L’omicidio di Romina ci ha insegnato meno di niente

Centri anti violenza, case rifiugio per le donne maltrattate, leggi per punire il revenge porn e per parificare gli stipendi tra uomini e donne. Ma i femminicidi continuano. Mentalità sbagliata: “siamo costretti a leggere sui giornali il racconto del disagio di quell’uomo, di cosa lo ha spinto a compiere un gesto così brutale e non di cosa aveva da raccontare quella donna”

«Abbiamo messo su una rete di 28 centri antiviolenza e realizzato ben 12 case rifugio; varato la legge per il contrasto al Revenge Porn, la legge per la Parità Salariale fra uomini e donne, la legge per la parità nelle materie STEM; abbiamo lavorato sulla prevenzione nelle scuole e sulla formazione delle figure professionali; istituito il “Gratuito Patrocinio” per le donne vittime di violenza, il contributo di libertà e un fondo per gli orfani delle vittime di femminicidio. Eppure Romina non c’è più». Sara Battisti è vice segretario del Partito Democratico nel Lazio ed è presidente di Commissione in Regione. C’è lei dietro a molte delle norme che hanno ridotto le distanze tra il mondo maschile e quello femminile.

Non si dà pace. L’ultimo caso di femminicidio avvenuto nel suo capoluogo le ha lasciato un senso di amarezza. «Romina potevo e potrò essere io. Romina poteva e potrà essere ognuna di noi. È questo il pensiero che mi tormenta».

In uno dei suoi ultimi post, Romina aveva scritto a proposito della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: significa che la sensibilità sul tema siete riusciti a stimolarla.

«Ma non basta. Perché ci troviamo di fronte ad un’altra giovane donna uccisa dall’ex fidanzato che non accettava la fine della relazione. Aumenta il senso di amarezza proprio il fatto che in uno dei suoi ultimi post invitava gli uomini a distinguersi da chi le donne, invece di rispettarle, le maltratta».

Perché prova amarezza?

«Non riesco a smettere di chiedermi se, nonostante il lavoro fatto con le istituzioni e le associazioni, stiamo facendo davvero tutti il possibile».

Chi è il nemico?

«Ogni giorno in Italia una donna muore. A migliaia sono vittime di abusi fisici e psicologici. Possiamo approvare leggi, firmare protocolli e convenzioni e istituire tutti gli strumenti necessari alla loro applicazione. Ma non sarà tutto questo a cancellare il maschilismo che sta alla base della disparità in termini di opportunità e diritti».

Il problema è nella nostra mentalità?

«Il problema è culturale prima di tutto. Ha origine e dilaga in una società che, nonostante gli sforzi profusi ad ogni livello istituzionale, è ancora fortemente radicata su stereotipi che alimentano la disparità tra uomo e donna. Anche in questo caso ed in queste ore».

Perché ‘anche in queste ore’?

«Una tragedia di una donna uccisa. E la stampa parla solo di lui, dell’assassino; parla delle indagini e del successo delle forze dell’ordine. Lei non c’è. Una donna viene uccisa da un uomo che non riesce più a possederla, siamo costretti a leggere sui giornali il racconto del disagio di quell’uomo, di cosa lo ha spinto a compiere un gesto così brutale e non di cosa aveva da raccontare quella donna».

Quali sono gli stereotipi?

«Siamo nel 2022 e una donna è costretta a scegliere se costruire una famiglia oppure dedicarsi alla carriera; siamo nel 2022 ed esistono ancora mestieri per uomini e mestieri per le donne; ancora nel 2022 spesso le relazioni non sono un percorso di condivisione ma un esercizio di possesso e controllo; siamo nel 2022 e se un papà accompagna la sua bimba ad una visita, il medico chiede della mamma; siamo nel 2022 e ognuna di noi ogni giorno è costretta a combattere una battaglia personale, non per godere di diritti in più ma per avere pari diritti e dignità».

Sta dicendo che anche questo femminicidio ci ha insegnato niente?
La campagna anti violenza della Regione

«Siamo nel 2022 e la morte di Romina è responsabilità di una collettività che si indigna nell’immediatezza della tragicità dell’evento e, dal giorno successivo, ripropone gli stessi identici schemi che contribuiscono a dare linfa a quella ferita profonda che è la disparità tra uomini e donne».

Se tutte quelle leggi, quelle sollecitazioni, quelle campagne di educazione non sono bastate, allora cosa occorre?

«Il problema è tutto qui. Le cose cambieranno solo se avremo il coraggio e la coerenza di indignarci tutti i giorni e cambiare collettivamente il punto di vista, provando a costruire una società in grado di vivere pienamente la parità, a partire dall’educazione che impartiremo alle nuove generazioni. Questa battaglia è quotidiana e richiede di modificare atteggiamenti, linguaggio, convenzioni sociali, richiede un’attenzione che dovrebbe essere alla base del nostro vivere, sempre.