Il lungo autunno di Simone Churchill Costanzo

di CARLO ALBERTO GUDERIAN
già corrispondente Associated Press da Mosca

Lo capì addirittura Winston Churchill che con stile tutto british incassò la defenestrazione da parte del suo popolo quando dovette cedere il passo a Clement Attlee pur dopo aver difeso la nazione sull’orlo del baratro nazista: se sei leader di guerra, difficilmente potrai essere anche guida in tempo di pace. Certo, ad Eisenhower in America toccò sorte assai diversa, ma lui aveva vinto forse più di tutti il secondo conflitto mondiale e, si sa, nel modo tutto yankee di intendere le cose, il veterano di guerra tira, e parecchio.

Fatte le debite proporzioni – anche se con la stazza ci staremmo pure, ma si scherza, per carità – chi rischia invece la sorte di Churchill è il nostro buon Simone Costanzo da Coreno Ausonio ed attuale Segretario provinciale del PD, dal percorso talmente accidentato che il viaggio di Enea con povero Anchise sulle spalle a confronto potrebbe sembrare una crociera ai mari caldi dell’oriente.

In comune c’è proprio il fatto di essere diventato leader provinciale dei democratici in tempo di guerra, in condizioni di guerra e con battaglie – anche legali – all’ultimo sangue, quale fu il congresso del 2013 che, come ogni guerra che si rispetti, lasciò solo macerie e cocci sparsi per tutta la provincia, e mentre si cerca ancora di rimetterli assieme, intanto i voti amministrativi hanno segnato disfatte e umiliazioni senza precedenti per il partito.

E questo è purtroppo il segno della forte differenza che caratterizza il cammino e l’opera del segretario provinciale Costanzo.

Lui, segretario di guerra, che ha inanellato una serie di errori e insuccessi tale che confermarlo anche in tempo di pace, sarebbe davvero ardito. Sempre ammesso che quella improvvisamente scoppiata nel PD in vista del congresso di san Valentino – un ossimoro, più che un evento – sia pace vera e non semplice cessate il fuoco, o mera tregua armata. Una cosa è certa, Costanzo rischia di farne le spese con tutte le penne se non inverte decisamente la rotta, come quegli allenatori di calcio cui, dopo aver perso quasi tutte le partite, è il destino più che il presidente di turno a dare il famoso ultimatum.

Ci ha messo del suo, Simone. Si è staccato con virulenza da Francesco Scalia cui pur era legato a doppio filo da una vita… politica. Ha contestato con grande durezza l’operazione Sara Battisti nel 2012, eppure proprio con lei ha invece poi intrapreso un’appassionata storia d’amore politico. Proprio colei dalle cui denunce partì quella colata di fango e umiliazione sui militanti del territorio di cui parlò l’Italia intera in occasione dell’ultimo congresso provinciale… ma tanto a lei cosa importava, una carriera costruita esclusivamente sulle nomine partitiche di certo non poteva tenere anche conto che le tue battaglie politiche le puoi sì condurre, ma attenta a mettere alla berlina la gente, quella che ci mette la faccia sul territorio, un giorno potresti avere bisogno di loro e il militante si sa, ha la memoria da elefante! L’equilibrio per Simone si completava quindi con la componente di Francesco De Angelis e, complici le incombenti amministrative e, soprattutto, le europee che imponevano di avere una guida, riuscì a diventare quasi con la forza ciò che con la pace (e già questo avrebbe dovuto essere un segnale da interpretare) non gli era riuscito, diventare finalmente segretario provinciale.

E poi? E poi un disastro dopo l’altro. Divenuto segretario, il buon Simone decide semplicemente di eclissarsi e chiamarsi fuori dalla imminente campagna elettorale, quella per cui si era deciso di trovare proprio su di lui un equilibrio politico. Così, anziché battere in lungo e largo la provincia per darsi una legittimazione politica autentica, decide di candidarsi alla carica di sindaco nella sua Coreno (sic!), e perde, ma resta lì! Avrebbe dovuto essere il valore aggiunto per la campagna dell’europarlamentare locale uscente, ma niente di fatto, perde anche lui, ma Simone resta lì! Nomina la segreteria del partito più elefantiaca di sempre, polemiche e lame incrociate a non finire, ma resta lì!

Affronta petto in fuori la partita delle nuove elezioni provinciali, ma si perde nelle infinite trattative mentre gli altri fanno gli accordi, quelli veri, e, indovinate un po’, perde… ma resta lì! Affida allora la guida della Commissione di garanzia alla pur autorevolissima figura di Lino Diana, ma si inventa interpellanze assurde per chiedere alla commissione di intervenire addirittura d’ufficio (sic!) sul tesseramento di alcuni circoli, oppure di invocare la sanzione e l’epurazione dal partito del presidente della provincia e di un senatore della Repubblica all’indomani delle elezioni provinciali, ma anche lì perde la sua battaglie, e anche qualche pezzo della commissione stessa che pur dalla sua componente proveniva, ma resta lì!

Arrivano le amministrative e il capolavoro al contrario, nel mondo alla rovescia in cui è un successo collezionare sconfitte, si completa. Disfatte a Ceccano – chiedete a qualche anziano in famiglia di qualunque estrazione politica, cosa abbia significato Ceccano per la sinistra del territorio, e capirete… –, e poi a Pontecorvo, centri dove il PD quasi viene cancellato dai risultati elettorali. Ed ora la babilonia di Cassino, dove sembra quasi che all’intervento del segretario, preferiscano colare a picco da soli, magari anche dopo qualche scongiuro….

Eppure è ancora lì! Perché? Beh, fino a qualche settimana fa sembrava quasi scontato: c’era a sostenerlo la stabile maggioranza interna del partito e quando si sarebbe finalmente deciso di tenere il congresso, questa volta lo si sarebbe vinto a mani basse e, quindi, una volta legittimato ab origine il nostro Simone avrebbe finalmente potuto dimostrare di che pasta è fatto. Ma c’è un evento imprevedibile occorso ultimamente a frapporsi sul cammino – ormai costantemente accidentato – di questa sorta di segretario-travicello: e l’imponderabile si chiama Italicum. Già, la nuova legge elettorale che lascerà molti caduti sul campo ma che, nel tentativo di provarci tutti, impone nuovi equilibri provinciali poiché per le candidature ci sarà spazio per pochissimi… ed allora ecco che nella sintonia ritrovata tra Francesco&Francesco, può valere bene sacrificare il vitello buono – sempre politicamente, s’intende – e trincerandosi dietro la fortezza necessaria del congresso unitario, al povero Simone si sta scavando un fosso sotto i piedi, nel quale scaraventarlo senza pietà alla prima occasione. In favore di quel Domenico Alfieri, che almeno qualche elezione l’ha vinta, o addirittura di quella Sara Battisti che, come una mantide – sempre politicamente, s’intende – divora dolcemente tutti i suoi amanti per rafforzare la sua carriera, sempre rigorosamente all’insegna dei soli ruoli di partito, con buona pace dell’attuale Segretario.

E pensare che Costanzo ci aveva visto giusto giocando d’anticipo col renzismo quando questo era ancora religione eretica prima di evolversi in dogma di massa nel PD, ergendosi in provincia a primo vero referente di Matteo. Ma poi tutto è cambiato, in peggio, e barcamenandosi tra scelte fatte in autonomia quando era meglio condividerle, e scelte fatte in condivisione quando era meglio procederle autonomamente, ora Simone si deve accontentare di fare il comprimario in quota Dario Franceschini, uno che però si è dovuto convertire per darsi una nuova vita politica e per cui, ovviamente, sarà assolutamente prioritario salvare se stesso, mica gli altri. Come per Bruno Astorre.

Ora è fondamentale non sbagliare più. Domani c’è l’iniziativa a Cassino, una prova di forza con cui Simone Costanzo vuole portare sul suo territorio un bilancio dei primi 18 mesi di governo Matteo Renzi, quando in realtà si tratta di una convention-referendum su se stesso, e lo fa con una parata di big tra cui, tuttavia, risuona assordante l’assenza di quella componente che pure è ed è stata l’azionista di maggioranza della sua ascesa alla segreteria provinciale, mentre si assiste invece al ritorno di fiamma di Scalia, e tutto ciò di certo non può essere un caso…

E’ segno che Simone ha capito che per lui le trame sono oscure e più che essere l’oggetto delle scelte future, rischiava di fare da strapuntino ad incoronazioni altrui: solo il tempo dirà se è la mossa giusta per darsi una nuova verginità politica magari finalmente vincente, e se quello che è un autunno caldo potrà trasformarsi per lui in una mite primavera o in un perenne gelido inverno, ma siamo davvero sicuri che stavolta le mosse siano quelle giuste?

Insomma, riuscirà Simone come Churchill nel ‘51 a prendersi la sua rivincita??