Un po’ pecore e un po’ pastori ma mai mercenari

Foto: Gustavo Fring / Pexels

È il ciclo della vita: siamo pecore da accudire e poi pastori che aiutano a crescere. E ci alterniamo in questo ruolo ogni giorno. A volte facendolo bene a volte no. L'importante è non essere come i pastori mercenari cioè...

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me – (Gv 10,14)

Tutti ne  abbiamo fatto esperienza, tutti siamo stati a volte pecore e a volte pastore. E da pecore, come pure da pastori, abbiamo tutti capito che si può essere pastori in due modi molto diversi. Si può sentire la responsabilità delle pecore, fino addirittura a dare la vita per chi è stato affidato a noi. Oppure si può tirare a campare, far finta di non sentire il belare disperato della pecora perduta, dire non è affar mio, oppure ne ho tante altre…

Foto: Emma Bauso / Pexels

Tutti abbiamo fatto questa esperienza: non ce lo ricordiamo, per fortuna, ma chissà quante volte, nella nostra infanzia, abbiamo avuto l’impressione di essere abbandonati dai nostri genitori, dalla maestra, da un fratello, da una cugina. Che dolore devastante deve essere stato, per fortuna subito riparato dal loro ritorno, dalla loro presenza affettuosa, dalla loro voce. In quel momento, quelli erano i nostri pastori.

Ma, appena diventati più grandi, il ruolo è cambiato subito. Nel momento in cui qualcuno ci è stato affidato, un fratello, un amico, un compagno di squadra, abbiamo cessato di essere pecore e siamo diventati pastori, qualcuno che è responsabile della vita e delle scelte degli altri.

Un po’ pecore e un po’ pastori

Siamo sempre pecore e pastori, contemporaneamente, perchè dai nostri gesti, anche quelli più banali, può dipendere la vita di un uomo. Se inquiniamo, se non stiamo attenti con i cambiamenti climatici, se ci comportiamo male, se insultiamo e spargiamo zizzania, se cerchiamo una raccomandazione… ecco che siamo diventati quel pastore mercenario di cui parla Gesù nella sua parabola.

Il pastore mercenario abbandona le pecore, non le ama, non risponde alle richieste del padrone. E le pecore se ne accorgono, percepiscono che la voce di quel pastore è ingannevole, se ne stanno alla larga e vanno alla ricerca della voce del pastore che le ama.

La stanza degli abbracci (Imagoeconomica)

Anche questo abbiamo sperimentato: nel momento in cui abbiamo offerto aiuto, solidarietà, in maniera gratuita, senza pretendere nulla in cambio, abbiamo ricevuto la gratitudine delle pecore che ci hanno seguiti, percependo, appunto, la voce del buon pastore.

Proviamo a ripercorrere la nostra vita, proviamo a vedere le volte in cui  siamo stati buon pastore o invece quelle in cui ci siamo comportati da mercenari. impariamo dall’esperienza e offriamo la nostra vita, il nostro talento, la nostra generosità a quelle pecore che aspettano di sentire il richiamo del buon pastore per essere condotte a pascoli migliori… 

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).