Il modo in cui è possibile vincere la morte

È normale avere paura davanti alle notizie di guerre, catastrofi, vendette, rappresaglie, che affollano i Tg di questi giorni. C'è un modo per superare la paura. Come fa capire la celebre scena del 'Pace a voi'

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa. (Lc 24, 36-38)

Il brano che ci propone l’evangelista Luca ha una duplice valenza.  Ci troviamo all’interno di quello che comunemente chiamiamo il cenacolo, il luogo dove si ritrovarono con il Maestro per la cena, l’ultima cena di Gesù.  Secondo il racconto dei vangeli, i discepoli erano chiusi all’interno di quel locale per paura delle reazioni che i nemici di Gesù, quelli che l’avevano ucciso, crocifiggendolo come un malfattore,   avrebbero potuto avere anche nei loro confronti. È in questa atmosfera di paura, molto simile a quella che sentiamo incombente su di noi in questi giorni,  che avviene l’incontro con Gesù.

Commenta Luca, erano “sconvolti e pieni di paura”.  Le preoccupazioni per la loro vita, per la loro incolumità superano di gran lunga la gioia di rivedere quel Gesù che hanno seguito per tre anni. Cosa temono? Probabilmente si sentono inadeguati, stanchi,  pensano di aver sbagliato a fidarsi di quell’uomo. 

La quotidianità della paura

Gesù stesso ne prende atto e chiede: perché siete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? È come se il risorto dicesse a questi uomini: ma come, mi avete visto morire, mi avete visto in croce e ora neanche vi rallegrate del fatto che sono qui davanti a voi? Li sfida  a toccarlo  a rendersi conto che è vero, che non si tratta di un fantasma, di un’invenzione, di una elucubrazione culturale. Da una parte, dunque, la paura, il timore;  dall’altra la necessità di toccare, di rendersi conto che quello che abbiamo davanti è una persona vera, che vive con noi, che sta in mezzo a noi. 

La paura è uno dei sentimenti che più viviamo in questi nostri giorni:  sommersi dalle notizie che ci vengono dai mezzi di comunicazione:  guerre,  catastrofi naturali,  incidenti. La prima reazione è pensare che non ci sia niente da fare, che  l’unica cosa che ci sia rimasta sia quella di chiuderci dentro le nostre sicurezze, di stare insieme agli altri che la pensano come noi, anche se siamo sempre più pochi. E di escludere tutti gli altri. 

È una reazione naturale, il modo di reagire di qualunque branco di essere viventi:  di fronte ad un pericolo, ci si stringe,  si serrano le fila.  E invece Gesù  non disprezza quelle persone senza coraggio,  non prende in giro la loro pusillanimità,  non  li maltratta.  Anzi, si siede in mezzo a loro, mettendo in evidenza come anche  dopo che è risorto,  anche nella potenza della sua vittoria sulla morte, egli è uno di loro,  è uno di noi,  uno che comprende le nostre limitazioni,  le nostre paure, di fronte a problemi che ci paiono insormontabili.

Per questo bisogna toccarlo

L’incredulità di Tommaso (Guercino)

Per questo bisogna toccarlo:  la presenza di Gesù in mezzo a loro non è la presenza di una idea, di un ideologia. E’ la presenza di un essere vivente di un uomo come noi che è riuscito a vincere la morte, il limite più grande della nostra esistenza, la paura più grande della nostra vita. 

Il suo messaggio è molto semplice: fate come ho fatto io, non abbiate paura di donare la vostra vita per gli altri. La morte è già vinta, la sfida più grande che avevamo è già risolta.  Soltanto così possiamo sperare di cambiare il mondo. 

Alla fine della nostra esistenza  proprio lui ci chiederà: ma tu che cosa hai fatto per cambiare, per modificare le cose, cos’hai fatto davanti a chi aveva fame, sete, era in pericolo?  Oppure ti sei semplicemente rintanato dentro le mura del tuo cenacolo,  impaurito da quello che ti potrebbe accadere.

Anche di fronte a questa palese  incapacità, Gesù non ci condanna,  ci esorta a toccarlo, a toccare le piaghe del mondo, a fidarci che quelle piaghe possono essere vinte,  a capire, dunque, che bisogna avere coraggio . E’ possibile comportarsi come lui anche con tutti i nostri difetti con tutte le nostre povertà:   mettiamo le dita in quelle ferite, dalle sue piaghe siamo stati guariti