E il dialetto ciociaro arrivò in Regione Lazio

Una legge per tutelare i dialetti del Lazio. Prima che spariscano definitivamente. Quali sono. Cosa si farà per salvarli. E conservare la lingua di Paolino Colapietro, Attilio Taggi, Amedeo Di Sora...

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

Chi ha i capelli bianchi ha ancora nelle orecchie i rimproveri. Spesso ricevuti a tavola o la sera quando si guardava il televisore. Se succedeva in presenza di altre persone la cosa era grave: volava anche qualche educativa cinquina. L’urlo dei genitori era sempre lo stesso “Parla in italiano! Che ti ci mando a fare a scuola?!”. Il mondo cambia in fretta. È stata convocata per martedì 3 ottobre a mezzogiorno la V Commissione della Regione Lazio. Deve esaminare la proposta di legge regionale n°55 del 26 luglio 2023: “Salvaguardia e valorizzazione dei dialetti del Lazio“.

La proposta di legge ha come firmatari i Consiglieri  Cosmo Mitrano, Fabio Capolei, Giorgio Simeoni, Mario Crea, Marika Rotondi, Laura Cartaginese, Edy Palazzi, Nazzareno Neri, Giuseppe Cangemi, Angelo Tripodi, Emanuela Mari, Vittorio Sambucci, Laura Corrotti. Tutti della coalizione di centrodestra che sostiene il Presidente della regione Francesco Rocca.

Sette articoli per difendere il dialetto

Si tratta di sette articoli che mirano alla salvaguardia dei dialetti parlati nel Lazio. Prendono origine da un recente studio dell’Unesco: l’Italia è uno dei Paesi al mondo con più varietà di dialetti. Ogni comune infatti ne possiede uno. Per molti anni i dialetti sono stati però dimenticati e accantonati.

La scomparsa dei dialetti è stata accelerata dal dopoguerra, viene ricondotta a una scelta precisa da parte di chi governava all’epoca, “perché il Paese aveva bisogno di affermare la propria lingua ufficiale“. Vero. Ma in quel tempo cominciava anche ad affermarsi la televisione: entrava nelle case e piallava il linguaggio locale sostituendolo con quello universale.

Somigliano all’italiano perché provengono dall’origine comune, cioè dal latino volgare e quindi fanno parte alla medesima famiglia neo-latina. Più precisamente, i dialetti sono l’evoluzione dei tanti volgari in cui il latino si frammentò dopo la caduta dell’Impero romano. E che non ebbero la fortuna di essere scelti come lingua nazionale. Pier Paolo Pasolini, nello spiegare le ragioni che portarono alla formazione della lingua italiana, ribadì: “Mentre per altre lingue europee, come il francese, la loro istituzione fu dettata da motivi politici, burocratici e statali, l’italiano nacque attraverso la letteratura. Affiancati alla lingua italiana ci sono i dialetti veri e propri che sono delle lingue potenziali che però non sono mai giunte al grado di lingua, perché soppiantate dal prestigio letterario del fiorentino“.

I tre dialetti del Lazio

Foto © Gianna Reale

I dialetti del Lazio sono classificati entro tre gruppi fondamentali: dialetti italiani mediani, dialetti italiani meridionali e dialetti veneti. Ai dialetti italiani mediani appartengono il romanesco, il dialetto sabino, il dialetto laziale centro-settentrionale e i dialetti della Tuscia viterbese; ai dialetti italiani meridionali appartiene il dialetto laziale meridionale e quindi il ciociaro; ai dialetti veneti appartiene il dialetto venetopontino.

La proposta di legge che verrà discussa in Commissione cultura si pone l’obiettivo di riconoscere, preservare e valorizzare l’importante patrimonio culturale costituito dai dialetti. Vuole promuovere un’azione di tutela, recupero, conservazione e valorizzazione delle testimonianze culturali, storiche e linguistiche che legano le comunità al proprio territorio. Si punta allo sviluppo della ricerca storica e linguistica sull’intero territorio regionale, alla pubblicazione di studi, ricerche e documenti, la valorizzazione della lingua e della toponomastica. E poi all’organizzazione di manifestazioni rivolte alla valorizzazione di usi, costumi e tradizioni proprie delle comunità.

Quelli che scrivono ciociaro

Amedeo Di Sora

Diversi sono stati, tra contemporanei e non, gli scrittori che hanno celebrato attraverso vere e proprie opere letterarie, il dialetto ciociaro.

Come non ricordare ad esempio il frusinate Paolino Colapietro, scomparso nel 2000: probabilmente uno dei più grandi poeti dialettali di Frosinone provincia. Il suo estro creativo non conobbe limiti nello scolpire nella Storia locale fatti, personaggi, ambienti, caratteri, paesaggi e sentimenti peculiari della Ciociaria.

Oppure l’altro poeta dialettale di Sgurgola, Attilio Taggi. È sepolto nel cimitero di Sgurgola, e sulla sua tomba sono incisi questi versi tratti dalla sua poesia “La morte de glio povéta”: Piagnate, génti belle, nate incima / pe’ sse colline piene de maggia, / s’è mórto chi cantà la “Ciocia” nrima, / glio ruscignólo de lla Ciociaria!

Sempre come celebrazione del dialetto  è opportuno ricordare anche il giornale satirico di carnevale “La Uespa“, scritto interamente in dialetto ciociaro, diretto da Amedeo Di Sora. Una pubblicazione sempre molto attesa da leggere rigorosamente in dialetto che costituisce una testimonianza e una importante conservazione del Ciociaro.

Ci sono pure i soldi

(Foto: Regione Lazio Press Service)

L’articolo 2 della legge prevede la promozione di studi e ricerche sui dialetti locali in collaborazione con Università e centri di ricerca, l’organizzazione di seminari, convegni, corsi di aggiornamento, manifestazioni, spettacoli e altre produzioni artistiche, la costituzione di un fondo bibliografico specialistico ed un archivio documentale liberamente consultabili on-line. Accanto a queste azioni sono previsti progetti didattici rivolti alle nuove generazioni ed il sostegno a manifestazioni artistiche e letterarie di vario genere.

Mentre l’articolo 6 presenta la norma finanziaria. Prevede, per l’attuazione della legge, uno stanziamento pari a 200mila euro per l’esercizio finanziario 2023-2024-2025.

E volendo usare una celebre espressione ciociara usata da un artista ciociaro doc come Nino Manfredifusse ca fusse la vota bona“.