Nessun segnale renziano in favore della candidatura di Matteo Richetti a Segretario Nazionale del Pd. Una candidatura che toglierà voti ai renziani. Che ora pensano ad una soluzione unitaria con Zingaretti. Il quale si prepara alla prova muscolare in piazza
Niente conte fratricide. Nessuna divisioni in bade. Nelle file di Matteo Renzi si inizia a pensare ad una soluzione unitaria per la Segreteria Pd.
L’indiscrezione è circolata al termine della riunione tenuta oggi al Nazareno. La Segreteria allargata ai sindacati ha affrontato i temi del Lavoro e fatto il punto sulle proposte in materia avanzate dal Governo.
La candidatura di Richetti
Sul tavolo c’erano le copie del Corriere della Sera con l’intervista all’ex portavoce di Renzi, Matteo Richetti che annunciava la sua candidatura a segretario nazionale del Partito.
«Ci candidiamo alla guida di questo Partito e uso il plurale perché e’ una scelta che abbiamo fatto dopo mesi di lavoro sul territorio, con un movimento di idee e di persone che attorno ad Harambee ha aggregato storie e progetti diversi e che ora é al servizio del rilancio del Pd. Perché io, al contrario di quello che leggo, sono convinto che ci sia un futuro per questo Partito».
La parola d’ordine della campagna elettorale di Richetti sarà ‘Diverasamente’. Perché «Sono convinto che si debba fare politica diversamente, fare il partito diversamente e parlare diversamente».
Matteo Richetti aveva parlato già in primavera della sua intenzione di candidarsi. Poi però non aveva mai fatto il passo in avanti. Forse in attesa di un’investitura ufficiale di Matteo Renzi. Che non è arrivata.
E dicono oggi dal Nazareno, nemmeno arriverà.
Renzi non avvalla
L’investitura ufficiale non ci sarà per due motivi.
Il primo. Richetti è sempre stato renziano. Ma ha sempre avuto un approccio critico alla linea del suo leader. Non lo rappresenta. Non ne incarna la linea. All’epoca del loro sodalizio, L’Espresso lo bollò come «il portavoce più inutile della politica».
Il secondo motivo. Nella testa di Renzi sta iniziando a farsi strada la possibilità di rinunciare a proporre una candidatura di area. Puntare invece ad una soluzione unitaria. Il segnale arrivato domenica da Piazza del Popolo l’ha recepito in pieno: la piazza ha urlato a squarciagola la parola Unità. (leggi qui Il Pd ritrova il suo popolo: in piazza contro il Governo).
Una candidatura renziana potrebbe essere interpretata come divisiva. E questo non è il momento. Molto allora dipenderà dalle date.
Il cronoprogramma di Martina
Il via all’iter per arrivare al congresso dovrebbe partire subito dopo il Forum Nazionale del Pd. È fissato dal 26 al 28 ottobre.
Da quel momento scatterebbe il conto alla rovescia per arrivare alle primarie del 27 gennaio.
Ma al momento nulla è ufficiale. tanto che le truppe renziane dicono «Non ci risulta sia stato convocato alcunché. Per il candidato c’e’ tempo».
I renziani tendono a spostare in avanti la data. perché si arriverebbe a fare le primarie in piena campagna elettorale per le Europee. C’è il rischio di forti tempeste sui mercati finanziari. Il Paese non capirebbe una campagna interna al Pd nel pieno di una crisi economica internazionale che abbia al suo centro proprio l’Italia.
Il lodo Delrio
La soluzione al rebus, dunque, potrebbe essere quella di un candidato unitario, così come auspicato da Graziano Delrio: per il capogruppo alla Camera è una strada che Renzi tiene in considerazione. Consapevole che una battaglia fratricida dentro il Pd non farebbe che aggravarne lo stato di salute lasciando il Paese in mano a quello che ha definito un “governo di cialtroni“. Contro cui l’ex premier tuona quasi ogni giorno.
Dentro il Pd c’é però un Partito nel Partito, vivo e trasversale, che vorrebbe andare subito alla conta e che non crede che la ricerca di un candidato unitario garantisca la pacificazione.
Di questo Partito nel Partito l’esponente più in vista oggi è Roberto Giachetti che, per affrettare la convocazione del congresso, e’ in sciopero della fame.
La piazza di Zingaretti
Lo scenario sarà più nitido tra un paio di settimane. Il 14 ottobre ci sarà la grande manifestazione annunciata da Nicola Zingaretti.
Se ci sarà folla, tanta folla, allora sarà il segnale che per la lunga marcia verso la Segreteria nazionale è iniziata la discesa.
Ai renziani non conviene rischiare l’isolamento: meglio – come diceva il generale cinese Sun Tzu nel suo L’Arte della Guerra – allearsi con loro se è proprio impossibile batterli.
L’aria è contraria a Zingaretti. Lo dimostra anche la riunione tenuta in mattinata al Nazareno e voluta dal segretario Maurizio Martina. L’incontro con i sindacati (o come si diceva una volta nel Partito ‘con le Parti Sociali’) segna una netta discontinuità con il modello renziano. Che non si confrontava. Non coinvolgeva. Non concordava. Ma tracciava il solco e pretendeva che tutti poi lo seguissero.
Da Lilli mezzo passo indietro
In serata Matteo Richetti è stato ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7.
Ha detto che se le primarie saranno aperte soltanto agli iscritti non parteciperà. Una dichiarazione che da molti osservatori è stata interpretata come un modo per iniziare a smarcarsi. Soprattutto perché dalle file di renzi non è arrivato alcun segnale di appoggio.
«Nel Pd c`è ancora chi è convinto che il consenso si mantiene con coloro che garantiscono i voti sul territorio. Ma non è più così e con me non capiterà così, perché i capi bastone impongono i loro candidati a forza di tessere e poi quei candidati perdono alle elezioni».
Quanto ai rapporti con le altre anime del partito Richetti ha spiegato: «Chi guida il partito è chi fa una sintesi tra le diverse anime e le diverse idee del PD e crea una cultura politica nuova. (…) Quindi andrò da Nicola Zingaretti a sedermi in prima fila e andrò anche alla Leopolda».
È chiaro che Richetti, dunque, non è ‘il candidato’ di Renzi. Ma la cosa non lo spaventa: «Se c’è una cosa che mi ha sempre visto in sintonia con Renzi è che quando ci si mette in gioco lo si fa senza chiedere il permesso».
Di fatto la mossa di Richetti complica ancora di più le cose per l’area che fa riferimento all’ex-segretario. Toglierebbe voti, insomma, ad un eventuale candidato renziano. Che ancora non c’è.