Il vescovo Spreafico: «Il pregiudizio antiebraico non è per nulla morto»

La Chiesa italiana ha celebrato il 17 gennaio la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Arrivato alla sua XXIX edizione, l’appuntamento si apre quest'anno alla sfida di combattere antisemitismo e pregiudizio anti-ebraico.

M. CHIARA BIAGIONI
per Agenzia Sir
Servizio Informazione Religiosa

«L’antisemitismo e il pregiudizio antiebraico, che oggi si sposa a volte con l’antisionismo, non è per nulla morto. Basti pensare che il World Jewish Congress ha contato nel 2016 sul web ben 382mila post antisemiti, uno ogni 83 secondi. Non credo che coloro che li hanno postati siano tutti atei». Fa questa premessa monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo.

Lo fa per spiegare l’importanza che riveste oggi la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Viene celebrata tutti gli anni dalla Chiesa italiana il 17 gennaio (alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani) e nel 2018 è arrivata alla XXIX edizione.

Il vescovo è stato a Bologna, il 16 gennaio, per parlarne insieme al Rav Alfonso Arbib, presidente dell’Assemblea rabbinica su invito del Centro San Domenico e della Facoltà teologica dell’Emilia Romagna.

«Mentre il contesto culturale e sociale del Paese mostra ancora gravi tratti di arretratezza nelle relazioni tra le diverse componenti – si legge nella presentazione dell’iniziativa bolognese -, questa giornata intende promuovere nelle comunità cristiane ed ebraiche reciproca conoscenza e stima e costituire una reale pratica di comune speranza in un futuro di vero shalom».

 

Venti di estremismo in Europa.

Il vescovo Spreafico condivide con le comunità ebraiche presenti in Italia la preoccupazione di un ritorno, purtroppo sempre più legittimato, di ideologie che sembravano essere archiviate e invita le comunità cattoliche a non abbassare la guardia.

«Il rigurgito in Europa di gruppi di estrema destra – osserva Ambrogio Spreaficosi nutre dell’antisemitismo come del pane della sua propaganda! Per questo, giornate come questa sono ancor più necessarie e andrebbero celebrate ovunque. Abbiamo bisogno di riflettere, capire, aiutando le nostre comunità – parlo ovviamente per i cattolici – a recepire l’insegnamento che si è sviluppato a partire dal Concilio come qualcosa di fondamentale non solo per il nostro rapporto con l’ebraismo, ma anche per la comprensione stessa della nostra fede in Gesù di Nazareth, ebreo a tutti gli effetti».

 

Passi di dialogo.

Per l’edizione 2018 della Giornata, cattolici ed ebrei hanno scelto come tema di approfondimento, il Libro delle Lamentazioni, dalle cinque Meghillot.

Nel Sussidio proposto, si fa il punto degli importanti passi di avvicinamento compiuti tra cattolici ed ebrei. Cinquant’anni di dialogo, inaugurati dalla Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” a cui sono poi seguiti diversi documenti ufficiali della Chiesa cattolica, nonché le visite e i gesti dei Pontefici, a cominciare dalla storica visita di Giovanni Paolo II al Tempio Maggiore di Roma del 1986, poi seguita da quelle di Benedetto XVI e di Francesco, oltre ai pellegrinaggi in Terra Santa con la visita al Muro occidentale e a Yad Vashem.

L’ultimo passo (qualcuno lo ha addirittura definito “svolta storica”). È stata la consegna il 31 agosto 2017 a papa Francesco di un documento dal titolo “Between Jerusalem and Rome. Reflections on 50 years of Nostra Aetate”, in cui per la prima volta un gruppo altamente rappresentante dell’ebraismo ortodosso riflette e, soprattutto, recepisce quanto la Chiesa cattolica ha fatto in oltre 50 anni.

Sono testi e avvenimenti fondamentali, sottolinea Ambrogio Spreafico. Sono prodotti dalla Chiesa nel suo magistero perché «l’antisemitismo e l’antisionismo fossero definitivamente archiviati nella sua teologia, nel suo insegnamento, nella preghiera, nella vita quotidiana e nel linguaggio dei suoi membri».

La sfida è oggi ancora più urgente. «Ancora oggi – ammette il vescovo – dobbiamo assistere a commenti, espressioni, atteggiamenti, anche di cristiani, che non vanno nella direzione su cui il magistero cattolico ci ha posti definitivamente. L’auspicio è che tutti, dagli esegeti ai teologi, dai catechisti agli insegnanti di religione cattolica, dai sacerdoti ai singoli fedeli laici, promuovano una conoscenza maggiore di quanto la Chiesa cattolica ci ha offerto in questi cinquant’anni, perché senza mutua conoscenza non ci può essere dialogo, e senza dialogo la convivenza diventa difficile, se non impossibile. Solo il dialogo è via alla pace».