Top e Flop, i protagonisti del giorno: sabato 3 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di sabato 3 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di sabato 3 dicembre 2022.

TOP

SERGIO MATTARELLA

Sergio Mattarella

Ce lo faccia un favore, Signor Presidente, la dica una cosa fuori squadra così almeno per una volta potremo democraticamente metterla in altro blocco di questa rubrica e sconfesseremmo il sospetto di piaggeria. Ma lui no, il Capo dello Stato le dice giuste, le dice bene e ormai sembra dirle non solo perché è il Presidente della Repubblica, ma perché dietro questo Presidente della Repubblica c’è un uomo che conosce la misura.

Mattarella ha inaugurato ieri i “Dialoghi mediterranei”, organizzati anche per oggi a Roma dall’Istituto per gli studi di politica internazionale. Ora, proviamo ad accostare il Mediterraneo al capo di uno Stato che in quel mare ci vede la gente morire o che da quel mare la vede sbarcare e dividere il Paese. Ed avremo la cifra del leit motiv della faccenda.

Mattarella ha detto che “la gestione dei flussi migratori è questione decisiva e globale che richiede un impegno comune“. Si, ma di chi? “Dei Paesi dell’Unione europea” che però devono confrontarsi con quelli africani, a cominciare dalla Libia. “La crescita dei Paesi posti sulle rive del Mediterraneo passa anche per una comune e lungimirante gestione dei flussi migratori che impoveriscono i Paesi di origine di energie utili allo sviluppo delle loro comunità”.

Ed è una questione che “appare vano pensare possa eclissarsi e che dobbiamo, invece, in una logica di comune interesse, impegnarci a gestire“. Insomma, è inutile mettere argini se continuiamo ad ignorare che l’Africa è lì e che non ci si muove più a dorso d’asino su pochi chilometri o su natanti a vela in timida navigazione costiera.

La gente si muove da dove si sta male a dove si potrebbe star meglio da quando la gente esiste. O da quando la gente che sta bene non getta più sguardo ed intenti dove altra gente di altra bandiera bene non sta.

Cazziatone al colonialismo.

GIUSEPPE SACCO

Giuseppe Sacco

Le campagne che idealmente porta appuntate sul petto della giacca gli consentirebbero di usare toni da pasdaran. Di attestarsi su posizioni integraliste dalle quali nessuno avrebbe né la forza né il diritto di smuoverlo. Perché Giuseppe Sacco è il sindaco di Roccasecca che ha combattuto gli ampliamenti della discarica provinciale sul suo territorio già dal primo secondo in cui ha indossato la fascia, ha vinto in tutte o quasi le sedi giudiziarie, costretto Palazzo Chigi a riunirsi per disporre un’eccezione a quelle leggi sulle quali Sacco aveva fatto leva. Ora quella discarica è chiusa. Lui ha vinto la sua battaglia. Per ora.

Dall’alto di questo risultato potrebbe tuonare in ogni declinazione ed a pieno diritto il Non in my back yard: basta rifiuti sul mio territorio che li ha accolti per oltre vent’anni, basta con l’utilizzo dell’ambiente al sud della Provincia. Invece no. Giuseppe Sacco ha compiuto l’intervento con il più alto tasso di ragionevolezza ambientale che si sia sentito negli ultimi anni da un uomo con la fascia.

Dobbiamo individuare una linea di azione fondata sulla qualità del servizio e sul rispetto della salute delle persone. Soprattutto nei riguardi del sud della provincia. Da queste parti quando si parla di gestione dei rifiuti subito si accende la spia rossa. Siamo i comuni dove hanno sede gli impianti e più di tutti abbiamo il dovere di attivarci e comunque il diritto di far parte di ogni organismo che si occupa di questa materia”. Lo ha detto in occasione dell’attivazione dei nuovi Egato (Leggi qui: Rifiuti, Regione al bivio tra riforma e fallimento).

Sacco ha parlato di ‘qualità del servizio‘, evitando ogni chiusura ideologica ed alzando uno steccato scientificamente ragionato. Perché è il primo a sapere che oggi la gestione dei rifiuti non si fa più scavando una fossa e buttandoceli dentro. Ma si fa con il recupero totale delle materie prime, senza crocefiggere i cittadini con i chiodi degli odori e dell’inquinamento.

Ha ricordato che quella spia rossa si accende perché negli anni il sud della Provincia di Frosinone ha rischiato di diventare una specie di Terra dei Fuochi.

Poteva attestarsi su questa collina, sventolare la bandiera dei risultati ottenuti: ha aperto al dialogo. È la sfida peggiore per i suoi avversari: perché dovranno portare argomentazioni.

L’intransigenza della ragionevolezza.

FLOP

ANTONELLO ANTONELLIS

Sardellitti e Antonellis

A dettare la linea politica di un Partito è il suo Segretario, a prescindere dal nome con cui si voglia declinare quel ruolo. A tracciare quella linea dovrebbe essere una Direzione o al più un’Assemblea, un Congresso nei casi più radicali. Ma se questo non avviene ed un assessore sente il dovere di intervenire per ribadire la linea politica del suo Partito, appare chiaro che qualcosa non sta funzionando per il verso giusto nella stanza dei bottoni.

A Frosinone l’avvocato Alessandra Sardellitti è assessore nella giunta del sindaco Riccardo Mastrangeli. Si era sospesa dal Partito che l’ha eletta, Azione: proprio per la decisione di sostenere un’amministrazione di centrodestra mentre, in quella fase, la formazione di Carlo Calenda sembrava il naturale interlocutore al Centro del Pd. Il tempo ed i fatti hanno detto che aveva ragione lei.

Lo ha ribadito in queste ore, senza ambiguità. Respingendo la narrazione secondo la quale Azione sia schierata alle prossime Provinciali a sostegno del candidato presidente della Provincia Luca Di Stefano. Alessandra Sardellitti ha messo invece in chiaro alcune cose. La prima è che il Partito non si è riunito per indicare una linea sulle prossime Provinciali. La seconda è che a Frosinone Azione sosterrà il sindaco Riccardo Mastrangeli.

Ce n’è una terza, di respiro politico più ampio. «Mi sembra che in Ciociaria qualcuno dia per scontato che Azione debba stare nel centrosinistra. Ma è evidente che il Partito si sia caratterizzato per una sua totale autonomia». Basti vedere la linea di dialogo con Giorgia Meloni, la posizione assunta nel Lazio sulle prossime Regionali e quella in Lombardia. Posizioni che cambiano a seconda dello scenario.

Ineccepibile. Netta. Impossibile fraintenderla. Ma se a declinarlo è un autorevole assessore e non il Segretario politico, un tema si pone. Soprattutto se la premessa è che su un tema centrale come le Provinciali «Non c’è stata alcuna riunione del Partito».

Cercasi Segretario disperatamente.

MATTEO LEPORE

Matteo Lepore

Se c’è una cosa che al Partito Democratico ha sempre fatto male come la scabbia questa è stata la sua verve “battesimale”. È quella mania un po’ da apparato ed un po’ da monopolio di lessico che ha da sempre portato i Dem a chiamare ogni cosa con un nome figo sperando che quella figaggine tracimasse per magia nei fatti che il verbo enunciava.

E cosa c’è di più totemico per un ex Partito dei lavoratori che rimettere al centro la parola lavoro? Cosa c’è di più prog e moderno che farlo lanciando un ponte ideale con i laburisti europei e britannici che a differenza del Pd italiano non affondano e “tengono botta”? Di male non vi è nulla, però la sensazione del gattopardismo lessicale un tanto la chilo che poi alla fine non rivoluziona nulla è dubbio legittimo. Un dubbio che in tipo intelligente come il sindaco di Bologna Matteo Lepore deve essersi fatto venire, ma che ha voluto superare.

Lo ha fatto per genuina percezione di cambiamento o per lanciare un verme grasso all’ala sinistra dello schieramento che con queste cose ci va in sollucchero? Non è dato saperlo, però i toni solenni di Lepore depongono per la seconda ipotesi, che è quella che disegna un Partito ancora fratto e forse fratto per sempre, per sua insita natura.

Ha detto Lepore: “Chiamiamolo ‘Partito Democratico e del Lavoro, avanzo questa idea come contributo alla discussione costituente e congressuale, augurandomi possa essere colta trasversalmente dai candidati e dalle candidate, dalla platea che sarà chiamata a discutere la nuova carta dei valori e lo statuto“. Quella parola magica, quel “bibidibobidibu” proletario dovrebbe rimettere l’amo in bocca ai lavoratori, perché lavoratori e lavoro sono parte di uno stesso concetto.

Adesso non resta che spiegarlo, oltre che ai delegati della sinistra Pd, ai lavoratori, che i miracoli vengono dal vocabolario e non dai cambiamenti.

Salacabula.

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