Uomini e no. E questo come lo fermiamo? (di D. Bianchi)

Il quadro politico dopo le elezioni di marzo, la formazione del Governo, le prime iniziative di Salvini. L'analisi di Daniela Bianchi che rompe il silenzio da sinistra. E suona l'adunata.

Daniela Bianchi

già Consigliere Regionale del Lazio

È così grazie ai 5 stelle, in questo paese siamo riusciti a dare il lasciapassare a uno come Salvini! Al grido di “apriremo le istituzioni come una scatoletta di tonno”, i penta stellati hanno fatto una marcia gloriosa, ma sono finiti come tonni nella rete di Salvini.

Il più grande paraculo che la storia repubblicana abbia conosciuto.

Badate bene, non commetterò l’errore di ridurre Salvini ad un fenomeno, no, kantianamente parlando lui è “noumeno”.  Salvini non fa il fascista, è fascista.

E cavalcando la scena con superba maestria, ha relegato gli apritori di scatole sullo sfondo di una cartolina ingiallita raccattando consenso a rotta di collo

Ma noi uno così come lo fermiamo?

Davvero crediamo che basti definire il confine di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato?

Davvero pensiamo che basti chiedere da che parte stai? E davvero prensiamo che la nostra presunta superiorità sia sufficiente per stare dentro le cose?

Davvero pensiamo che bastino due frasi due motti buttati qua e là a sancire fino in fondo il dissenso? Ah l’insuperabile aplomb della maestrina dalla penna rossa…

No, io non credo che basti. Non credo basti affatto!

In questi ultimi dieci anni, che hanno visto lo sgretolamento di qualsiasi certezza, che hanno ucciso la prospettiva di futuro di un’intera generazione, in cui intere categorie sociali sono cambiate, il popolo (sì il popolo) ha chiesto solo una cosa: protezione.

Protezione del proprio futuro, protezione della possibilità di far studiare i propri figli, protezione della possibilità di far crepare di invidia il vicino con un’auto nuova fiammante, protezione del sogno e del diritto di essere altro …

E invece all’improvviso tutto ha preso a girare vorticosamente e il lavoro che manca, poi il precariato, poi i soldi che non bastano più, poi una rivoluzione digitale che ha cambiato le carte scardinando i vecchi meccanismi, e poi l’Europa dei mercati, e poi l’America che non fa più l’America, e poi una società che cambia alla velocità della luce …e poi e poi e poi…un enorme gigantesco frullatore che ha triturato e rimescolato tutto. Un enorme gigantesco frullatore che ha amplificato a dismisura l’incertezza.

E chi doveva assumersi il compito di aiutare ‘sto benedetto popolo nella decodifica di questo enorme cambiamento (e cioè i gloriosi grandiosi e tronfi partiti di sinistra), anziché restare ai bordi di periferia, s’è chiuso dentro quattro mura, ha occupato tutte le poltrone è diventato establishment e ciao ‘core …

Ed ecco allora che con il deflagrare dei flussi migratori, con il cambio degli assetti geopolitici, con l’avanzata dei diritti ti arriva un Salvini che ti dice: è tutta colpa dello sporco negro, del frocio di merda, della lesbica, di chi ti ruba il portafogli…ci penso io a te, alle tue paure, ora ti proteggo io !

Ed è inutile stare li con il sopracciglio alzato a dire che il popolo s’è lasciato abbindolare, perché è solo uno sterile esercizio di rigidità autoreferenziale….

Vi rifaccio la domanda: uno così come lo fermi?

Uno che ogni sera riempie piazze di gente…e continua a parlare a quel bisogno di protezione…

Ecco, noi esattamente cosa facciamo? Noi quando ridiamo alla piazza un interlocutore spendibile e credibile? Quando ci riprendiamo il nostro posto? Quando ci rialzeremo da questo ring dove brancoliamo come un pugile suonato?

E quando avremo finito di polverizzare l’impolverizzabile, quando il Pd si ricorderà di fare il Pd, ci renderemo conto che abbiamo solo una possibilità: andare su quel terreno, parlare alla paura delle persone, avere il coraggio di entrare dentro quelle pance e misurarsi con quella paura.

Con il coraggio di dire chiaramente da che parte stiamo: la loro.  Dicendo chiaramente chi siamo: la forza politica dell’apertura, e non populista, che ha una chiara visione di questo Paese, che ha chiaro il cambiamento in atto e che è in grado di fronteggiarlo e non perché fa il sito fico, dieci eventi cool e occupa le redazioni, ma perché sa quali misure economiche adottare, quali politiche culturali promuovere, quale scuola mettere in campo per dare una risposta a quelle paure, non con l’odio ma con la cura, accogliendo quel punto di vista, stando là dove c’è bisogno di stare: in mezzo a chi ha paura della povertà, del lavoro che manca, di un’assenza di futuro.

Questa roba non la fai con le vecchie categorie, con i rancori, con i conti da regolare, o le rigide liturgie, questa roba la fai scardinando il cliché, osando. La fai abbracciando un senso collettivo di responsabilità, rimboccandoti le maniche, decidendo che si sta sul campo per dare battaglia.

La fai con il coraggio di uno schema che allarghi il fronte non a parole ma con i fatti, o meglio con la Politica.

Ben consci del fatto che non c’è nulla di nuovo da inventare perché quando Salvini e Grillo avranno finito la loro spinta propulsiva e aggressiva, e il popolo si sarà reso conto che alla fine le promesse sono sempre quelle,  il PD sarà come un bene rifugio in tempo di carestia e allora tanto vale attrezzarsi per ridargli forza e quell’anima che ha perso allargando il fronte.

In che modo?

Semplicemente tornando a fare politica, semplicemente facendo si  che la Politica torni a fare la Politica

Quando?

Adesso.

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