La scelta di Marta: “Voglio le Primarie per tenere unito il campo”

È la capogruppo in Regione Lazio della civica di Zingaretti. E si è candidata alle Primarie che ne designeranno l'erede. Non per dividere. Ma per ricordare al Campo Progressista una serie di cose. E di errori da non ripetere

In Regione ha portato una sensibilità in più. Quella di tanti mondi troppo piccoli che altrimenti non avrebbero mai trovato rappresentanza in Aula. Quei mondi che affollano le sue piazze quando convoca una riunione, tiene un comizio, organizza una festa. L’ultima, Marta Bonafoni l’ha organizzata nei giorni scorsi per dire che le Primarie non sono solo del Pd e che non ci sono solo i maschi. Si è candidata.

Parteciperà a quelle Primarie. Che designeranno l’erede di Nicola Zingaretti per guidare il campo dei Progressisti. Non lo fa per dividere. Ma per unire. E dire proprio al suo campo, che è arrivato il momento di aprirsi. E non di cedere alla tentazione di tornare a chiudersi. (Leggi qui i precedenti).

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Marta Bonafoni
Le Primarie non sono il fallimento della politica?

Direi questo: ci sono primarie e primarie, quelle costruite per contarsi e quelle invece utili a contare dentro una dimensione sociale. Capaci cioè di coinvolgere di qui in avanti il popolo progressista verso la costruzione del Lazio del futuro.

E lei quali Primarie preferisce?

Va da se che fra le due opzioni io voti la seconda, ma il punto non mi pare questo.
O almeno non solo.

E quale sarebbe?

Il punto è presentarsi al meglio all’appuntamento del prossimo anno, dove il Lazio arriva dopo i dieci anni di governo capace e visionario di Nicola Zingaretti. Ma anche dopo una crisi che, da economica, nell’ultimo biennio si è fatta pandemica e quindi sociale. Dovendo attrezzarsi per cogliere al meglio tutte le opportunità che arriveranno grazie ai 16 miliardi circa tra fondi del PNRR e nuova programmazione dei Fondi europei.

Ecco, io credo che per presentarsi al meglio all’appuntamento elettorale del 2023 servano primarie aperte. Cioè primarie giocate non esclusivamente dentro il recinto del Partito Democratico.

Ha deciso di partecipare: non le piacciono gli altri candidati o intendeva mandare un segnale politico?

Impossibile dire che non mi piacciano gli altri candidati, si tratta di persone e amministratori stimatissimi, con due dei quali tra l’altro lavoriamo in squadra da quasi dieci anni.

E allora?

Io ho detto una cosa diversa: a fronte del “laboratorio politico Lazio”, che lo stesso presidente Zingaretti in questi anni ha voluto plurale e aperto anche alle esperienze civiche più significative della nostra Regione, animato da tantissimi giovani e da una moltitudine di intelligenze femminili, la fotografia delle primarie come si andava configurando (tre uomini, tutti e tre del Pd) mi è parsa insufficiente. Da qui l’esigenza di scompaginare, di mettere una pietra in mezzo a un percorso troppo stretto rispetto alla strada ambiziosa che dobbiamo tracciare.

Quanto sarà largo il Campo del dopo Zingaretti?

Il Campo del dopo Zingaretti dovrà ripartire da quanto in questi anni con Zingaretti abbiamo costruito: l’alleanza più larga d’Italia – da Azione ai Cinque stelle – ma sempre partendo da un quadro di valori condivisi e da contenuti forti, che dal nostro punto di vista non possono che ispirarsi alla lotta per la giustizia sociale e per la giustizia climatica.

Cosa hanno insegnato le recenti Comunali, che hanno coinvolto tre capoluoghi nel Lazio?

Che c’è un nuovo giocatore in campo che in questo momento indossa la maglia numero 10 anche nel Lazio: è il popolo degli astenuti e delle astenute. Come anche le ultime amministrative ci hanno dimostrato, ormai quello dell’astensione è di gran lunga il primo partito del Paese.

Strascichi dell’antipolitica?

Bene, sa che le dico? Quella non è antipolitica, chi ha deciso di non recarsi alle urne in questo giugno elettorale non è un antisistema. Sono donne e uomini alla ricerca di una proposta politica nuova, capace di riconquistare la loro fiducia e una dimensione di speranza. Noi dobbiamo avere queste persone come nostro assillo, altroché le risse dentro le segreterie dei Partiti o fra questa e quella forza politica. Proviamo a essere convincenti, a farci capire. A dire ai cittadini e alle cittadine del Lazio come intendiamo cambiare in meglio la loro vita nei prossimi 15 anni.
Questo deve essere il nostro compito.

Con la sua presenza, queste Primarie non sono più una faccenda solo del Pd

Le racconto una cosa. Lo scorso 20 giugno ci siamo dati appuntamento al Mandrione per fare il tagliando al percorso verso le primarie prima di partire. Con me sul palco c’erano la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein, Fabrizio Barca, il sociologo antimafia Marco Omizzolo e la scrittrice femminista Giulia Blasi, la deputata ecologista Rossella Muroni e la consigliera comunale di Latina Valeria Campagna, l’assessora alla scuola di Roma Claudia Pratelli e il consigliere municipale Filippo Riniolo, Annalisa Corrado di Green Italia. Ma soprattutto, attendevamo due trecento persone all’evento, e alla fine di una serata straordinaria ne abbiamo contate più del doppio oltre a quelle che ci hanno seguito dai canali social.non sono le primarie a non essere una faccenda solo del Pd, è il popolo del centrosinistra ad essere molto più ampio, eccedenza rispett ai Partiti tradizionali. Noi dobbiamo includerlo.

Massimiliano Smeriglio e Marta Bonafoni
Smeriglio propone di congelarle e rinviarle: dove sbaglia?

Non mi interessa dare i voti a Smeriglio oggi, mi piace di più dire dove sono d’accordo con lui. Sono d’accordo con Massimiliano Smeriglio quando, era l’11 gennaio scorso, dice “prima la coalizione e poi le scelte sul programma e la leadership che possono avvenire in maniera partecipata con le primarie”. Mi aveva convinto allora, ne sono ancora più convinta oggi. Tanto è vero che il 6 luglio partirò con il “Tour dei desideri” del Lazio che farà tappa in decine di luoghi della nostra Regione per incontrare amministratori, forze civiche e associative, una “effervescenza sociale” che è la grande bellezza del Lazio.

Zingaretti non designa un erede, non lascia un’indicazione: perché?

Zingaretti in questi anni ha fatto di più che designare un erede, ha permesso a una nuova classe dirigente di crescere e di maturare al suo fianco, forte, coesa e leale. Ora noi più di lui portiamo sulle nostre spalle questa responsabilità: dobbiamo dimostrarci forti, coesi e leali affacciandoci alla prossima scadenza elettorale. Abbiamo tutte le carte in regola per essere all’altezza di questi dieci anni di storia.