Lo zinco alla Saf? Veniva da Latina. Tutto funzionava bene

Risolto il caso dello zinco oltre i limiti che da ottobre aveva bloccato la Saf di Colfelice. L'impianto riparte al 100%. La task force di esperti: "Fenomeno occasionale, zinco arrivato dall'esterno, nel periodo dei rifiuti conferiti dalla provincia di Latina”

Siamo stati fermi tre mesi mesi ad abbiamo pagato milioni di euro. Li abbiamo spesi per mandare lungo l’Italia decine di camion con i nostri rifiuti: non serviva, non era indispensabile. L’impianto pubblico Saf di Colfelice per la lavorazione dei rifiuti funziona benissimo: non presenta né difetti né anomalie. Ha sempre funzionato dannatamente bene in questi ultimi anni. Allora perché da ottobre lo abbiamo fermato? Perché abbiamo smesso di lavorare i nostri rifiuti? Perché li abbiamo caricati sui camion mandandoli a passeggio per l’Italia?

La reazione della Task Force

Il presidente della Saf Lucio Migliorelli

La risposta sta nella relazione consegnata in queste ore a Lucio Migliorelli, presidente della società pubblica formata da tutti i Comuni della provincia di Frosinone in parti uguali, a prescindere da quanti abitanti hanno e quanta immondizia producono.

A scrivere quella relazione è stata la task force voluta dalla governance aziendale Saf. È un gruppo di lavoro composto da docenti universitari ed esperti di fama nazionale nell’esame dei materiali. Ha effettuato una approfondita indagine interna: campionato, analizzato, monitorato i metalli presenti nello stabilimento Saf. Sono stati incaricati di verificare tutte le possibili cause che hanno comportato i livelli anomali di zinco, registrati nel corso di un controllo compiuto ad ottobre.

Il gruppo ha condotto esami sul rifiuto in ingresso nell’impianto, studiato ed analizzato le varie fasi di lavorazione, passato al microscopio il prodotto finito, messo sotto esame finanche l’impianto stesso. Il tutto al fine di ottenere risultati attendibili al di là di ogni ragionevole dubbio. E per essere certo che non si creassero nemmeno per errore eventuali zone d’ombra, il coordinamento scientifico ha informato passo per passo tutti gli enti interessati aggiornandoli sugli esiti, anche intermedi e parziali, di tutta l’attività svolta. 

La scoperta dello Zinco

Una delle linee di lavorazione della Saf

Il caos è partito in estate: da un controllo effettuato non a caso. Tutto nasce ad agosto quando la società Ecoambiente (gestore della discarica di Albano) chiede all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente di verificare la composizione dei rifiuti lavorati dall’impianto Saf e poi portati ad Albano. Arpa Lazio procede. E riscontra la presenza di zinco oltre i limiti: 9,6 mg/l contro un tetto fissato a 5 mg/l.

Non solo. Sebbene non sia esplicitamente previsto dalla norma per quel tipo di materiale, viene verificato l’Indice Respirometrico Dinamico Potenziale. È un test per capire quanto ‘respira’ ancora il rifiuto. Serve a capire se c’è stata una adeguata separazione tra il rifiuto secco e quello organico. I test registrano una ‘biodegradabilità residua del prodotto‘.

In base a quei risultati, la discarica di Albano chiude le porte ai rifiuti Saf. Finiscono a Viterbo e Civitavecchia. Per cautela lo stabilimento di Colfelice ad ottobre viene fermato: la governance vuole capire da dove provenga lo zinco, se all’improvviso si sia scatenata una fonte interna, se arrivi dall’esterno ed eventualmente da dove. Nel frattempo i rifiuti partono dalla provincia di Frosinone e vengono raccolti da Saf. Poi vengono ricaricati sui camion e vanno in Puglia per essere lavorati. Quindi risalgono sui camion e vanno a Viterbo e Civitavecchia.

Veniva da fuori

Le risultanze delle indagini, rivela oggi la Saf danno come ipotesi più accreditata un’immissione anomala ed occasionale all’interno del rifiuto indifferenziato. Infatti, mai nel passato si era rinvenuta presenza del metallo in misura superiore ai limiti previsti dalle norme. Immissione che probabilmente ha avuto origine con la contestuale gestione della emergenza in provincia di Latina, verificatasi nei mesi a cavallo tra luglio ed agosto 2021, unita alle altre normali attività che Saf svolge a favore dei comuni”.

In pratica: veniva da fuori, veniva dai rifiuti arrivati dalla provincia di Latina, sostanze arrivate a Colfelice nei due mesi in cui il Pontino è andato in emergenza a bisognava evitare il collasso. 

Gli esperti ribadiscono che “ammesso che vi sia stato, sembra essere un fenomeno occasionale” poiché le analisi condotte all’interno dello stabilimento hanno stabilito che non c’è produzione di zinco nell’impianto nè sono state rinvenute altre fonti di zinco all’interno dello stabilimento stesso. Se ne deduce che lo zinco possa solo essere arrivato dall’esterno.

Funzionava tutto

LUCIO MIGLIORELLI

A questo punto Saf ha avviato le procedure per la ripresa a pieno regime di tutte le sue attività. Fine della giostra. “Siamo soddisfatti – ha commentato il presidente Lucio Migliorelliperché la task force ha confermato la bontà e la qualità del nostro lavoro. Ciò che è più importante per i cittadini è che a questo punto possiamo tornare a lavorare in totale sicurezza, evitando l’utilizzo di impianti fuori regione costosi in termini sia economici che di impatto ambientale”. 

Si torna a casa. Si torna al piano industriale approvato dai sindaci due anni fa: prevede la radicale trasformazione dello stabilimento di Colfelice. In pratica, passare dal tradizionale Tmb (impianto che effettua la trito vagliatura meccanica e biologica) ad una moderna Fabbrica dei Materiali capace di recuperare fino al 90% dell’indifferenziato che oggi finisce in discarica.

A che punto sono? “La fabbrica dei materiali e il nuovo impianto per la gestione del rifiuto organico – spiega il presidente Lucio Migliorelli – sono in attesa di ricevere le relative autorizzazioni necessarie alla loro realizzazione. Consentiranno l’ottimizzazione ambientale del ciclo, la riduzione dei costi e delle relative tariffe di accesso. Oltre che cospicui investimenti economici sui territori di riferimento”.