Operazione all'alba di carabinieri e polizia coordinati dall'Antimafia. L'accusa: 45mila euro per comprare preferenze con cui eleggere il leghista Adinolfi alle Comunali di Latina del 2016. "So che non ho fatto nulla”
Dietro quella massa di voti c’erano i clan, una parte della montagna di preferenze ottenuta a Latina dal capolista di Salvini Matteo Adinolfi erano stati comprati con 45mila euro versati ai boss: la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ne è certa. E per questo ipotizza il reato di “scambio elettorale politico mafioso” dietro alle elezioni Comunali di Latina del 2016.
Carabinieri e Polizia di Stato all’alba hanno messo agli arresti domiciliari l’imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete ed il suo collaboratore Emanuele Forzan. Indagato Matteo Adinolfi che oggi è parlamentare europeo della Lega a Bruxelles e Strasburgo. La firma sotto al provvedimento è della di Roma sulla base degli indizi raccolti con due diverse indagini: una del Reparto Territoriale di Aprilia ed una delle Squadre Mobili di Latina e Roma, con il supporto del Servizio Centrale Operativo.
Si parte da Touchdown
I primi elementi li hanno raccolti dai carabinieri con l’indagine Touchdown. Lì è nato il sospetto che Raffaele Del Prete avesse messo sul tavolo una somma per ‘sostenere’ il candidato leghista alle elezioni comunali di Latina. Una somma ‘non dichiarata’ ufficialmente. Ma soprattutto – dicono gli indizi – versata a membri del Clan Di Silvio. Soldi con i quali assicurare almeno 200 voti al capolista Matteo Adinolfi candidato nella lista ‘Noi con Salvini‘. I voti dovevano uscire dai quartieri di Latina sotto l’influenza criminale del clan.
Altri elementi nel frattempo li raccoglieva pure la polizia impegnata in un’altra indagine. A raccontare l’aiuto alle elezioni di Latina sono stati due collaboratori giustizia: Agostino Riccardo e Renato Pugliese. Il primo racconta di avere fatto da tramite per l’accordo.
Mette a verbale e racconta. Rivela che era una sorta di ambasciatore del Clan Di Silvio per curare i rapporti con la politica. E che l’input era di sostenere l’elezione di Adinolfi facendo opera di persuasione nell’ambiente e garantendo l’attacchinaggio dei manifesti.
Tre tranche
Il resto delle indagini porta a raccogliere altri dettagli. Secondo i quali i 45mila euro vengono pagati in tre tanche da 15mila. Il pagamento, dice il provvedimento eseguito all’alba, avviene all’interno dell’azienda.
Attenti alle forme, gli ambasciatori delle due parti stabiliscono che nessuno degli appartenenti alla famiglia Di Silvio si sarebbe dovuto presentare presso la sede del Partito. Propio per evitare che quell’intesa si sviluppasse alla luce del sole. Per tenere i contatti con il clan – dice l’accusa – l’imprenditore avrebbe fatto riferimento esclusivamente ad Agostino Riccardo.
Adinolfi, so di avere fatto nulla
Nel pomeriggio il parlamentare europeo ha rotto il silenzio. Lo ha fatto per rilasciare una brevissima dichiarazione alle agenzie di stampa. Nella quale dice: “Vediamo cosa dicono le carte. Io ho fiducia nella magistratura e so che non ho fatto nulla“.