Il premier Draghi fa tremare i muri del consiglio dei ministri, i Cinque Stelle si arrendono sulla prescrizione. E nella partita per la leadership interna il ministro degli esteri fa capire che alla fine vince sempre lui. E chi sennò?
Basterebbe il titolo de Il Fatto Quotidiano (Cinque Stelle in prescrizione) per avere il senso dell’ennesima Caporetto dei pentastellati. Ieri, sulla riforma della Giustizia, il premier Mario Draghi ha fatto letteralmente tremare le pareti in consiglio dei ministri. (Leggi qui)
Spiegando a muso duro ai 5 ministri grillini che senza la riforma della Giustizia, l’Italia poteva scordarsi i finanziamenti del Recovery Plan. Draghi ha così blindato il testo della ministra Marta Cartabia. Chi non fosse stato d’accordo doveva avere il coraggio di “strappare” e uscire allo scoperto.
Fanpage scrive: «I pentastellati hanno poi cambiato idea quando sono state introdotte alcune modifiche, ad esempio i reati contro la Pubblica amministrazione come corruzione e concussione tra quelli per cui sono previsti tempi di processo più lunghi».
La Riforma: dalla prescrizione ai reati gravi
Ma cosa prevede il testo ratificato ieri dal governo?
«Per quanto riguarda appunto la questione maggiormente divisiva, quella della prescrizione, di fatto si conferma la disciplina attuale che prevede la caduta della prescrizione dopo la sentenza di primo grado – scrive Fanpage – Per i processi di Appello si stabilisce un tetto massimo di due anni, mentre per quelli di Cassazione la durata massima sarà di uno».
«Via libera a un’ulteriore proroga di 12 mesi nel caso dei reati gravi, come quelli di mafia o di violenza sessuale, ma anche, appunto, corruzione e concussione – si legge ancora –. Sono invece esclusi i reati che imprescrittibili, cioè quelli per cui è previsto l’ergastolo, per i quali non ci saranno limiti».
La débacle di Due stelle e mezza
È sulla prescrizione che si è consumata la sconfitta di una parte dei Cinque Stelle. Perché ancora una volta a mettere in difficoltà sia il Governo che la maggioranza è stata la frattura all’interno del Movimento.
Da una parte c’erano, sostenuti dal potentissimo direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio – che infatti stamattina dice chiaramente che i Cinque Stelle si sono calati le braghe davanti a Draghi – ovvero l’ex ministro Alfonso Bonafede e tutta l’area contiana. (Leggi qui)
Perché è evidente che l’unico obiettivo di Giuseppe Conte è quello di mettere in difficoltà Mario Draghi. Ma ci ha pensato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a ribaltare la situazione, a far vincere ancora una volta la linea governista. E tutto questo, in piena trattativa all’interno dei Cinque Stelle per trovare una soluzione al braccio di ferro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, ha avuto anche un altro effetto: indebolire la posizione di Giuseppe Conte. Rafforzando proprio quella di Luigi Di Maio.
La spaccatura tra Contiani e Governisti
Il Giornale di Augusto Minzolini ha spiegato: «Da un lato Conte, dall’altro il vasto fronte dei “governisti”. Da una parte l’avvocato che per tornare a Palazzo Chigi punta su una solida alleanza con il Pd, dall’altra il gruppo dirigente che vorrebbe mantenere il Movimento il più autonomo possibile».
«Mentre sulla Rai Mario Draghi annuncia di voler fare da solo su presidente e Ad, con i grillini che ancora non riescono a trovare un nome per il Cda, il nodo di giornata è stato sulla riforma della giustizia della Guardasigilli Marta Cartabia».
«Come ampiamente prevedibile, il partito si è spaccato. I contiani, guidati dal capogruppo al Senato Ettore Licheri e dal ministro per le Politiche Agricole Stefano Patuanelli, hanno provato fino all’ultimo a marcare le distanze con il resto della maggioranza».
Spazzacorrotti in soffitta: vince Di Maio
«“Ci dobbiamo astenere, questa mediazione è inaccettabile”, tuonano per tutta la giornata dalle parti dell’avvocato di Volturara Appula. Licheri, nella riunione con i big di governo, chiede ai ministri di non votare il testo che manda in soffitta la “spazzacorrotti” dell’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Davide Crippa, presidente dei deputati, vicino a Grillo, dice che bisogna andare a vedere la proposta del duo Draghi-Cartabia».
«Vince la linea dei “governisti”. Il M5s vota a favore in consiglio dei Ministri, convinto dall’allungamento dei tempi per la prescrizione in Appello a tre anni e a un anno e mezzo in Cassazione per alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione, tra cui corruzione e concussione».
Giuseppi, quanto sa di sale lo pane altrui
«”Qui nessuno ha intenzione di andare a casa prima del tempo, la maggioranza dei parlamentari non vuole mettere in difficoltà il governo”, spiega la situazione un deputato grillino. Alessandro Di Battista arringa dalla Bolivia, bollando la riforma-Cartabia come “un maxi-regalo all’impunità”».
«Delusi i contiani, che provano a rilanciare promettendo miglioramenti del testo in Parlamento. Di fatto, vince la linea governativa, tutt’altro che ostile a Draghi, incarnata anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio».
Perché alla fine nei Cinque Stelle vince sempre Luigi Di Maio. Il quale sul tema della riforma della Giustizia ha fatto capire a Giuseppe Conte “quanto sa di sale lo pane altrui”. In altre parole che nei Cinque Stelle è un ospite.