Top e Flop, i protagonisti di venerdì 21 luglio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 21 luglio 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 21 luglio 2023.

TOP

PAOLO PETRECCA

Paolo Petrecca (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Gli è toccata la patata bollente di dover gestire uno dei cento codazzi media del cosiddetto “caso-Facci”. Si tratta a ben vedere di una cosa non proprio gloriosa, ricca di fastidio e piena di mezze insidie. Un po’ come tutte quelle cose italiane in cui si spara ad un tordo con la convinzione di aver messo in tacca di mira un’aquila. Invece quel caso poi cade in una nuvola di piume e si rivela per quello che era ed è sempre stato: un gallinaccio smorto totem al più di pessimo gusto.

Sta di fatto che il direttore di Rai News, Paolo Petrecca, ha dovuto silenziare le polemiche scaturite… dal silenziatore che per alcuni avrebbe messo alla vicenda. Spieghiamola con le parole dello stesso Petrecca, andrà meglio, come con l’esistenzialismo francese senza fronzoli. Polemiche strumentali riportate da qualche giornale, lasciatemelo dire, che è spesso composto più da pennivendoli dell’informazione che da seri cronisti”.

Quelle parole erano state pronunciate in primis nel corso dell’audizione davanti alla Commissione di Vigilanza. Si, ma il tema? Le accuse “per la gestione di un servizio relativo al caso che coinvolge uno dei figli del presidente del Senato, Ignazio La Russa”. Lo spiega AdnKronos. Leonardo La Russa è chiamato in causa da una denuncia presentata da una ragazza per violenza sessuale e il Movimento Cinquestelle aveva messo Petrecca nel mirino.

Ecco come: ”Ci giunge voce… ”. L’esordio non è incoraggiante, proseguiamo comunque: “Ci giunge voce che un pezzo di RaiNews sul caso del figlio di Ignazio La Russa sarebbe stato tagliato nella parte in cui riportava le annesse polemiche legate ai commenti di Filippo Facci. Caso su cui abbiamo depositato una interrogazione in commissione di vigilanza”.

E l’accusa specifica? “La giornalista che aveva realizzato il pezzo avrebbe tolto la sua firma sul servizio. È vero? E se sì quale sarebbe la motivazione?”. Petrecca ha risposto ed ha attaccato non chi lo attaccava, ma chi avrebbe “sparso la voce”.

Ed ha fatto bene, perché alla fine su Facci la Rai ha deciso. E perché i giornalisti solo con le “voci” non vanno da nessuna parte.

Ma mi Facci il piacere.

CARLO MARIA D’ALESSANDRO

Carlo Maria D’Alessandro

È la fine del tunnel. Quello che il sindaco Carlo Maria D’Alessandro volle imboccare con assoluta convinzione, incurante di chi tentava in ogni modo di frenarlo a causa della sciocca paura del buio. Invece aveva ragione lui. Tra cinque mesi scadono i cinque anni di ‘dissesto finanziario‘ del Comune di Cassino, cioè il periodo nel quale i conti sono vincolati a rigidissimi parametri indicati da Ministero e Corte dei Conti, togliendo al Comune molti margini di scelta. Per prima cosa si pagano i debiti e si risana, poi si pianifica.

A cinque mesi da quella scadenza ora la Commissione dei liquidatori ministeriali ha depositato la delibera in cui si attesta che i debiti sono stati messi sotto controllo ed è stato quasi concluso il loro iter per il pagamento. Non solo: il Comune si ritroverebbe nei cassetti 6,5 milioni da poter impiegare. Infatti a reclamare i soldi sono stati 1.172 creditori che hanno chiesto il pagamento di 1.610 tra fatture e conti vari.

Al di là dei numeri è importante leggere la parte in cui si dice chi ha fatto i debiti e perchè. «Dall’esercizio finanziario 2017 le richieste di accertamento di debito indirizzate ai vari Uffici comunali hanno evidenziato ulteriori debiti fuori bilancio e passività potenziali che non trovavano adeguata copertura». La spiegazione? Fino all’arrivo della riforma Monti sull’armonizzazione dei bilanci, i debiti si inguattavano attraverso voci anche fantasiose: a Cassino come nel resto del Lazio ed in buona parte dell’Italia. E quando nel 2017 il sindaco ha ordinato di aprire gli armadi e tirare fuori gli scheletri s’è scoperto che lì c’era di tutto.

Infatti «I complessivi eventi causali del dissesto, come rilevati dall’analisi della documentazione, non consentono alla scrivente l’individuazione di nette responsabilità personali». Così facevan tutti.

Senza paura del buio.

FLOP

LUCA CIRIANI

Luca Ciriani (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

La parola d’ordine è “garantismo”. Fino a qualche tempo fa era un concetto mediamente intelligente con punte di acuzie dialettica. Oggi è un loop frenetico con rari momenti di intelligenza. Il concetto di garantismo, dialetticamente parlando, era nato come “antidoto lessicale” alla sbornia giustizialista di Tangentopoli. Aberrazione necessaria o lavacro di norma che fosse stata, quella mega inchiesta era stata uno spartiacque della storia italiana.

Oggi ci sono carte mischiate e grande confusione sotto il cielo. Ci sono perché la destra di una volta era garantista nella maniera sfacciata della Forza Italia berlusconiana a cui si contrapponeva la destra-destra sociale che poi tanto garantista non lo era. In mezzo stavano Lega e Pd, che si adeguavano alla bisogna e poi era arrivato il M5s, che del giustizialismo aveva fatto un mezzo totem.

Luca Ciriani è ministro per i Rapporti con il Parlamento del governo Meloni e sul tema ha idee talmente chiare da aver incrementato la confusione. “Ci preoccupa un po’ il tentativo, da parte di un pezzo della sinistra, di usare le indagini che riguardano Delmastro e Santanchè”.

Per Ciriani lo scopo è evidente, anche se le sue preoccupazioni sono in mood camomilla con quel narcotico “un po’”. Sarebbe “per ottenere una rivincita politica dopo aver perso le elezioni. Questa scorciatoia giudiziaria della sinistra secondo me non fa bene alla politica e neanche alla sinistra”. Per il titolare di una cosa che dovrebbe equalizzare potere esecutivo e potere legislativo questa concezione del potere giudiziario è come una tanica di cherosene su un incendio boschivo.

Per Ciriani si tratta indefettibilmente di “un tentativo di trasformare in rissa politica questioni di carattere giudiziario”. Ma meno male che poi tutto si equalizza, diventa cartesiano e risponta quel concetto che mette tutto d’accordo. La chiosa è sul garantismo. “Come governo non abbiamo nessun interesse e nessuna volontà di creare un muro contro muro con la magistratura. Dopo di che, qualche passaggio un po’ sospetto c’è”.

Ecco, ci pareva… “Siamo garantisti nei confronti di tutti, anche nei confronti dei nostri colleghi, vale per Santanchè e Delmastro come per i cittadini: sono sicuramente innocenti fino a prova contraria. Difendo il loro diritto a difendersi. Come linea di principio va benissimo, come attuazione di quella linea va un po’ meno bene.

Vabbè però, comunque se. E pure ma.

QUELLI CHE IN CONSIGLIO REGIONALE…

È vero, non è l’abito a fare il monaco. Ma spesso la forma è sostanza. Ed il decoro è anche rispetto verso le persone che si va ad incontrare, i luoghi nei quali si entra. Negli Anni 70 a Montecassino la vigilanza costringeva le signore in minigonna a legare sui fianchi una maglia qualora volessero entrare a visitare il monastero: non per bigottismo né per timore di turbare i monaci, bensì per rispetto del trascendentale è a lui che dovevano essere concentrate tutte le attenzioni.

Sono anni nei quali tutto è stato degradato verso il grigio: non esiste quasi più la sacralità dei luoghi, il rispetto per le istituzioni. Così ci sono persone che pretendono di entrare a Montecitorio o Palazzo Madama senza indossare la cravatta. Figuriamoci in Regione Lazio. In queste ore riferisce il quotidiano Repubblica che i vigilantes sono costretti ogni giorno a vietare l’accesso a persone che pretendono di entrare alla Pisana in bermuda e infradito.

Ormai la sacralità del luogo, della carica, dell’istituzione sono state sacrificate nel tritacarne della delegittimazione con la quale cacciare gli inquilini dei luoghi del potere per poi prenderne il posto. Tattica che va avanti ormai da un trentennio.

Più grave ancora sarebbe se venisse confermato che non sono solo i visitatori a presentarsi in ciabatte e calzoncini, manco se l’assemblea legislativa regionale fosse la spiaggia a Coccia di Morto. Ma a farlo sarebbero stati anche alcuni Consiglieri regionali. Cioè i primi a dover essere testimoni dell’austerità del luogo e della funzione. E se non ne hanno cognizione loro… Perché come insegnava Adalberto di BremaIl buon nome si fonda più sulle apparenze che sui fatti. Perciò se uno non è casto sia almeno cauto”.

Si non caste, tamen caute.