Siamo nella stessa barca e dobbiamo remare insieme nella tempesta di questo tempo”: il messaggio del vescovo Spreafico ai musulmani nel primo giorno del Ramadan
Il Covid non fa distinzione. Cristiani o musulmani, ebrei o induisti, colpisce tutti alla stessa maniera: ci ha scaraventati nella stessa tragedia. ”Siamo nella stessa barca e dobbiamo remare insieme nella tempesta di questo tempo”: non ha dubbi monsignor Ambrogio Spreafico vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. Lo dice rivolgendosi ai musulmani che da oggi iniziano il Ramadan: il mese benedetto di digiuno e purificazione con il quale commemorare la prima rivelazione del Corano a Maometto.
C’è un paradosso che il vescovo Spreafico mette in evidenza. Il Covid ci ha costretto a tenerci distanti per paura dei contagi ma proprio questa distanza “ci ha fatto riscoprire il bisogno della comunità, di essere insieme per rivolgerci all’Onnipotente”.
Il vescovo ne ha parlato in queste ore con Maria Chiara Biagioni dell’Agenzia d’informazione religiosa Sir.
Monsignor Spreafico, quale augurio rivolge quest’anno ai musulmani che si apprestano a vivere un mese di preghiera e digiuno?
«Vorrei partire dalla “Fratelli tutti”, quando Francesco dice di “essere stato stimolato” nella stesura dell’enciclica in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb con il quale si è incontrato ad Abu-Dhabi. Partirei da lì per ricordare che Dio “ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità. E li ha chiamati a convivere come fratelli tra loro”. Auguro ai fratelli e alle sorelle musulmani di poter di essere portatori di questo spirito e di questa possibilità di vivere insieme in pace. La preghiera e il digiuno, che caratterizzano questo tempo, uniscono all’Onnipotente, ma insieme aiutano a prendere le distanze da quell’egolatria che spesso divide e crea inimicizie».
È quel concetto che tante volte il vescovo ha evidenziato: l’egolatria, un’egoismo talmente spinto da portarci all’adorazione di noi stessi.
Ramadan e Pasqua con il Covid
Per il secondo anno consecutivo il Ramadan, come anche la Pasqua cristiana, si sono vissuti in piena pandemia. Il mondo è ancora in crisi. Non c’è famiglia che non abbia vissuto la malattia o il lutto.
Eccellenza, cosa possono dire le religioni per la pace interiore dei cuori?
«Sono convinto che le religioni hanno aiutato a non cedere alla rabbia, al pessimismo, all’inerzia e alla recriminazione. Ci hanno mantenuti uniti a Dio e hanno posto nel cuore dei credenti quella forza spirituale che sostiene nel dolore, nella fatica della vita e anche davanti alla morte, che ha colpito molti. In modo quasi paradossale, la distanza a cui siamo tenuti, ci ha fatto riscoprire il bisogno della comunità, di essere insieme per rivolgerci all’Onnipotente, ed anche di venire incontro alle numerose richieste di aiuto e sostengo materiale e spirituale».
«Penso ad esempio agli anziani soli o in Istituto o a chi ha perso il lavoro, a chi semplicemente ha chiesto una mano per tirare avanti. La fede ci ha dato speranza e ci ha insegnato la misericordia. Una Sura del Corano dice: “Il timore di Dio deve essere sempre unito alla speranza nella Sua infinita misericordia” (Sura di Yusuf XII, v. 87). E papa Francesco nella domenica della Misericordia ha detto che i discepoli di Gesù “misericordiati diventano misericordiosi”. Come l’Onnipotente è per eccellenza il Misericordioso, vi auguro di essere portatori della misericordia che si fa solidarietà e vicinanza nel bisogno, come avete mostrato in questo tempo. Penso al valore dell’elemosina e dell’accoglienza per la fede islamica».
L’odio religioso
La religione può unire. E invece c’è chi, ancora oggi in Europa la usa per dividere. Ci sono forme di odio e violenza contro ebrei, musulmani e in genere contro chi è diverso.
«È impressionante come in un tempo così drammatico ci siano ancora persone che non riescono a credere che l’unica possibilità che abbiamo di salvarci è quella di unirci in un impegno e uno sforzo comune. “Siamo nella stessa barca” e dobbiamo remare insieme nella tempesta di questo tempo. Eppure, gesti e parole che esprimono antisemitismo, razzismo, anti-islamismo, si sono moltiplicati».
Il Covid ha il suo ruolo in tutto questo. «Nella paura e nella difficoltà a uscire da questa pandemia si riaffacciano antichi fantasmi, in cui “l’altro”, qualsiasi altro, a volte persino il vicino, può diventare un nemico con cui arrabbiarsi e persino da eliminare. Mi auguro che noi, donne e uomini di fede, possiamo aiutarci a una maggiore conoscenza reciproca perché attraverso di essa potremo combattere questi fenomeni che purtroppo non aiutano a vivere insieme in pace. Mi auguro che l’incontro e la mutua conoscenza siano un impegno che noi come cattolici ci prendiamo nei confronti delle comunità musulmane del nostro paese, come già molti stanno facendo».