Lavoro, tutta una storia basata sulla solidarietà

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STEFANO DI SCANNO per L’INCHIESTA QUOTIDIANO

Maurizio Stirpe, industriale di riferimento e portabandiera della provincia di Frosinone, è da giovedì anche il vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni industriali. Dalle sue scelte e prese di posizione deriveranno conseguenze concrete per i lavoratori italiani e, quindi, anche per tutti noi. Parliamo di un settore fortemente scosso dalle decisioni di Sergio Marchionne, andato dritto ad un contratto di lavoro separato dal resto della categoria dei metalmeccanici e calato ad hoc sulla realtà Fiat, con esclusione dal tavolo del confronto delle sigle non firmatarie e con direzione univoca verso il modello Usa di sindacato unico quale controparte dell’azienda. E’ uno schema che non rispecchia certo le tradizioni e la varietà di posizioni che storicamente si leggono nel Dna industriale e sindacale del Paese.

Anche Cgil, Cisl e Uil, in questo periodo, discutono di un nuovo progetto di relazioni industriali partendo da un punto fermo: il doppio livello di contrattazione, nazionale e aziendale. La tutela ed il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro rappresentano uno degli elementi distintivi della civiltà di una comunità nazionale. E l’Italia in particolare, con le conquiste che la vedono ancora oggi primeggiare nel mondo, non può dimenticare che la mediazione sociale tra lavoro e impresa ha radici nella carne viva del Paese. E’ appena il caso di ricordare che lo Statuto dei Lavoratori di Gino Giugni permise di far entrare la Costituzione italiana nelle fabbriche del Paese, proprio nel periodo dell’autunno caldo e della nascita della lotta armata. Fu uno dei passaggi decisivi per la vittoria sul terrorismo.

La storia anglosassone è differente dalla nostra e non giustifica lo sradicamento traumatico di una tradizione giuridica, sindacale e imprenditoriale che, comunque, ha utilizzato la contrattazione quale strumento di risoluzione dei conflitti. Le prove di forza alla Marchionne hanno per ora funzionato in Fca solo perché il gruppo automobilistico è l’unica realtà industriale che dimostra vitalità, capacità di competere a livello globale e investe risorse per nuovi modelli nei nostri stabilimenti, in un contesto di deindustrializzazione e di crollo di altri settori, a cominciare da edilizia e commercio.

Ma il rispetto del lavoro quale asse centrale del sistema produttivo impone che tra imprenditori e dipendenti ci sia cooperazione solidale. Lo spiegò mirabilmente lo stesso Sergio Marchionne in occasione dello spettacolare discorso tenuto all’Università di Cassino per ricevere la Laurea Honoris Causa, salvo poi comportarsi, non di rado, come un vecchio padrone accentratore. Per questo a Stirpe, più che i complimenti e gli inchini, va l’invito a ricordarsi del valore del sudore della gente che abita nei nostri borghi e che al mattino presto prende il bus per Piedimonte, o sale sul furgone diretto a Roma. Che merita lo stesso rispetto dell’impegno duro dei tanti imprenditori non assistiti e capaci di guardare in faccia i concorrenti interni e stranieri.

Lasci stare quelli che s’ispirano ai duelli texani. Da chi il lavoro ce l’ha, a chi l’ha perso o non l’ha mai avuto. Ieri sera ad Anagni L’Inchiesta Quotidiano, insieme al sito on line unoetre.it, ha lanciato una proposta alla Prefettura, ai Comuni, agli eletti, a tutte le attività produttive, a tutti i lavoratori. La creazione di un fondo che soccorra le famiglie rimaste senza reddito. Ce ne sono 352, di dipendenti ex Videocon, che da giugno non percepiranno neppure l’assegno di mobilità. Ma nessuno sembra particolarmente accaldato nel correre ai ripari. La formula proposta per istituire rapidamente il “nostro” Fondo per la Dignità dei Lavoratori (la leggerete in altra parte del giornale) è semplice, lineare e senza ombre perché gestita interamente dal Palazzo del Governo e da funzionari degli Interni (ammesso che l’accetteranno). I vantaggi? E’ un intervento di immediata attuazione e che può dare “frutti” sin dal mese di giugno 2016; restituisce a tanti la speranza, assicurando immediate certezze a famiglie che vivono come un dramma la “dead line” del giugno 2016; è un intervento che nasce dal territorio visto che si basa esclusivamente sulle sue forze; alimenta la concreta solidarietà fra chi ha e chi non ha. Dà dignità ai lavoratori. Risponde concretamente e immediatamente, nell’attesa di interventi più complessi di istituzioni che fino ad oggi hanno profilato solo vaghi progetti basati su fondi europei. Nessuna carità, nessuna questua. Può diventare una esperienza pilota in Italia e una prova che il nostro territorio, nonostante tutto e tutti, può ancora farcela da solo.

 

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