Top e Flop, i protagonisti di giovedì 16 febbraio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 16 febbraio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 16 febbraio 2023

TOP

GIORGIA

Giorgia

Tante, troppe volte abbiamo declinato il concetto di classe in maniera imprecisa, imperfetta e raffazzonata. E dato che parliamo della classe come suprema qualità in un dato campo e non come categoria sociale la cosa va spiegata bene.

In termini di classe Giorgia per l’Italia canora probabilmente rappresenta il top di gamma. Anche se all’ultimo Sanremo quell’apice si è visto meno: meno pathos, meno tempi e si, horrible dictu, perfino meno note giuste.

Appurato che un periodo no tocca a tutti e che Giorgia ha le attenuanti della senatrice di pentagramma resta la grandezza assoluta di un’artista che ha saputo rispondere in maniera magistrale alla più insidiosa delle domande nei giorni del dopo festival.

Perché fra i primi cinque premiati non ci sono donne? È roba che in Italia ci mette un nonnulla a passare da castagnola a mina anticarro. Ma Giorgia non solo è artificiera, è anche sincera. E la sua classe è volata alta come il più inarrivabile degli acuti soul.

Su La Stampa lei ha preso spunto dall’endorsement del vincitore Marco Mengoni, che ha voluto dedicare alle donne la sua vittoria. “Le dediche fanno sempre piacere. Sulla mancanza di donne mi sento di dire però che si tratta di cicli storici. Ci sono meno donne in classifica e allora significa che se non siamo arrivate nella cinquina il problema riguarda le canzoni e non il genere. O almeno io credo sia così”.

E alla domanda infida su un eventuale problema di genere ha risposto: “La forza deve stare nelle canzoni alle quali toccherà di vivere la loro vita e staremo a sentire come andrà già nei prossimi giorni‘.

Con questo straordinario acuto si è congedata, con la classe cioè di chi sa cosa la classe sia perché ne è icona a prescindere dalle piccole zoppie temporali. E probabilmente la vera classe è proprio questa.

Do di petto.

LUCA DI STEFANO

Luca Di Stefano e Nazario Pagano

Fa sul serio. Si vede poco ma è una scelta. Preferisce i selfie sulle strade di Sora dove è il sindaco e lasciare visibilità a tutti nell’amministrazione della Provincia. Ma il presidente Luca Di Stefano fa dannatamente sul serio anche in piazza Gramsci. Come dimostra la visita compiuta in queste ore a Montecitorio: al presidente della Commissione Affari Costituzionali Nazario Pagano.

Si sono visti per una buona mezzora alla Camera dei Deputati. Per parlare di Province e del loro futuro assetto. Luca Di Stefano ha voluto riprendere i fili lasciati in sospeso dal suo predecessore Antonio Pompeo: che insieme all’Unione delle Province Italiane aveva avviato un discorso su una riforma delle Province con cui superare gli evidenti limiti della Delrio.

Durante il suo discorso di insediamento in Provincia, Luca Di Stefano aveva puntato il dito su quei limiti, vissuti fino a quel momento sulla sua pelle di sindaco. E condivisi con gli altri sindaci in maniera trasversale, sia di centrodestra che di centrosinistra. Assolutamente non si trattava di limiti organizzativi della Provincia di Frosinone bensì di limiti strutturali dovuti ad una riforma come la Delrio che doveva essere solo il primo passo per la cancellazione delle Province.

Il ministro Delrio e più di lui l’allora premier Matteo Renzi, hanno scoperto a loro spese che gli italiani sono i primi a scendere in piazza per partecipare alla caccia alle streghe. Ma con altrettanta rapidità passano a difenderle una volta che il boia le ha messe sul rogo e sta per accendere la pira. In pratica: le Province non sono state più cancellate ed anzi si scopre che alla gente piacevano. E che toglierle faceva risparmiare un bel niente.

Luca Di Stefano è andato a capire quali siano le intenzioni del Governo Meloni. E non per curiosità. Ma per cominciare a tarare la macchina che tra poco dovrà mettere in campo anche a Frosinone. Perché anche lì ha intenzione di fare sul serio.

Direttamente alla fonte.

FLOP

GUIDO CROSETTO

Guido Crosetto (Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

Essere mastice di un organismo compatto è facile, esserlo di un sistema centripeto lo è molto meno, anzi, a volte è impossibile.

Dovrebbe averlo capito Guido Crossetto, encomiabile ministro della Difesa e vavassore d’oro zecchino di Giorgia Meloni. E per dirla tutta lo ha capito benissimo, solo che invece di un cauto silenzio ha preferito l’enunciazione di un teorema valido e farlocco al tempo stesso.

La X dell’equazione è come sempre il Cav che in esecutivo ci sta “a statuto speciale” e il filoputinismo con cui Silvio Berlusconi maschera la sua reale insofferenza, che è quella del sessista canto e cumenda verso una “capa-femmina”.

Il problema, come sempre accade in politica, non è di torti o ragioni che sul tema sono obiettivamente mixabili, ma di opportunità.

Le parole del leader di Forza Italia sono ancora in scia di eco: “Da premier non avrei mai parlato con Zelensky“. E Crossetto si gioca la carta Super Attak e spiega: “I governi parlano con gli atti. Gli atti di questo governo, approvati dal Parlamento da tutte le forze politiche, pare siano abbastanza chiari“. E ancora: “La posizione dell’Italia non può essere messa in discussione e non è messa in discussione dalla maggioranza né da gran parte dell’opposizione“.

Insomma tutto bene perché Berlusconi rivendica il diritto ad avere un’opinione senza invocare quella allo strappo qualora la sua divergesse da quella dettata dalla premier. Ma non è così, non lo era a pochi giorni dal voto del 25 settembre e non lo è mai stato ogni volta che il Cav ha messo apertamente in discussione la linea di un governo in cui è sparring e non conducator.

Tutto questo Crossetto lo sa benissimo ed avrebbe fatto bene a lasciare che sedimentasse invece di farlo diventare occasione di toppa.

Toppa peggio del buco.

RENATO DE SANCTIS

Renato De Sanctis

Doveva essere un progetto politico. Una ribellione sociale che partiva dal basso. E le condizioni c’erano tutte: il tema (le bollette Acea), il sentimento (nel Cassinate finora le tariffe dell’acqua erano state simboliche), la condizione (il populismo fa presa con facilità). Ma i numeri dicono che il fuoco di quella rivoluzione si è spento, nonostante l’impegno messo dal consigliere comunale Renato De Sanctis nel soffiare sulle fiamme.

L’esponente della lista civica ‘No Acea’ quattro anni fa aveva ottenuto un ragguardevole 9,8% alle elezioni comunali di Cassino. Ben 2.097 voti che gli avevano spianato la strada dell’elezione diretta in Consiglio Comunale. Ora ha compiuto il test delle Regionali per verificare se quella ribellione avesse le caratteristiche per un’esportazione su base più ampia. Ma è stato un fallimento.

Schierato nella lista Polo Progressista di Sinistra & Ecologista alleata del M5S ha ottenuto in tutta la provincia di Frosinone 597 voti, buona parte dei quali nella sua città dove le preferenze sono state 419. È un dato che osserva con il binocolo le 2.097 preferenze ottenute in occasione delle Comunali.

Segno che la spinta si è esaurita. Che alla battaglia per eliminare AceaAto5 o qualunque altro gestore privato al suo posto, viene ormai ritenuta solo una velleità. E questo a prescindere dall’innegabile impegno di De Sanctis in Aula.

Ma tutto ha una fine.

In Italia le rivoluzioni durano dal lunedì al venerdì.