La profezia di Bettini e i sassolini di Bersani

La scelta di Zingaretti riapre vecchi ferite e spalanca nuovi scenari. La sinistra è spalle al muro. Goffredo Bettini sbarra la strada al ritorno del renzismo. L’ex segretario: “Zingaretti ha tre strade davanti: può dire ok sto qua, ok, non sto qua oppure sto qua a certe condizioni. Se scegliesse questa ipotesi spero che sia una cosa aperta”.

Dicono che soltanto Goffredo Bettini sia stato avvertito da Nicola Zingaretti in merito al post su Facebook che ha cambiato la storia recente del Partito Democratico. La ricostruzione è verosimile perché il primo marzo scorso Goffredo Bettini aveva rilasciato queste dichiarazioni a Rainews24: “L’assemblea nazionale del Partito Democratico deve essere in grado di fare un chiarimento politico, poi si deciderà se fare il congresso, non si può continuare con questo processo di logoramento verso il segretario, da parte di alcuni esponenti molto significativi che come Nardella hanno detto che io non posso parlare”.

Aggiungendo: “Non siamo ossessionati dalla categoria degli “ex”. La gestione di Zingaretti è stata accogliente, protettiva nei confronti delle minoranze, ora si tratta di capire cosa deve diventare il Pd in futuro, se parte di un corpaccione centrista o come motore progressista”.

A leggerla oggi la dichiarazione è a metà tra la profezia e l’analisi.

I dubbi di Bettini

Matteo Renzi (Foto: Alessandra Serrano / Imagoeconomica)

La preoccupazione di Bettini (fondata) è che Matteo Renzi stia giocando una partita di sponda con Base Riformista, per cercare di far crescere all’interno del Pd la figura di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna.

Le dimissioni di Zingaretti creano un vuoto. Oltre che uno strappo. E a questo punto è più complicato per Bonaccini provare a mettere in campo una strategia di alleanze interne per effettuare la scalata alla Segreteria. Se davvero così dovesse essere sarebbe scattata l’operazione politica di salvare e rafforzare la segreteria di Zingaretti. (Leggi qui Pd, Zingaretti si dimette: “Ora scelga l’Assemblea”).

La saggezza di Bersani

Ma ci sono altri punti di vista. Per esempio quello di Pierluigi Bersani, che del Pd è stato Segretario per quattro anni. Ha detto a Corrado Formigli: Con tutta la stima per Zingaretti, siamo ancora molto sulla superficie dei problemi della sinistra, questi non si risolvono stando in casa ma in campo aperto, con una novità. Uscire da questa fase con i vecchi attrezzi senza mettere in campo un percorso costituente e senza una nuova prospettiva significa non aver capito. Si finisce a rigirarsi nel problema diventando sempre più piccoli e stretti”.

Ha aggiunto: “Sì, che poi gli dicono di restare, glielo chiede pure la destra, un grande canto. Zingaretti ha tre strade davanti: può dire ok sto qua, ok, non sto qua oppure sto qua a certe condizioni. Se scegliesse questa ipotesi spero che sia una cosa aperta. Io ci sono stato 4 anni lì al suo posto e avevo il 53%, lui ha il 70% e può essere fin troppo, deve scommettere, introdurre qualcosa di nuovo, deve giocarsela, ma il coraggio ti viene se sei sul baratro non con il 70%”.

Pier Luigi Bersani con Corrado Formigli

Illuminante il passaggio sulle dimissioni, se siano o meno revocabili. “Se le dimissioni sono revocabili? Quando successe a me, mi dimisi la sera stessa dei 101. Avrei potuto ricandidarmi al congresso, ma avrei dovuto fare i nomi dei 101 (i “traditori” del Pd che fecero saltare Romano Prodi al Quirinale nel 2013, nda), almeno 40 ne conoscevo e probabilmente c’era Zingaretti, ma non ho parlato per senso di responsabilità. Quello era il mio partito. Capì che la trappola era per far fuori Marini e Prodi ma anche me e aprire la strada al renzismo”. 

La situazione oggi non è molto diversa. Pierluigi Bersani chiede maggiore coraggio a Nicola Zingaretti, soprattutto se dovesse alla fine restare Segretario. Perché la posta in gioco non è cambiata: aprire la strada al renzismo. Con un ridimensionamento della sinistra per fare un’operazione tipo quella di Macron in Francia.