La scelta di Grillo: perché ha deciso che la via migliore è con Zingaretti

Cosa ha convinto Beppe Grillo a puntare sull'alleanza con il Pd. Il rischio di lenta salvinizzazione del MoVimento. Da impedire in ogni modo. Anche a costo di minacciare la rottura con Di Maio. Zingaretti non è Renzi. Il leader dei Cinque Stelle si muove già nell’ottica di un nuovo soggetto politico. Dopo il voto su Rousseau potrebbe cambiare la prospettiva politica italiana. Ecco perché

C’è una forte contraddizione tra la volontà di tagliare di 345 unità il numero dei parlamentari e il braccio di ferro che si è consumato in questi giorni nel Movimento Cinque Stelle sul ruolo di Luigi Di Maio. Su questo punto è intervenuto Beppe Grillo a piedi uniti. Dicendo che era stufo di sentir parlare di posti e di poltrone. Per fortuna che oggi il voto degli iscritti grillini sulla piattaforma Rousseau metterà fine alla ridda di ipotesi e ai messaggi più o meno cifrati.

Beppe Grillo

Resta il fatto che è stato Beppe Grillo, il fondatore, a sbloccare la situazione. Andando perfino oltre il Movimento e guardando ad un futuro fronte progressista di tipo europeo. Catturando l’attenzione del Pd, impegnato ora a organizzare le regionali in Umbria, Toscana, Calabria, Emilia Romagna. Senza un accordo con i Cinque Stelle è complicato fermare la Lega.

Sta tutto qui il perché dell’intervento di Grillo a piedi uniti. Ha capito che l’abbraccio con la Lega stava diventando soffocante, mortale: stava determinando una graduale perdita di identità. Il MoVimento si stava salvinizzando: vuoto di idee per definizione, stava assorbendo quelle dell’alleato. Finendo con lui all’angolo. Isolato in Europa, lontano dalla Chiesa, scaricato dal mondo dell’Economia, vissuto con delusione dal mondo dell’Industria che un anno e mezzo fa lo aveva sostenuto al Nord.

C’è una differenza sottile ma di sostanza a convincere Beppe Grillo: il Partito Democratico di oggi non è quello che il suo M5S ha sgretolato un anno e mezzo fa. È un Partito diverso nell’anima, che si avvia ad una rigenerazione capace di culminare in una scissione. Perdendo Matteo Renzi. Che è esattamente ciò contro cui era stato caricato a pallettoni il MoVimento: contro Renzi ed il suo renzismo, il suo modo di vedere le cose, la strada scelta per realizzarle. A quello venne detto no. Zingaretti invece è un’altra cosa.

Grillo e Di Maio

È per questo che ieri Beppe Grillo ha fatto la telefonata più violenta al suo capo politico incoronato due anni fa su un palco di Rimini. Grillo ha sbattuto la realtà in faccia a Luigi Di Maio. Domandandogli “Stai boicottando il MoVimento?” A fargli perdere le staffe è stato il quesito messo a punto per la votazione di oggi su Rousseau: non una traccia del suo manifesti lanciato nelle ore precedenti in cui parlava di svolta epocale e di occasione unica. Invece quando fu messo a punto il quesito per il contratto con la Lega venne proposto come governo del cambiamento.

Grillo ha capito cosa stavano facendo Di Maio e Casaleggio: consegnando il MoVimento alla Lega. Ha chiamato entrambi ed ha minacciato di scendere in campo per denunciare il golpe ed incendiare personalmente i pozzi. (leggi qui La rinuncia di Di Maio spiana la strada al nuovo governo). Nasce così il disperato tentativo fatto da Luigi Di Maio, ieri a pranzo, di recuperare Alessandro Di Battista con il quale aveva litigato alle scorse Europee: offrendogli la poltrona di ministro degli Esteri. Un’altra scorrettezza verso il Pd. Alla fine Luigino si è trovato da solo. Accanto a lui il pentaleghista Paragone e pochissimi altri: anche i Gruppi sono a favore del nuovo governo. E glielo hanno detto.

Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio

La giornata ha ricordato a tutti che il leader è Beppe Grillo, rimasto sempre lontano dal Parlamento. E’ curioso registrare come il boom del Pd alle europee nel 2014 (40%) fu raggiunto quando Matteo Renzi non era parlamentare. Anche l’ascesa della Lega fino al 2018 è andata avanti mentre Matteo Salvini era in Europa, non al Senato. Quasi che un leader non impegnato a Montecitorio o Palazzo Madama abbia una visione più ampia e migliore della situazione.

Beppe Grillo ha lanciato qualcosa di molto di più di un’alleanza di governo. Nicola Zingaretti, segretario del Pd, vuole andare a … vedere. Anche perché è possibile che pure altri pezzi di sinistra facciano parte o sostengano l’esecutivo di Giuseppe Conte. Parliamo di Leu ma anche dei Socialisti. Ci potrebbe essere pure Emma Bonino. In fondo, dopo il via libera di Rousseau potrà davvero cambiare il… mondo.