Un caffè da bere pensando all'Italia di oggi. E alle tante cose che ha, migliori dell'Italia di ieri. Da non rimpiangere. E da lasciarci alle spalle.
“Si stava meglio quando si stava peggio”, “Ai tempi miei…”. “Una volta quello che si sente oggi non accadeva”. Molti affermano che l’Italia di oggi è un Paese peggiore, incattivito, violento, brutale.
Un’affermazione del genere è accettabile da giovani “fanatici”, da giovani che hanno osservato l’Italia di ieri, di un passato non ancora lontano, attraverso distorsioni adulte avvenute tramite assurde nostalgie.
Meno accettabile quando ad affermarlo sono persone più mature, quelle che certi anni li hanno vissuti sulla propria pelle. I casi sono due o mentono o la loro memoria inizia a fare difetto.
Quarant’anni fa o giù di lì, questo è stato il Paese dove operai, sindacalisti, poliziotti, intellettuali (veri), giornalisti (veri), magistrati o semplici cittadini erano bersagli di terroristi neri, rossi, servizi segreti e organizzazioni mafiose.
Il Paese che tutti oggi rimpiangono con nostalgia perché era “buono” era quello dove si facevano attentati dinamitardi nelle stazioni o sui treni, rapimenti, detenzioni illegali e violente, manifestazioni sanguinose, scioperi con blocchi stradali, dove c’erano pattuglie e le autoblindo agli angoli della strada, stupri di attrici pilotati dalle forze dell’ordine, detenuti suicidati, ministri della malavita e alti funzionari che riempivano i divani di dobloni d’oro mentre nelle corsie degli ospedali si distribuiva sangue infetto. L’Italia dove “si stava meglio” era un paese marcio, corrotto, politicamente scorrettissimo dove non esistevano gay o persone di colore, ma solo gente con le orecchie grandi e vu cumprà.
Se oggi abbiamo paura delle parole che si leggono sui social, ieri avevamo paura del piombo, del coltello, del tritolo. Questo è stato il Paese di nostalgici estremisti, qualsiasi fosse il partito che votavano, di reazionari, di sempliciotti pronti a vendersi al primo parolaio. Un Paese senza cultura di massa, preda delle élite, delle cosche politiche, delle cupole mafiose o del potere industriale.
Se oggi la gente scrive idiozie sui social e c’è meno sangue per strada, tutto sommato meglio così. Stupidi siamo stati, stupidi forse siamo, stupidi forse rimarremo, ma almeno a molte famiglie sarà risparmiato lo strazio di una morte inutile in un Paese costellato di lapidi alla memoria di cui nessuno sa nulla.
Oggi tuttalpiù soffriamo di razzismo. Ma più che “razzisti” siamo dominati dal pregiudizio. O peggio dalla paura. Arma politica sia nella sua versione originaria, sia nella sua antitesi. Eppure, che Iddio protegga l’Italia di oggi. Gli uomini di una volta non ci sono più, quelli che si ubriacavano nelle cantine e quando tornavano a casa erano mazzate per una minestra un po’ troppo salata. Nessuna nostalgia. E che Ustica, Bologna, Capaci e via Caetani ci perdonino.