Zingaretti, Renzi e Gentiloni come D’Alema, Rutelli e Prodi: ci può stare, ma…

Il centrosinistra obbligato a riorganizzarsi. Torna la suggestione dello schema Ds-Margherita, con l’Ulivo come punto di approdo. Ma è complicato. La vera priorità è recuperare i consensi che sono andati nella direzione del Movimento Cinque Stelle

“E’ un po’ una caricatura quella che si dice che si vuole tornare ai Ds. La Margherita e i Ds sono stati due partiti importanti nella storia della democrazia italiana, ci hanno permesso di vincere le elezioni con Romano Prodi, ma sono il passato e il passato va conosciuto ma non bisogna viverci”. Così il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, candidato alla segreteria del Pd, ha risposto ad una domanda in merito a un possibile nuovo partito di Matteo Renzi.

Perché la “narrazione” che sta prendendo piede nel centrosinistra è quella di un ritorno ai Ds da parte di Zingaretti e una rinascita della Margherita con Renzi al timone. Nei decenni passati lo schema funzionò per dare vita all’Ulivo di Romano Prodi.

Niente surrogati

Zingaretti ha continuato: “Bisogna vivere nel futuro e il futuro non può che essere un nuovo Pd e una nuova alleanza senza scimmiottare o tornare a dei surrogati dei vecchi partiti che non verrebbero capiti da nessuno. L’Italia ci chiede una grande forza unita e unitaria che ritorni ad avere la fiducia degli italiani. Questa è la mia missione che non voglio fare da solo ma in maniera collegiale e collettiva con un nuovo gruppo dirigente“.

Però la suggestione di un ritorno al passato c’è. Con Nicola Zingaretti che erediterebbe ruolo che fu di Massimo D’Alema e Walter Veltroni, mentre Matteo Renzi quello di Franco Marini e Francesco Rutelli. Ma chi reciterebbe il ruolo che fu Romano Prodi? Il più adatto sembra Paolo Gentiloni.

Scenario surreale

In realtà lo scenario è complicato e surreale. Perché nel momento in cui Lega e Cinque Stelle dovessero dividersi, il Pd tutto potrebbe fare meno che lanciare un messaggio di spaccatura ulteriore. Però esiste un tema vero. Ai tempi dell’Ulivo c’era una forte e riconosciuta coalizione di centrosinistra, che andava dall’Udeur di Mastella ai Comunisti Italiani di Cossutta, passando per i Socialisti di Boselli, per i Verdi di Bonelli, per i Democratici di Parisi. Perfino per l’Italia dei Valori di Di Pietro in un secondo momento. C’erano inoltre i patti di desistenza con Rifondazione Comunista di Bertinotti.

Oggi il mondo della sinistra non è soltanto frammentato, ma si riconosce in altre forme aggregative. Quelle delle associazioni, perfino delle Ong. In ogni caso chi tra Nicola Zingaretti e Maurizio Martina dovesse diventare segretario nazionale del Pd avrà l’obbligo i tenere i nervi saldi. Perché in ogni caso sarà importante “federare” varie realtà.

Poi c’è il tema del rapporto con i Cinque Stelle. Non tanto sul piano di un’alleanza politica che sembra improbabile, a meno che i pentastellati non si dividano. Quanto sulla controffensiva per recuperare gli elettori del Pd che il 4 marzo hanno votato per i Cinque Stelle.

Sarà questa la vera partita.