RITA CACCIAMI per L’INCHIESTA QUOTIDIANO
Non si è ancora insediato, ma la prima grana da rettore ha già dovuto affrontarla. E non è neanche finita qui, perché si preannunciano altre sortite a breve sul tema del giorno: il passaggio di consegne al vertice del Cudari, il Centro universitario diversamente abili, ricerca e innovazione dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale. Ieri mattina, il rettore Giovanni Betta ha trovato ad attenderlo, nell’atrio di Ingegneria, una piccola ma agguerrita delegazione: Laura Miola, laureata in Scienze della Comunicazione dopo un percorso virtuoso grazie al sostegno del Cudari e della sua presidente, la professoressa Fiorenza Taricone.
Con Laura, che è costretta su una carrozzella, anche la mamma e l’attivissima Maria Pia Lanni, consigliere provinciale dell’Unione Italiana Ciechi, sezione di Frosinone. Non ha volutamente assistito al confronto, invece, la stessa Taricone, che ha preferito andare a lezione, come lei stessa ha spiegato ieri mattina. E dunque, un vero faccia a faccia non c’è stato. Piuttosto, si è trattato di un botta e risposta a distanza tra la docente e Betta.
Con tutto ciò che ne consegue. Per quanto riguarda il messaggio che è passato, basti dire che alle perplessità sul futuro del centro senza la Taricone, sostituita dalla professoressa Rosella Tomassoni, Betta ha risposto: «Comprendo il senso di abbandono degli utenti, in particolare di Laura, ma potete star certi che non sono le persone a far funzionare le cose. Sono le strutture che devono camminare con le loro gambe, a prescindere da chi riveste gli incari chi. Guai se non fosse così, perché allora avremmo rettori e presidenti a vita».
Il sogno di Betta rettore è che Uniclam sia una macchina che viaggi a gran velocità, con docenti e referenti motivati, che abbiano squadre di riferimento altrettanto scattanti. In pratica, che non ci siano autoreferenzialità diffuse, ma che si tenda a far crescere nuove leve, in modo da creare organismi dinamici e autosufficienti. Da qui la necessità di dare un segnale di discontinuità con il passato, avvalendosi di una squadra in cui si ha un solo incarico. «La Taricone riveste diversi ruoli in questo ateneo, tutti di rilievo, da molti anni – ha aggiunto Betta – e nessuno disconosce i suoi meriti. Ma è tempo di lasciare spazio ad altri, peraltro senza rinunciare ad un ruolo autorevole qual è il suo all’interno del Senato Accademico. Si andrà al rinnovo del Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, il Cudari continuerà a svolgere con professionalità le proprie attività a favore degli studenti svantaggiati e, se possibile, si miglioreranno anche. Anzi, mi impegno a rivederci tra due mesi per una verifica. Così come io stesso, tra 3 anni, sarò messo alla prova a metà mandato. Non mi sono mai piaciute le cambiali in bianco e l’attaccamento alla poltrona. Piuttosto, quello che qui stona oggi è l’assenza della professoressa Taricone, dalla quale mi aspetto massima collaborazione nel passaggio di consegne. Abbiate fiducia nel mio approccio al problema. Gli studenti mi stanno molto a cuore. Tutti. Nessuno escluso».
Non solo Cudari, la questione è anche di metodo
«Aspetto da due anni la chiamata per ordinario, dopo aver regolarmente vinto il concorso. Non mi ha regalato niente nessuno e quindi non tollero che si adombri alcunché nei miei confronti. Altro che “imbarazzante”. Siamo alla svolta, ad un nuovo corso, ho parlato più volte della sorte del Cudari. Trovo inaccettabile che mi si dica “qualcuno voleva il Cudari e gliel’ho dato”»: era iniziata così, la mattinata, con Fiorenza Taricone che ad alta voce rivendicava ruolo, autorevolezza e professionalità nel campo delle pari opportunità. A rischio, secondo la sua visione, di fare un salto nel buio.
Betta, dal canto suo, ha rivendicato quella che da ora in poi, o meglio da quando ha definito la squadra che lo accompagnerà nei prossimi sei anni di rettorato, è un nuovo metodo. «Basta con le competenze a senso unico. Basta con l’attaccamento al proprio ruolo. Indietro non si torna».
In pratica, come dire che la prof che lascia la presidenza del Cudari alla Tomassoni deve farsene al più presto una ragione. E per rafforzare questo tipo di approccio, Betta fa anche riferimento ad un nuovo modo di essere accanto agli studenti, che vengono seguiti passo passo, anche più che nei licei se possibile. «Abbiamo dimostrato già in passato di avere a cuore i nostri studenti, li abbiamo chiamati a casa laddove si notava un andamento anomalo delle loro carriere. In particolare qui ad Ingegneria. Figuriamoci se non abbiamo a cuore chi ha difficoltà a monte. Questa è una gara importantissima, qui dobbiamo dimostrare di essere una vera squadra che lavora per un unico obiettivo. Certo, se durante la corsa, chi ha in mano il testimone lo getta in terra anziché passarlo, beh allora è tutta un’altra storia». Poi, l’esempio di De Marinis, per anni all’edilizia, o di Tomasso, al nucleo di valutazione. «Persone che non hanno alcun problema a lasciare ad altri il proprio ruolo – conclude Betta – perché hanno lavorato alla realizzazione di una squadra, di una segreteria che funziona. E hanno fatto crescere altre persone».