Il Tar accoglie due ricorsi e condanna l'Ater a dare all'ex direttore Nicoletta Paniccia tutte le carte che ha chiesto sul direttore Serafini. Le servono per dimostrare che l'hanno licenziata senza motivo
L’Ater di Frosinone ha trenta giorni di tempo per mettere a disposizione del suo ex direttore Nicoletta Paniccia tutti i documenti che ha richiesto. A partire dalle copie dei compensi “di qualsiasi natura” conferiti al suo successore Massimo Serafini per la carica di direttore generale dell’Ater, nonché gli importi dei rimborsi per i viaggi di servizio e le missioni missioni. Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio accogliendo due ricorsi del professor Francesco Scalia.
L’azienda regionale delle Case Popolari è stata condannata due volte a pagare: 1.500 euro per il primo ricorso più altri 4mila per il secondo; in entrambi i casi sono solo spese di giudizio.
Il licenziamento in tronco
Tutto nasce dalla decisione presa da Ater nel novembre 2022 di licenziare la sua dirigente. La dottoressa Nicoletta Paniccia non è una funzionaria qualsiasi: è dirigente Ater a tempo indeterminato dal 2009 e nel periodo da ottobre 2015 a febbraio 2020 è stata addirittura Direttore Generale, tornando poi alle sue precedenti mansioni di Responsabile interno dell’Anticorruzione.
Il 25 novembre scorso Ater decide di licenziarla: l’aveva sottoposta a procedimento disciplinare il 5 ottobre precedente. Perché la licenzia? Tra i motivi indica “del licenziamento, “l’indebita percezione delle somme risultanti dalla differenza tra il superminimo indicato nel contratto da dirigente stipulato nel 2009 all’atto dell’assunzione e la retribuzione effettivamente erogata”. Più semplice? La dottoressa Paniccia aveva un contratto da dirigente che prevedeva un superminimo: Ater ritiene che si sia liquidata somme ben più alte del pattuito.
Il ricorso al Tar
Il caso finisce davanti al Tar quando la dirigente licenziata chiede una serie di documenti. E tra questi ogni forma di retribuzione liquidata al suo successore Massimo Serafini. Ma gli vengono negati. Perché? Ater sostiene che non siano attinenti alla vertenza: in discussione c’è la debenza cioè quanto era effettivamente dovuto alla dottoressa Paniccia, non al suo successore.
Una tesi che viene impugnata davanti al giudici amministrativi dal professor Francesco Scalia. Evidenziando che i pagamenti a qualsiasi titoli avuti da Serafini servono per fare un paragone con ciò che è stato pagato a Paniccia, in quanto i due direttori avevano un contratto sostanzialmente simile. Se a Paniccia non erano dovute alcune voci allora non devono essere nemmeno nei pagamenti a Serafini.
Inoltre nel ricorso si fa notare che quei documenti non solo non dovevano essere negati ma nemmeno ci sarebbe stata necessità di chiederli in quanto dovevano essere pubblici in base all’articolo 14 del decreto legislativo 33 del 2013; ma non sono mai stati resi pubblici dall’Ater.
La differenza c’è
Il ricorso inoltre spiega che le somme in più Nicoletta Paniccia non sono rimborsi gonfiati né somme illegittime. E Allora? “Le somme in questione sono state corrisposte alla ricorrente in parte a titolo di risarcimento danni a seguito di transazione stipulata con l’Ente”. E l’altra parte? “Sono state percepite a titolo di indennità di funzione quale Direttore Generale dell’Ente, ancorché siano state imputate dalla Responsabile del servizio a titolo di superminimo”.
Ecco a cosa servono le carte di Serafini. A vedere se pure lui percepiva l’indennità di funzione. Che – sostiene il ricorso – sono state pagate anche a Paniccia ma scrivendo erroneamente sui cedolini che fosse un superminimo.