sarà “freddo” per la crisi energetica.

Prima ti meno, poi ti spiego.