I numeri dell'emergenza povertà nella diocesi di Frosinone. In tanti schiantati dalla crisi economica scatenata dal Covid. Ma sono aumentati anche i benefattori ed i volontari
C’è chi non si era mai rivoto alla Caritas per chiedere un aiuto a pagare una bolletta o per avere un pasto caldo. La pandemia da Covid ha fatto cadere molte certezze ed ha esasperato la condizione delle famiglie italiane. Quelle aiutate dalle parrocchie dalla Diocesi di Frosinone – Veroli – Ferentino nel 2020 sono state 1.827, per un totale di 5.721 persone. Circa 2/3 del totale sono italiani.
Numeri che fotografano la situazione non semplice del nord della provincia di Frosinone. Sono stati raccolti nel report 2020 dell’Osservatorio della Caritas diocesana sulla povertà e risorse.
I ciociari in fila alla Caritas
«Abbiamo notato – commenta il direttore della Caritas diocesana Frosinone – Veroli – Ferentino, Marco Toti – un forte aumento in percentuale delle persone italiane che si sono rivolte alla Caritas, ai centri di ascolto, alla mensa diocesana e agli altri servizi. Abbiamo notato anche un aumento numerico complessivo delle persone, compreso chi non si era mai rivolto a chiedere aiuto».
I servizi diocesani sono stati luoghi d’incontro e di accoglienza dei più poveri ed emarginati. Ma nessuno è un’isola: il titolo del report mutua la frase di Papa Francesco “Nessuno si salva da solo“.
«Le nostre forze da sole non sarebbero riuscite – sottolinea monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo della diocesi Frosinone-Veroli-Ferentino – ma con l’aiuto di tanti è stato possibile rispondere ai bisogni concreti di cibo, di bollette da pagare, ma anche un bisogno di essere ascoltato, di trovare una mano, di essere sostenuto. Un anziano solo che riceveva una telefonata, tanti piccoli modi che ci hanno aiutato a vivere questo tempo»
Covid ci ha impoveriti
Il rapporto della Caritas stima che sono oltre 1.900 le persone impoverite a causa del Covid. «Circa 2/3 delle persone aiutate sono italiane – mette in luce il direttore Toti – Ciò significa che la difficoltà ha inciso moltissimo sulle persone stabili del territorio, più che sui nuovi arrivati. Soprattutto è stata una difficoltà pervasiva perché quando vediamo un numero così crescente che riguarda migliaia di persone ci dobbiamo domandare se è forse un fenomeno generalizzato che riguardano le famiglie, le “più normali” che ci sono».
Sale anche il dato delle famiglie incontrate nei centri di ascolto: + 250%. Si è passati da circa 850 famiglie nel 2019 alle 2120 nuclei dell’anno 2020.
Puntale la riflessione del direttore Toti: «Questi fenomeni ci pongono delle domande, nella tempesta che abbiamo vissuto e che in parte stiamo ancora vivendo, tanti si son sentiti un po’ sballottati senza un riferimento, senza un approdo. E allora le tante iniziative messe in atto hanno voluto costituire e vogliono costituire tuttora un punto di riferimento stabile. Chiunque anche oggi se sente un bisogno, ha una difficoltà impellente, non sa come far fronte alle primarie necessità della vita quotidiana ha un riferimento a cui chiedere aiuto. Questo è il senso del lavoro quotidiano che la Chiesa nelle sue diverse forme fa tutti i giorni nel territorio, da Frosinone ai centri più piccoli della Diocesi».
In crescita anche i volontari
Ma in crescita non sono solo i numeri delle persone messe in ginocchio dall’emergenza sanitaria, ma anche il numero dei volontari che ha teso una mano. Se dal 2014 al 2019 i collaboratori della mensa erano stati 146, solo nel solo 2020 i volontari sono stati quasi 100.
«Ci siamo sentiti talvolta separati e abbiamo dovuto tenerci separati, ma non è finita la solidarietà – commenta monsignor Spreafico – Non abbiamo chiuso la mensa per chi aveva bisogno, non abbiamo chiuso i centri di ascolto, non abbiamo chiuso le nostre realtà neanche nei momenti di lockdown più difficili. Abbiamo trovato i modi per poter continuare ad aiutare chi si rivolgeva a noi. Credo che questa sia una cosa molto bella ed è stata possibile perché tanti hanno voluto aiutare».