Referendum : sì , no e tutti gli altri ?

Arturo Gnesi
di ARTURO GNESI
Sindaco di Pastena

 

Caro direttore,
il grande dibattito che in questi giorni c’è attorno al tema del referendum invade e pervade la nostra vita fino al punto che seppur malvolentieri, un’idea dobbiamo per forza esprimerla.

Ho trovato, nei due schieramenti, ragioni condivisibili e ragionamenti ponderati. Ma alla fine mi sembra che prevalga l’irruenza di un voto pro oppure contro il governo e che da entrambe le parti si tenti di ragionare solamente in previsione di quello che potrebbe accadere immediatamente dopo lo scrutinio dei voti.

Un voto non calibrato sull’efficacia o sul danno delle riforme costituzionali ma mirato ad avere più spazio e potere già a partire dal 5 dicembre. Un voto immaturo, emozionale e talvolta istintivo che ha reso il panorama politico talmente confuso da mettere sulla stessa barca gli eredi del fascismo e quelli del comunismo. I grillini con gli azzurri di Forza Italia. Noti e stimati costituzionalisti con i truculenti leghisti.

Qualcosa non ha funzionato, sia nell’elaborazione del testo da sottoporre all’approvazione del popolo e sia nella presentazione di questo evento ingigantito dalla televisione e dai giornali mentre l’Italia ha iniziato a tremare e non certo per la paura del referendum.

Io penso che il mantenimento dello status quo sia deleterio e dia l’impressione di un sistema politico ingessato, fossilizzato sui privilegi e sui vantaggi che una classe politica scostumata si è elargita in tutti questi anni.

Ma il rimedio rischia di essere peggiore della malattia perché non si combatte la degenerazione della cultura politica. Non si colpisce il sistema clientelare basato sul voto di scambio e sulla promessa di favori. Non si incide sulla coscienza dei cittadini che con troppa benevolenza giudica innocua la collusione tra il governo del paese e la gestione degli affari.

Questo referendum mira soltanto a ridurre i commensali , a controllarne la provenienza e a sottoporli ad un visto di ingresso che altrimenti sarebbe un’esclusiva degli elettori.

Questo referendum, paradossalmente parte dai malanni della politica, dalla forza perversa generata dalla collusione tra malaffare e malgoverno e anziché dare il potere di controllo agli elettori pretende di gestire in maniera verticistica e centralizzata le manifestazioni patologiche della politica italiana.

Non si riducono i costi tagliando il numero dei senatori, certo può essere un passo avanti, ma il killer della democrazia è la corruzione, il patto segreto tra i rappresentanti del popolo e i colletti bianchi espressione degli interessi del potere industriale, finanziario, bancario e perché no anche delle organizzazioni mafiose.

In prospettiva si andrà verso un azzeramento dei piccoli comuni erroneamente descritti come fonte di sperpero e di spreco delle risorse pubbliche ma che in realtà sono il terreno di conquista dei comitati elettorali che poi dettano legge da Roma.

E allora appare legittimo dire che questo referendum serve regolare i conti all’interno del palazzo, una guerra tra partiti contrapposti e tra leader che spesso nemmeno sono a conoscenza dei contenuti della riforma. Questo referendum appare un regolamento di conti tra fazioni dello stesso partito e di certo rappresenta una disgrazia per i piccoli comuni che rimarranno alla mercé, a prescindere dall’esito, del potere centrale. Che per essere legittimato non ha più bisogno della gente, del sostegno del popolo ma dell’imprimatur delle segreterie di partito.

Una direzione opposta e contraria al risanamento economico e morale del nostro paese.

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