Quel dato che cambia la prospettiva di MovImprese

Come vanno lette le cifre diffuse in questi giorni da MovImprese. C'è un dato di prospettiva che non viene preso in considerazione. È il numero di quelli che hanno messo nel 2023 una sede in aree destinate a diventare Zes. Significa che si preparano ad andare via

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

L’errore sta nel guardare le cose standogli di fronte, senza cercare una prospettiva. È quanto accaduto con i numeri diffusi ieri da Unioncamere ed Infocamere: il report MovImprese analizza l’andamento di aperture e chiusure delle attività. Lo censisce in ogni singolo settore, sulla base del Registro delle imprese delle Camere di Commercio. Ma in questo modo il dato è piatto, non ha una prospettiva. Cosa significa?

Il dato piatto

Edilizia
Foto © Imagoeconomica

Innanzitutto leggiamo il dato ‘piatto‘. Dice che in un anno ci sono più imprese edili, consulenti aziendali e bed & breakfast. Meno imprese nel commercio, nell’agricoltura e nella manifattura. Perché è accaduto e perché proprio in quei settori?

Le aree in cui si concentra la crescita maggiore erano in gran parte prevedibili. Perché la pandemia è finita ed i turisti sono tornati a viaggiare, si prepara il Giubileo, bisogna riprogettare il proprio presente, riposizionarsi ed in alcuni casi reinventarsi. Ma il terreno economico su cui tutto questo avviene è caratterizzato da inflazione, tensioni geopolitiche con guerre e nervosismo alle stelle su tanti fronti; da fondamentali cambiamenti tecnologici (su tutti il passaggio dai motori tradizionali a quelli elettrici). E dai cambiamenti climatici: stanno cambiando l’asse dell’agricoltura.

Tra chi ha chiuso, chi ha aperto, chi si è reinventato, il saldo 2023 per le imprese italiane resta positivo: + 42.039. Significa che ci sono oltre 40mila imprese più di quelle che hanno chiuso.

Tutto concentrato

Ma non è una crescita omogenea. Anzi. Oltre il 70% delle imprese registrate negli ultimi dodici mesi, opera in soli tre macro-settori: le Costruzioni, il Turismo e le Professioni. Il più dinamico è il comparto delle Costruzioni, nonostante l’incertezza sulle prospettive dei bonus legati al mondo dell’edilizia. Alla fine degli scorsi dodici mesi ha contato 13.541 imprese in più rispetto al 2022 (+1,62%). Bene anche le attività professionali, scientifiche e tecniche che a fine 2023 presentano un aumento significativo di 11mila imprese, trainate da un “boom” della consulenza aziendale e amministrativo gestionale (saldo positivo di oltre 6.000 attività e una variazione relativa dell’8%).

Anno positivo anche per il comparto della Vacanza: si contano 3.380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%) e 3.015 bar e ristoranti in più rispetto al 2022 (+0,77%). Alla crescita hanno contribuito significativamente anche le attività immobiliari: a fine 2023 contano 5.197 imprese in più dell’anno precedente (+1,72%).

A fronte di questi risultati positivi, i settori più tradizionali continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese. Per il Commercio il 2023 si è chiuso con una riduzione complessiva di 8.653 attività (-0,6% su base annua). Ma approfondendo l’analisi dei dati si rileva come il processo di selezione in questo settore abbia riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio che nel 2023 ha perso quasi 7.700 unità.

Nell’Agricoltura il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7.546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2.962 imprese (-0,56%).

I risultati regionali

Foto © Imagoeconomica

Guardando al territorio. In termini assoluti il Lazio è la seconda regione con i migliori risultati: la precede la Lombardia (10.562 imprese in più), poi il Lazio (+9.710) e la Campania (+6.351). Il Lazio registra invece la crescita più sostenuta in termini relativi (+1,59%); seguono la Lombardia (+1,12%) e la Campania (+1,04%).

L’intero saldo positivo del 2023 è spiegato dalla crescita delle società di capitale: 57.846 in più in termini assoluti, pari al +3,1% in linea con quanto registrato nel 2022. Le imprese individuali, che continuano a rappresentare la metà dello stock di imprese esistenti (il 50,6%), mostrano invece una flessione di quasi 2mila unità, facendo registrare, in termini relativi, un decremento che sfiora lo 0,1%.

Le performance di Frosinone e Latina

Se il Lazio registra il dato di crescita relativa più alto in Italia con +1.59% nel 2023, lo si deve anche alle performance positive della province di Latina e Frosinone.

Foto © AG IchnusaPapers

La Ciociaria si piazza al 21^ posto della classifica nazionale: nel 2023 si sono registrate ben 2.302 imprese a fronte di 1.917 cessazioni. Il totale aggiornato è di 48.359 imprese, quindi con un saldo positivo di + 385, che equivale ad un tasso di crescita pari a quasi un punto percentuale,  0,79% per la precisione. In apparenza è un dato positivo ma se si paragona a quello dello scorso anno si scopre che siamo in fase di rallentamento: nel 2022 era stato 1,13%. Va meglio in provincia di Latina: si attesta al 12^ posto nazionale, con 2.997 iscrizioni, 2.443 cessazioni ed un saldo positivo di + 554, quindi con una percentuale di 0,96%.

Esclusa quella di Roma, che è al secondo posto assoluto in Italia per crescita delle imprese nel 2023 (+ 1.91%), parecchio distanziate, rispetto a Latina e Frosinone, risultano le altre due province del Lazio. Con Rieti  che fa registrare un saldo positivo di appena 52 aziende in più che equivale allo 0.35%. Ultima è Viterbo con lo 0.24%.

Lo scorporato dice che sono 7.547 le imprese di costruzioni in provincia di Frosinone (nel 2023 il comparto ha registrato 340 iscrizioni, 313 chiusure); 3.603 le imprese nel settore turismo e ristorazione (qui le cessazioni sono state 158 e non sono state bilanciate dalle nuove aperture che sono state 93. Ci sono poi 1.405 attività professionali, scientifiche e tecniche (89 aperture, 53 chiusure). Sostanziale parità nella attività immobiliari: 24 nuove iscrizioni e 23 chiusure su un totale di 1.20 imprese iscritte.

Il dato di prospettiva

Le aree es e quelle che non lo diventeranno

Il dato che fornisce una prospettiva ed aggiunge una tridimensionalità alle cifre è quello legato al mancato inserimento del Lazio all’interno delle aree Zes, cioè le Zone ad Economia Speciale che beneficeranno di forti sconti sulla tassazione come stimolo alla ripresa. La Ciociaria è circondata da territori che diventeranno Zes: a Sud c’è l’Alto Casertano e ad Est c’è l’Abruzzo.

Nel mondo delle imprese ci sono i conti da far quadrare: il campanile conta ma solo fino ad un certo punto. Quante imprese della provincia di Frosinone nel corso del 2023 hanno aperto una seconda sede produttiva in territori destinati a diventare Zes? Il dato non viene registrato da MovImprese: il suo scopo è solo quello di censire natalità e mortalità delle imprese iscritte alle Canere di Commercio.

Il numero preciso non c’è ma il dato è apprezzabile, come confermano vari consulenti che nei dodici mesi dello scorso anno sono stati impegnati per la creazione della nuova sede secondaria. Perché è un dato importante? Perché è l’indice della tendenza a sbullonare gli impianti ed andare altrove.

Ed è su questo che il territorio avrà la necessità di confrontarsi. Molto presto. Mettendo a punto condizioni capaci di contrastare il rischio di fuga delle imprese. Lo stesso registrato quando finì la Cassa per il Mezzogiorno. Ma in Campania i benefici rimasero.