Il sottomarino giallo

Luciano Duro

Narratore e Sognatore

di LUCIANO DURO *

* In ricordo di Claudio, Cesare e Aldo dei Fevers
Non so cosa sarebbe accaduto se fossero nati a Londra, forse il corso delle loro vite sarebbe cambiato, probabilmente sarebbero diventati famosi, ma nessuno può scegliere il tempo ed il luogo dove nascere, certamente vissero la loro adolescenza e la loro giovinezza nel momento giusto, nel corso di quei favolosi anni ’60 vivendo intensamente ogni attimo e lasciandosi avvolgere dall’impetuoso vento del cambiamento.

Salimmo tutti sul sottomarino giallo, la macchina incominciò a sbuffare come un bisonte che si appresta alla carica, contraendo il corpo prima in avanti poi all’indietro; nuvole di fumo offuscarono la zona circostante ed un pungente puzzo di nafta rese l’aria irrespirabile.

Percorremmo le strade di Londra da Antill Road a Piccadilly Circus. I passanti erano divertiti dall’insolito spettacolo di quel buffo sottomarino giallo che viaggiava in superficie come una mongolfiera ed al nostro passaggio battevano le mani, ridevano e sventolavano foulards colorati.

Nel 1966, Londra era la capitale del mondo, da ogni parte giungevano giovani per visitare i luoghi e i simboli della cultura giovanile.

Era una psichedelica esplosione di suoni e di colori; lungo le strade gruppi di ragazzi cantavano e suonavano strumenti improvvisati. Indossavano camicie a fiori e variopinte giacche di foggia militare: sembravano soldati di un allegro esercito napoleonico, la musica dei Beatles echeggiava nell’aria e si espandeva ovunque. Il cupo grigiore delle nostre vite parve, allora, un ricordo lontano e l’effetto fu come quello di chi davanti ad una pellicola in bianco e nero vede colorarsi a tinte cangianti il susseguirsi di ogni fotogramma.

Il sottomarino giallo viaggiava senza sosta.

La notte sopraggiunse ed il giorno ci accolse in una chiara mattina di fine primavera, il pallido sole colorava la vegetazione di un verde più cupo. Anche le antiche strade di Kingston avevano un aspetto luminoso, i passanti acceleravano il passo per recarsi a lovoro, sembravano strambe figure rispetto a ciò che avevamo visto prima, eppure, nell’insieme, formavano il quadro di una vita che scorreva tranquilla come il Tamigi.
Sospeso tra cielo e terra la macchina continuò il viaggio.

Giungemmo in vista di Portobello Road. Il mercato si snodava lunghissimo come un serpente senza testa; nei banchi disposti ordinatamente, si poteva comprare di tutto: dall’armatura stile Enrico IV al berretto della guerra di secessione americana, arrivato come per magia dalle paludi della Louisiana.

Era un tiepido pomeriggio quando arrivammo nei pressi di Carnaby Street. Fu uno spettacolo indimenticabile, ed ancora in ogni angolo gruppi di musicisti, giocolieri, attori, pittori e poeti, rendevano la strada un grande ed affascinante teatro all’aperto, poi improvvisamente irruppe la Banda di Sergent Pepper e l’allegria si diffuse come un virus contagioso. Scendemmo dal sottomarino giallo per partecipare a quella festa. Un buffo uomo, con un cilindro giallo ed un ampio vestito dello stesso colore, che si muoveva con un fare da giocoliere, presentò se stesso e la banda: “Sono Mr. Kite !”

“Oggi fanno vent’anni che il Sergente Pepper fondò la sua banda. Magari non hanno molto stile, ma fanno nascere sempre un sorriso sulle labbra della gente. Noi siamo la banda del club dei cuori solitari del Sergente Pepper, e speriamo che il nostro numero vi piaccia.
E’ bello essere qui, è davvero emozionante, voi siete un pubblico molto caro, ci piacerebbe portarvi a casa con noi, ci piacerebbe portarvi a casa.”
(The Beatles da :Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band).

Mentre la banda suonava dando fiato agli ottoni, un uomo si fece largo tra la folla, aveva lunghi capelli e occhiali tondi, rivolto a noi che danzavamo, incoraggiati dal cadenzato ritmo di cento tamburi, con voce ferma ci redarguì: “Ehi…ma dove andate con il mio sottomarino… quel sottomarino non vi appartiene… l’ho costruito con mille note colorate e con l’aiuto di Paul, George e Ringo.”

Con grande imbarazzo ci avvicinammo e guardandolo negli occhi, con aria supplichevole, fui io stesso a rispondere: “ Ci scusi…l’abbiamo preso in prestito per qualche giorno, sa eravamo depressi ed annoiati… ma tu chi sei, come ti chiami? Io ti conosco”

“John… mi chiamo John Lennon. Sono contento che il mio sottomarino vi abbia insegnato a sorridere.”

Poi con un benevolo sorriso e con passo spedito si allontanò. Lo rincorsi: “ Aspetti Mr. Lennon, dove va… dovremo ringraziarla per il sottomarino giallo…”

John guardò in alto e sorrise ancora, poi sussurò :” Io vado nei campi di fragole, dove non c’è nulla di reale e nulla per cui stare in ansia. Vado nei campi di fragole, campi di fragole per sempre…”
( The Beatles: Strawberry Fields Forever)