Ma la politica sa a cosa serve la banda larga?

Armando Mirabelladi Armando MIRABELLA
Possibile

 

Caro Direttore,
rispetto alla questione Amazon, come tutti i tuoi lettori, sto assistendo sul tuo blog a questo tiro incrociato a colpi di politica buona – impresa cattiva e politica cattiva – impresa buona.

La provincia di Frosinone non è il Pantanal, l’immensa pianura di origine alluvionale situata tra il Brasile, la Bolivia e il Paraguay dove all’interno dei 150.000 km quadrati di territorio è possibile non sapere in un punto A cosa accade in un punto B. Per ingentilire i termini, in altri posti di questo paese, si parla di salotti buoni quando si cerca di descrivere dei ristretti circoli, dove ognuno, mettendo sul tavolo il proprio ruolo, gioca una partita in cui è in palio la moltiplicazione della propria rendita.

Assistere a questo dibattito ipocrita su di chi sia la colpa della millesima occasione mancata nella/della nostra provincia comincia ad essere veramente insopportabile. Allora facciamo così, faccio un ragionamento ad alta voce: in questa provincia c’è un ristretto cerchio fatto di politica, mondo dell’impresa, mondo della comunicazione, mondo delle professioni, ordini e corporazioni che si vedono costantemente a cena, si sentono al telefono, sono imparentati tra loro, sono i testimoni uno del matrimonio dell’altro o del figlio di quell’altro ancora, hanno business in comune. Un favore fatto a te oggi, accende un credito per me domani, che magari riscuoterò nella prossima campagna elettorale o nel prossimo cda, o nella prossima nomina in organi politici, para-politici e professionali. Il corto circuito tra politica ed impresa è continuo. Un corto circuito che a scadenze regolari muove sempre le stesse pedine a ruotare in caselle differenti. Una parte di chi si indigna lo fa non perché questa confusione di ruoli sia il male assoluto di questa provincia, ma perché non riesce ad accedere a questo tabellone principale perché viene sconfitto nelle qualificazioni.

Non dire queste cose è sbagliato tanto quanto fare generalizzazioni alla cieca. C’è un mondo di sindaci, per esempio, che lotta con il centesimo per assicurare servizi a chi fa più fatica e decine di imprenditori che non hanno tempo per i salotti perché ogni secondo serve ad assicurare redditività alla propria azienda e risorse per pagare tutti i propri dipendenti tutti i mesi.

Ma la crosta di potere che paralizza questa provincia dove vivono 500.000 persone c’è. Ed è plastica. Si possono fare accordi tra PD e Nuovo Centro Destra contro Fratelli d’Italia da una parte, per raggiungere un obiettivo, e tra Forza Italia e PD contro il Nuovo Centro Destra da un’altra. Federlazio tenterà di fare le scarpe ad Unindustria su un versante, ma ne sarà il sospettoso alleato da un’altra. E’ politica questa? O è solo la tattica per guadagnare una casella che mi fa guardare all’oggi, forse un po’ al domattina, ma certo non al dopodomani.

Sarà anche vero che Amazon, una delle quattro sorelle del GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple), se ne infischia del peso specifico della politica reatina rispetto a quello ciociara e decide dalla propria sede oltreoceano dove andare a piazzare un pezzo della propria logistica. Una logistica per le consegne entro un’ora nella Roma di case ed uffici (perché di questo si tratta, altro che nord Italia che fa acquisti on line e sud che va con il borsellino alla bottega), ma certo ci si dovrà interrogare su perché le occasioni noi le perdiamo sempre e sistematicamente.

Non dipenderà dalla cappa, dal tappo che c’è e per che autoriprodursi frena lo sviluppo di questa provincia? In questa terra parlare di innovazione porta ad usare termini che erano innovazione dieci anni fa: uno, per esempio, è banda larga. Va bene la banda larga, ma qualcuno (enti locali, organizzazioni datoriali, associazioni) ha fatto qualcosa per la digitalizzazione dei processi o quanto meno dei documenti? O la banda larga serve per vedere i film in streaming più velocemente? Quale è l’idea di sviluppo su cui si cerca di aggregare consenso? C’è un posto, un appuntamento dove, magari anche pubblicamente, si organizza una riflessione delle forze sane della provincia: politica, impresa, università (Cassino, ma anche Accademia, Conservatorio), cultura, professioni, sindacati, volontariato, cooperazione, ci si incontra e si struttura un dialogo per capire in quale direzione condurre questa provincia?

E’ normale, e faccio un esempio davvero terra-terra, che in un posto di cassa integrazione in esaurimento, la classe dirigente di un territorio non si sbatta tutti i giorni per creare (il mondo dell’impresa) o facilitare la nascita (il mondo della politica) di aziende, e quindi posti di lavoro, attorno ad una eccellenza come il Peperone dop di Pontecorvo. Mentre letteralmente spopola tra gli chef di tutto il mondo e la grande distribuzione ne chiede sempre di più, noi tra Esperia, San Giorgio a Liri, Pignataro Interamna, Villa Santa Lucia, Piedimonte San Germano, Aquino, Castrocielo, Roccasecca e San Giovanni Incarico assicuriamo una produzione che è circa venti volte più bassa di quella che servirebbe. Venti volte più bassa!

Ecco, se nemmeno riusciamo a fare sistema sullo sviluppo di una nostra eccellenza che ha questi numeri di sottoutilizzo, come si fa a disegnare una Ciociaria migliore per tutti nei prossimi venti anni. Ma combattere la crisi, favorire il rilancio, creare sviluppo si fa facendo annunci? Si fa riunendo i soliti pochi dotti, medici e sapienti nel salotto dentro una torre altissima?

Non credo.