Ultima fermata Ciociaria

Il caso Fca mette a nudo le criticità di un territorio che ha perso la centralità politica. In un Paese che appare un'immensa Ciociaria: senza rotta.

Le fiera delle occasioni perse continua. Il bello è che più di qualcuno insiste nel parlare di rilancio della provincia di Frosinone.

 

Come? Matteo Renzi e Sergio Marchionne avevano assicurato posti di lavoro nell’ordine delle 1.800 unità alla Fca di Cassino. L’amara realtà è che a 532 lavoratori non è stato rinnovato il contratto, formula tecnica che consente di non poter parlare formalmente di licenziamento.

 

Dalla reindustrializzazione dell’ex Videocon doveva prendere il via una nuova stagione, invece nulla. Tutto in tono minore. Per non parlare di settori come il Turismo e l’Agricoltura, per i quali non si vede nulla in provincia di Frosinone. Da dove dovrebbero arrivare sviluppo e rilancio?

 

Manca tutto: un Piano, le risorse, una strategia, finanziamenti mirati, la sinergia tra istituzioni. Una crisi rincorre un’altra e così via, senza che davvero si possa neppure immaginare un futuro diverso. Le possibilità dell’area di crisi sono state ridimensionate da una partecipazione che, diciamo la verità, doveva essere dieci volte maggiore.

 

Le responsabilità locali sono chiare. (leggi qui L’insostenibile leggerezza di una politica che non risolve mai un problema’). Lo hanno ben chiaro anche i cittadini: non è più tempo di slogan. Quanto sia minato il terreno lo ha scoperto in queste ore il sindaco di Paliano Domenico Alfieri: ha messo un post sulla sua bacheca Facebook denunciando i ritardi della politica: è stato sommerso da risposte che gli ricordavano il suo ruolo di presidente provinciale dei Dem, invitandolo a dimettersi.

 

Ma non saremmo onesti se non facessimo una chiamata di correo. La politica locale non ha contato in questa occasione. Tanto quanto non ha contato un fico secco nemmeno sulla scelta di Sergio Marchionne quando ha deciso di fare a Cassino e non altrove sia Giulia che Stelvio.

 

Non conta la politica locale. Non conta quella nazionale. Fca è un’azienda con sede a Londra e sede fiscale in Olanda. Punto. Gli stabilimenti sono rimasti quei solo perché già c’erano e intorno a loro c’era l’intero indotto e le infrastrutture. I miliardi di investimenti per rifare daccapo Cassino Plant sono usciti alle casse Fca. Che – legittimamente – se ne andrà quando non le converrà più.

 

I politici nazionali si sono abbeverati ai risultati di Giulia, Stelvio e Levante. Ma cosa hanno fatto per agevolarli? Cosa stanno facendo oggi?

 

Da almeno cinque anni, Bruxelles ha messo in agenda proprio questo tema. C’è un’agenda chiamata Cars 2020 il cui tema portante è: come possiamo fare per tenere in Europa gli stabilimenti che producono automobili entro la tappa cruciale del 2020?

 

Quel è stato il contributo dei parlamentari europei italiani a quell’agenda? Non è che è stata scritta in modo tale da rendere conveniente spostare la baracca dall’Italia ad un altro Paese Ue? C’erano due parlamentari ciociari, nel corso di quella legislatura, a Bruxelles: Alfredo Pallone e Francesco De Angelis. C’era un ministro europeo dell’industria che si chiamava Antonio Tajani, oggi presidente del parlamento Ue.

 

È lecito chiedere loro se l’Italia, con i governi di centrosinistra, centrodestra e tecnici che si sono susseguiti, hanno colto le occasioni e le prescrizioni di Cars 2020?

 

Non una voce si è alzata. Né a Cassino dove, ricordiamolo, abbiamo un Senatore della Repubblica da noi eletto per rappresentarci e portare le istanze del territorio e si chiama Marino Mastrangeli proposto e candidato dal MoVimento 5 Stelle; né a Frosinone, dove abbiamo un segretario di presidenza della commissione Industria, che si chiama Francesco Scalia; né a Roma dove un tale Matteo Renzi un anno fa è venuto a dirci che in questi giorni sarebbero state fatte migliaia di assunzioni.

 

Fatta questa premessa, la realtà è che imprenditori e associazioni di categoria non si fidano più e la politica tira a campare.

 

Ogni volta che si è cercato di convocare i cosiddetti Stati generali o di coinvolgere l’intero arco costituzionale ed istituzionale della provincia, è scattato il fuoco amico di sbarramento. Il presidente nazionale di ConfimpreseItalia Guido D’Amico più volte ha provato a smuovere la situazione. Ricevendo sì aperture importanti, che però alla fine non si sono concretizzate.

 

Questa provincia ha perso da tempo la centralità politica: non c’è una fermata del treno ad Alta velocità per esempio. Sono naufragati progetti come l’aeroporto civile, l’interporto, l’ente fiera, Amazon. Tutto.

 

L’intero Paese appare come una grandissima Ciociaria. Senza una rotta.

 

Tra poco diminuiranno anche gli spazi politici a disposizione. Forse solo allora la classe dirigente si renderà conto della deriva inesorabile del territorio.