Top e Flop, i protagonisti di venerdì 23 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 23 giugno 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 23 giugno 2023.

TOP

RICCARDO MOLINARI

Riccardo Molinari

C’è protezionismo e protezionismo: esiste quello ideologico e truce che rimarca con ostinazione anti storica obsoleta ed “ottocescanti” concetti di Nazione. E quello che mette il dito nella piaga delle mille contraddizioni di un timone Ue che non sempre punta su rotte di buon senso. Che soprattutto a volte attacca alla giugulare le economie di elezione dei Paesi. Paesi come l’Italia che con un mare intorno e seimila km di coste ha nella pesca una leva di Pil fondamentale.

Da questo punto di vista la battaglia che si è intestata la Lega in commissione Agricoltura della Camera ha il sapore delle cose che andavano fatte o quanto meno provate. Riccardo Molinari (capogruppo alla Camera), il presidente Mirco Carloni, Attilio Pierro (relatore del provvedimento), Davide Bergamini e Francesco Bruzzone assieme a Lorenzo Viviani (responsabile del dipartimento pesca del Carroccio), non l’hanno messa giù tenera.

E dopo aver sollevato le loro obiezioni con Strasburgo hanno fatto sapere che, “grazie alla Lega voto contrario in commissione al Piano Ue che prevede limitazioni per la pesca italiana”. Attenzione, domani c’è una scadenza importante perché verrà messa in atto la protesta delle marinerie italiane. Lo scopo è arrivare al prossimo Agrifish di Lussemburgo ed arrivarci con una netta presa di posizione.

E’ quella che dice no alle restrizioni sulle zone di pesca “già fortemente limitate nel nostro Paese e alle politiche fintamente green che vogliono aumentare la tassazione per i combustibili senza dare alternative valide“. Il dato è che pur essendo paesi di Pesca e pescatori noi abbiamo dovuto piegare la testa all’export.

Ed è evidente che in termini di freschezza del prodotto, ciò che arriva da altri mari non è paragonabile a ciò che viene tirato su dai nostri. In più “nel Mediterraneo è sempre più forte la concorrenza delle flotte extra Ue che non subiscono queste limitazioni. La nostra marineria sta già svolgendo un percorso virtuoso per la salvaguardia dell’ecosistema marino, adeguandosi duramente negli anni a mille balzelli europei. È un’eccellenza del Made in Italy da proteggere”.

E di fronte ad un piatto di gamberoni di Mazara messo a comparazione con un omologo di gamberi tigre indopacifici è difficile dare torto sul tema a Molinari & co.

Autarchia buona.

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli

Il rischio per i suoi avversari è che abbia sette vite, esattamente come i gatti. E se è così, una delle sette l’ha consumata ieri sera nel corso del Consiglio Comunale di Frosinone dal quale il sindaco Riccardo Mastrangeli è uscito vivo ma acciaccato. All’interno di una manovra potenzialmente mortale: otto dei suoi consiglieri di maggioranza si sono alzati e non gli hanno votato il Piano dei Rifiuti. (Leggi qui: E il sindaco finì ostaggio della sua maggioranza).

È una scadenza fondamentale quanto quella del bilancio. È una pugnalata alla schiena in vista dell’appuntamento sul Bilancio. Inattesa. Perché il sindaco aveva appena lanciato la sfida: chiedendo di approvare il conto già alla prima convocazione “perché la sera della seconda convocazione abbiamo il Festival dei Conservatori”.

Il problema non è amministrativo e tantomeno è politico: è di bottega. Una parte dei Consiglieri vuole fare l’assessore. Punto. La questione è pericolosa: perché nasce dai gruppi che dovrebbero essere la guardia pretoriana di Riccardo Mastrangeli. Significa che Nicola Ottaviani non li governa più. E che il percorso allora si fa molto pericoloso.

Uscirne vivo, ottenendo comunque l’approvazione del Piano dei Rifiuti nonostante 9 assenze (agli otto che si sono alzati si aggiunge Alessia Savo impegnata in Commissione a Roma) non è semplice. È come avere sette vite. Come i gatti. Stavolta Mastrangeli c’è riuscito.

Come i gatti ma troppi vicino alla Tangenziale.

FLOP

FRANCESCO PAOLO SISTO

Francesco Paolo Sisto (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

La prima differenza netta che molti avrebbero dovuto fare, anche tra gli agiografi, era e resta quella tra Berlusconi ed il Berlusconismo. Perché se il primo è stato un gigante non immune da nanismi clamorosi il secondo è stato un fenomeno più dannoso e pervasivo piuttosto che un’epifania di libertà nel recinto delle regole. Ma per comprendere quella differenza si sarebbe dovute verificare una precondizione netta. Che cioè anche coloro che legittimamente erano, sono e saranno sempiternamente dalla parte del Cav non vadano oltre il dovuto.

Attenzione: nei panegirici postumi, specie in politica, non c’è mai quel tono assolutamente mistificatorio che molti hanno voluto dare ai supporter del leader di Forza Italia. Insomma, tessere le lodi sulla bara del capo anche quando il capo ha macchie evidenti sui galloni non è una bestemmia etica. È solo la naturale conseguenza di una partigianeria che in politica da sempre – e per tutti – preclude in gran parte l’analisi critica.

Però non bisogna esagerare e si devono mettere da subito i paletti. Oltre i quali un de profundis per un leader perso diventa un peana fuori squadra per una leadership piazzata fuori ambito, cioè sulla mensola sbagliata. Paletti che non ha saputo o voluto mettere Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia, intervistato da Klaus Davi per il web talk ‘KlausCondicio‘.

Silvio Berlusconi (Foto Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Che in upgrade elegiaco ha detto: “Intitolerei a Berlusconi un immobile confiscato a Cosa Nostra o alla ‘Ndrangheta perché Silvio Berlusconi è il primo ministro che ha combattuto tutte le mafie con più pervicacia con le nostre leggi”. La sponda è quella solita che anche con il Cav in vita e per sue bocca girava sul mainstream: “Questo è un dato oggettivo, questi sono fatti. Se ci fosse un bene confiscato poi destinato ad assistere e ospitare bambini o anziani lo intitolerei senza problemi a Silvio Berlusconi“.

Il dato invece è un altro ed ha due teste: Berlusconi è stato massimo legiferatore sul tema perché è stato massimo e durevolissimo inquilino a Palazzo Chigi, senza dimenticare che quello della mafia è un capitolo narrativo che sul Cav deve ancora sedimentare in giudizio storico. E che quindi farlo diventare oggi totem omologo di Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici e decine di altri martiri in purezza sarebbe una stortura difficile da sanare domani.

Lo sarebbe in particolare per quelle generazioni che il Berlusconismo non lo hanno vissuto e che si ritroverebbero una storia artefatta e “novella”, senza barrique ad affinarne le qualità, da cui spremere convinzioni sbagliate. Sbagliate perché non decantate, sbagliate perché figlie dell’eccesso, sbagliate perché l’esecrazione della mafia passa dritta al centro di ciò che la mafia è. E non da ciò che si vorrebbe far credere che la mafia sia stata.

E la mafia non è stata assolutamente la personale Idra del decollatore Berlusconi, ma un mostro che ha perso teste per ben altre lame menate da ben altre braccia.

Non esageriamo.

ALIOSKA BACCARINI

Alioska Baccarini (Foto © AG IchnusaPapers)

La sua conferma come sindaco di Fiuggi per il secondo mandato non è stata un’elezione: ma un’acclamazione. Quello per lui a maggio non è stato un voto: ma un plebiscito. L’amministrazione Baccarini 2 profuma ancora di stucco e di vernice: l’ha varata appena qualche giorno fa, prendendosi tutto il tempo che gli occorreva, dall’alto di quei numeri stellari.

Ma mentre lo spumante avanzato nelle bottiglie non ha ancora perso la spinta delle bollicine, Alioska Baccarini lancia sulla sua pagina Facebook un messaggio al vetriolo. Nel quale scrive: “Di una cosa la comunità fiuggina può essere sempre certa. A nessuno permetterò nessuno di perseguire i suoi sporchi interessi personali, alle spalle dei cittadini di Fiuggi”.

Il che non è proprio uno sfogo. Ma siamo a ridosso della denuncia pubblica. Alla quale poi aggiunge “Come se non bastasse, persone capaci persino di cospirare alle spalle del sottoscritto, organizzando complotti miseramente falliti, tesi a fare cadere la maggioranza, indicandone persino i tempi e le modalità: 2 anni 6 mesi ed un giorno”.

Perché oltre quel limite, il sindaco non potrebbe ricandidarsi: la legge considererebbe compiuti due mandati consecutivi e tanti saluti. Chiacchiere? “Prove certe e testimonianze in mio possesso. A Fiuggi non c’è spazio per i traditori e le affariste da quattro soldi. A poco serve raccontare bugie sui social. Chi tradisce gli interessi della comunità fiuggina non merita né perdono ne pietà”.

Ora. Con una maggioranza bulgara di quelle proporzioni cosa può preoccupare Alioska Baccarini? In teoria nulla. Ma dare peso a “prove certe e testimonianze in mio possesso” che pur sempre pettegolezzi restano, significa accreditare quelle voci. Mettendo in secondo piano problemi e sfide ben più grandi che Fiuggi deve affrontare.

Chi ben comincia…