Top e Flop, i protagonisti di giovedì 7 dicembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 7 dicembre 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 7 dicembre 2023.

TOP

ROBERTO VANNACCI

Roberto Vannacci

Non è uno sprovveduto, non è un approssimato. Quella greca con due stelle sulle spalline non l’ha presa al supermercato: il generale Roberto Vannacci, piacciano o no le sue idee, è quanto di più distante dal concetto di ingenuità. Nulla a che vedere con l’immagine del pupazzo mediatico costruito in laboratorio dalla destra. La sua presenza nelle ore scorse ad Anagni per ritirare il premio Bonifacio assegnatogli dall’Accademia Bonifaciana dice semmai il contrario: non è uno strumento della politica, semmai sarà il generale a servirsene. (Leggi qui: Lo show di Vannacci: chi non è con lui è al contrario).

Lucido e consapevole. Del tutto padrone del fenomeno mediatico che ha innescato intorno a se stesso. L’impressione è che dica la verità quando afferma che non ha intenzione di fare politica. Ma che abbia intenzione di sfruttarla per raggiungere legittimamente i propri obiettivi: l’idea è che al momento stia semplicemente aspettando l’offerta adatta per poter togliere la divisa da militare e indossare un abito più consono al suo futuro politico.

La visione del generale è molto di destra. Cosa che nel Dna degli italiani provoca fascino e naturale attrazione; ma al tempo stesso paura: dopotutto un ventennio di destra destra ce lo siamo già fatti e le conseguenze le stiamo pagando ancora oggi.

Quello che qui conta non è la discutibilità o meno delle sue idee. O la convinzione che tutte le Marce su Roma finiscano poi in una Piazzale Loreto. Nè l’assoluta vuotezza di proposta politica che accompagna le considerazioni del Vannacci (modesto) scrittore. La sua è una prestazione da Top per il modo in cui la sta portando avanti: Roberto Vannacci non sta cavalcando l’onda su una tavola da surf. La sta creando, l’onda e poco alla volta anche la mareggiata intorno. E forse è proprio questo il suo vero bersaglio.

La strategia del generale.

ANGELO RETROSI

Angelo Retrosi

Un calcio negli stinchi della (autorevolissima) classifica stilata dal Sole 24 Ore sulla qualità della vita. Il Comune di Frosinone lo assesta senza parlare, semplicemente mettendo in fila due considerazioni: dieci anni fa il capoluogo della provincia non aveva teatri mentre adesso si prepara ad averne due. Moderni, restaurati, funzionali, adatti a due tipologie differenti di spettacoli. Il restauro in via di completamento del Vittoria ed in fase di avvio per il Nestor portano la firma dell’assessore ai lavori Pubblici Angelo Retrosi. (Leggi qui: Se il Vittoria è una vittoria).

Il che si aggiunge ad un altra evidenza. Annunciata con discrezione nelle ore scorse: è stato approvato dalla Giunta Mastrangeli l’aggiornamento del progetto di fattibilità del restauro di Fontana Bussi. Un progetto messo a punto direttamente dall’assessorato ai Lavori Pubblici. Ha incassato l’approvazione della delibera ed ora si passa alla fase operativa.

Il che mette di fronte ad un’evidenza. L’amministrazione Mastrangeli ha al suo interno un assessore che di mestiere fa l’avvocato ma sotto la toga porta i panni del capocantiere: tutti i giorni passa a verificare lo stato di avanzamento dei lavori su tutte le opere avviate dal Comune. Ha competenza (lo dicono i cantieri aperti dopo decenni nei quali si appendevano solo i cartelli ed al massimo si aggiungeva qualche transenna). Ha efficacia (lo dicono i cantieri chiusi dopo avere completato scuole, parcheggi, musei in un capoluogo che non vedeva un’opera finita dai tempi del boom economico). Soprattutto ha la dote del silenzio (Non parla, non rilascia dichiarazioni, per evitare le interviste rifila i pretesti più barbini. In questo modo lascia tutta la visibilità e buona parte del merito al sindaco, stando bene attento a non fargli ombra).

I riflettori non lo appassionano, meno ancora i selfie: per lui ci sono solo i cantieri, al loro interno è come i bambini con la scatola delle costruzioni sul tappeto. Prima o poi, se non stanno attenti, se lo ritroveranno su una ruspa. Intanto l’elenco delle opere prosegue. E Riccardo Mastrangeli non può che ringraziare. Perché è grazie a mattoni e cemento di Retrosi che nessuno può rimproverare all’amministrazione i continui dolori di pancia che dalla sua nascita l’attraversano.

Un Angelo al posto dell’Alginor.

FLOP

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini

Con una nota ufficiale diffusa senza rulli di tamburi né squilli di tromba, l’Italia ha compiuto un passo significativo verso il recupero della sua credibilità internazionale. Con la massima discrezione (dovuta all’imbarazzo per l’ennesimo voltafaccia tricolore sullo scenario internazionale ed alla necessità di non urtare oltremodo gli ex partner) abbiamo annunciato l’annullamento del Memorandum d’intesa del 2019 con la Cina. Traduzione: abbiamo stracciato l’accordo per la Via della Seta.

Sottoscritto da un improbabile Governo gialloverde, doveva renderci partner privilegiati del dragone cinese. Invece si è rivelato quello che era: fuffa. Scritta da dilettanti che hanno lanciato il Paese allo sbaraglio. Quel Memorandum è stato un fallimento sotto molti aspetti: dal punto di vista economico non ha prodotto i risultati sperati ed a 3 anni dalla firma l’export italiano verso la Cina è rimasto su un modesto totale di 16,4 miliardi, mentre il disavanzo commerciale ha raggiunto la preoccupante cifra di 41 miliardi. Come al solito la Francia e la Germania hanno invece portato a casa benefici tangibili.

Con la cancellazione del Memorandum il governo di Giorgia Meloni cercando di dire al mondo che l’esperienza gialloverde è un capitolo chiuso. E con lei sono chiuse le linee guida che in quella stagione politica ci hanno resi filocinesi, meno atlantisti, anti-europeisti, estremamente instabili ed inaffidabili sui mercati.

Ma se la decisione di annullare il Memorandum pone il sigillo di Giorgia Meloni sotto ad un profilo di coerenza internazionale altrettanto pone sotto gli occhi di tutti una situazione imbarazzante. E cioè la circostanza che il vice premier del Governo che sottoscrisse quei patti è il vicepremier del Governo di oggi che li disdetta. E si chiama Matteo Salvini. Che non ha battuto ciglio né pronunciato verbo.

Il silenzio dei colpevoli.

SANTE DE ANGELIS

Sante De Angelis, Roberto Vannacci e Carlo Marino

Nel giorno di uno dei suoi tanti successi, il rettore dell’Accademia Bonifaciana Sante De Angelis si gode i riflettori accesi sul personaggio del momento portato sotto le sue insegne nella Sala della Ragione. Il generale Roberto Vannacci è controverso, discusso. E la sua sola presenza porta ulteriore autorevolezza ad un’istituzione che negli anni ha saputo spesso individuare i nomi ai quali abbinare il proprio.

Non hanno bisogno di difese d’ufficio né il generale né l’accademia. Dopotutto chi è d’accordo applaude, chi non è d’accordo espone civilmente cartelli per manifestare il dissenso. Si chiama democrazia. Quella che a lui ha consentito di dare voce ed evidenza ad un generale che nel proprio tempo libero critica il Paese che gli ha dato greca e stellette. Ed a chi non si riconosce in quei messaggi, di dissentire.

Per questo ha il tono dello scivolone sulla cera appena passata la frase detta dal rettore De Angelis quando nel suo intervento ha aspramente rampognato i media, soprattutto locali, che hanno criticato l’arrivo generale, parlando di “invidia e ignoranza. (Leggi qui: Lo show di Vannacci: chi non è con lui è al contrario).

Nessuna invidia, nessuna ignoranza: chi invidia il generale lo stava applaudendo, chi ignora non critica ma accetta supinamente e, talvolta, applaude pure affascinato dalla luce. Semmai è disistima frutto di intelligenza orientata in maniera diversa. Che è tutt’altra cosa.

Svarioni inutili.