Con questi candidati le elezioni servono solo agli eletti

La scelta dei candidati da schierare alle prossime elezioni pone un interrogativo. Alla fine a chi servono davvero le elezioni? Fino a quando i candidati avranno il paracadute di serie, serviranno solo agli eletti.

Il riepilogo lo ha proposto questa mattina Corrado Trento su Ciociaria Oggi. Vale la pena però di rileggere quei numeri. E vederli anche sotto un’altra luce.

Alla Camera sulla scheda ci saranno dieci candidati in corsa in ognuno dei due collegi uninominali maggioritari, quello del nord (33 Comuni) e quello del sud (58 Comuni). Poi, sempre sulla stessa scheda, 16 simboli di partito, ognuno dei quali con 4 candidati. Per un totale di 64. Il tutto da moltiplicare per 2 considerando, appunto, che i collegi sono due.

Un rapido conto: 128 (proporzionale) più 20 (maggioritario), cioè 148.
 Al Senato (91 Comuni) altri dieci concorrenti nel maggioritario e 64 (16 liste) per il proporzionale. Saliamo a 222.

Veniamo alla Regione: 9 candidati alla presidenza, 18 liste in provincia di Frosinone (19 nel Lazio), 106 candidati.

Ultima addizione: 222 più 106 fa 328. Siamo davvero sicuri che alla gente la politica non interessa più? Perché per 328 candidati ce ne sono almeno 1.000 che avrebbero voluto esserlo. I “trombati” preventivi.

Alla fine quanti ne verranno eletti davvero in provincia di Frosinone? Alla Regione 6, in Parlamento dipende. Sicuramente 3 nei collegi maggioritari: ma quanti di loro saranno della provincia di Frosinone dipende solo dagli elettori, spetterà a loro decidere se votare il principio politico infischiandosene del paracadute, oppure se sostenere il candidato locale a prescindere dal simbolo.

Poi nel proporzionale bisognerà vedere le percentuali e gli incastri. In ogni caso non molti. Di sicuro c’è soltanto che l’elezione a Montecitorio e Palazzo Madama, per chi ci riesce, è una specie di sei al superenalotto.

Eppure la campagna elettorale coinvolgerà molte altre persone: militanti, amministratori, sindaci, sostenitori.

Come al solito assisteremo ad un grande circo che verrà allestito in fretta e che ancora più in fretta verrà smontato la notte del 4 marzo. Perché alla fine in tanti gravitano nell’orbita della politica, specialmente in un territorio dove non ci sono più fabbriche e dove i concorsi pubblici sono ormai ridotti ad una riserva indiana.

In realtà la storia politica recente dimostra che nessuno riuscirà ad invertire la tendenza. I leader si giocheranno sia l’elezione che la supremazia politica sul territorio. Francesco Scalia e Francesco De Angelis, Mario Abbruzzese e Antonello Iannarilli, Alfredo Pallone e Gianfranco Schietroma. Poi si parlerà della necessità di celebrare i congressi, che non verranno mai fatti.

Tomasi di Lampedusa, nel celebre libro Il Gattopardo, scrive fra l’altro: “La facoltà di ingannare sé stesso, questo è il requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri”. Un leader, soprattutto locale, pensa di poter incidere sul panorama nazionale del proprio Partito. Poi scopre che è in terza posizione nel proporzionale o in un collegio maggioritario dove al massimo potrà ottenere la sua elezione. La possibilità di diventare ministro o sottosegretario è meno di zero per chi deve ringraziare d’essere stato candidato al penultimo posto della lista. Se fosse stato nelle grazie del Partito avrebbe goduto di ben altra blindatura.

I cittadini si illudono che con l’elezione di un esponente locale può cambiare tutto. La selezione dei candidati alle Politiche questa volta ha detto l’esatto contrario. Tranne la solita eccezione che conferma la regola. I cittadini dopo pochi mesi si ricredono e la giostra ricomincia.

Per concludere, a chi servono le elezioni? Se la scelta dei candidati deve continuare ad avvenire con l’assegnazione dei paracadute, la risposta è una sola: agli eletti naturalmente.