Che D’Annunzio non fosse davvero “acquatile” lo certifica “Il brindisi del poeta astemio”. Riporta 31 vini italiani che raccontò. Nessuno nel Lazio, ma spuntano lettere che portano in Ciociaria: nelle cantine del maniero di Ceccano. Quello progettato dal padre dell’Altare della Patria per un enologo imparentato con un poeta dialettale. Che era amico del Vate e sposato con una pittrice spagnola.
Si professava acquatile, perché gli esteti non s’inebriano, ma non lo era per davvero. È stato “Il brindisi del poeta astemio”, opera di Enrico Di Carlo e Luca Bonacini, a svelare invece una profonda passione di Gabriele D’Annunzio per i vini italiani e francesi. Una passione che, galeotte le intime amicizie, lo avrebbe portato anche nel cuore della Ciociaria: a Ceccano.
Raccontava i vini e li legava ai territori, ma non precisava se li degustasse o meno. Di certo, li descriveva in maniera così dettagliata che pareva quasi che li avesse anche sorseggiati. Non si addiceva alla sua figura: il Vate che diede il nome a un’epoca, il Duce mancato dell’impresa di Fiume. Nel 1910, come accentua Il Gambero Rosso, D’Annunzio fu anche prefatore di una delle prime guide enogastronomiche: “Osteria: guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri”.
Anticipa gli anni trascorsi in Francia, in fuga dai debiti, prima del ritorno in Italia con la propaganda interventista per la Grande guerra. Per ora, tra un’impresa e l’altra, le carte hanno svelato trentuno vini italici raccontati dall’intellettuale decadentista. Non c’è traccia di quelli laziali. Ora, però, spuntano lettere che direbbero il contrario.
Da Sor Lallo: vini e Vip
Quelle lettere portano fino allora cantine dei sotterranei di Castel Sindici. Tutto il parco del centro, pur non proprio formalmente, è considerata “Zona di interesse artistico e naturale” sin dal 1928. Il padrone di casa era Stanislao Sindici, Cavaliere del lavoro, conosciuto come Sor Lallo.
Suo cugino Augusto e la moglie Francisca Stuart, poeta dialettale romano e pittrice spagnola, erano amici di D’Annunzio. Sono stati rinvenuti scambi epistolari tra Augusto e il Vate, invitato in quelle missive nella residenza di Sor Lallo.
D’Annunzio, dimostrando profonda stima, fece la prefazione delle “XIV leggende della campagna romana” del poeta romanesco Augusto Sindici. La sua dolce metà, la madrilena Francisca, era invece allieva prediletta dell’artista e politico Domenico Morelli: una celebrità in quegli anni. Non si esclude che a Castel Sindici sia passato anche un altro mentore della Stuart: il verista Edoardo Dalbono.
Vini “Castel Sindici”
Ad attendere il Vate, del resto, c’erano anche i pluripremiati vini “Castel Sindici”: bianchi Honigler e Riesling e rossi Cabernet Franc e Gamay: tra i più rinomati del Lazio secondo la “Guida gastronomica d’Italia” 1931 del Touring club italiano. Presenti addirittura anche una Expo, all’Esposizione internazionale svoltasi a Bruxelles nel 1935.
Dopo quasi un secolo, ad opera di un Comitato per la sua valorizzazione e tutela, è stata ricreata e rilanciata l’etichetta storica: Castel Sindici contornato da premi e diplomi ottenuti in Italia e all’estero. Stanislao Sindici arrivò a produrre più di duemila ettolitri all’anno, tramutandoli in quasi 300mila bottiglie.
Le cantine erano ospitate da un castelletto neogotico attribuito al celebre architetto Giuseppe Sacconi, progettista dell’Altare della Patria. Era il cognato di Luigi Morosini, ingegnere di Ferentino che partecipò alla costruzione del Vittoriano e promosse la dichiarazione come Zona artistica nazionale: riconosciuta dalla Legge Croce n. 778 del 1922, che era «per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico».
Sacconi a Ceccano
L’architetto Vincenzo Angeletti Latini, a tal proposito, ha garantito preziose precisazioni: «Nel 1886 sappiamo che Sacconi è a Ceccano, dove visita la Chiesa di S. Maria a Fiume, restando particolarmente attratto dall’ambone-pulpito, sicuramente su invito dell’abate Michelangelo Sindici».
E poi ancora: «Possiamo quindi circoscrivere la progettazione e la realizzazione della residenza con annessa cantina tra il 1886 e l’ottobre del 1893. Va scartata l’ipotesi di un coinvolgimento del cognato del Sacconi, del quale ne aveva sposato la sorella Alessandra, il ferentinate Luigi Morosini (1866-1954), in quanto l’incontro tra i due avvenne nel 1894».
Castel Sindici, di certo, è antecedente al 1887. Si sa grazie a un quadro che immortala lì in quell’anno la consorte di Stanislao, Caterina Gizzi. Lo dipinse il pittore romano Cesare Tiratelli, figlio d’arte di Aurelio, di origini ceccanesi.
Anche altre “coltivazioni”
Sor Lallo poteva contare sull’esperienza dell’enologo di casa Filippo Bragaglia. I vigneti erano situati prevalentemente nelle odierne Vigne Vecchie, su ben ventotto ettari della zona periferica di Ceccano, nonché in altri campi locali e di Giuliano di Roma. Il resto è affidato alla Memoria locale.
Domenico Del Brocco raccontò che furono suo nonno Luigi e suo padre Archimede (chiamato Vincenzo) a coltivare quei terreni. Tra i coloni, poi, le famiglie ceccanesi De Camillis e Innocenzi.
Ma Castel Sindici, con tanto di cantina importante, diventò importante salotto culturale e politico. Tommaso Bartoli, autore del libro “Podestà, commissari, gonfalonieri, sindaci”, racconta che in campagna elettorale diventava una scuola di voto: non solo per imparare a firmare, ma anche per essere indirizzati al voto ritenuto giusto. Usanza che, d’altronde, non è sparita al giorno d’oggi.
La riscoperta di Sor Lallo
Tutto questo e tanto altro sono alla base dell’evento patrocinato il fine settimana scorso dall’Amministrazione comunale di Ceccano. Sono le lunghe ricerche condotte, promosse e messe insieme dall’ex assessore alla cultura Stefano Gizzi e dal suo successore al ramo: il consigliere Alessio Patriarca. Hanno attirato un folto pubblico in Piazza Municipio.
Sono intervenute, assieme al sindaco Roberto Caligiore, anche la Regione e la Provincia: l’assessore regionale Pasquale Ciacciarelli, il presidente del Consiglio provinciale Gianluca Quadrini, e il consigliere provinciale Luigi Vacana, delegato alla cultura. La presentazione dell’etichetta dei vini “Castel Sindici” rientra nella serie di eventi “Provincia creativa”.
Al profilo biografico di Stanislao Sindici, delineato dall’avvocato Stefano Gizzi, ha fatto seguito l’intervento del consigliere Alessio Patriarca, che ha anche ricreato graficamente l’etichetta dei vini.
A tutela del marchio
Oltre alla ricostruzione dell’architetto Vincenzo Angeletti Latini, è arrivata anche la descrizione dei vini da parte del professor Felice Zuccarelli. È il presidente del Comitato formato con Pino Marella, Giovanna De Francesco e Carmen Fiorillo.
L’ex assessore Gizzi, carte e foto storiche alla mano, vuole dare «identità e contenuti al “mito” di Castel Sindici, che per molti decenni ha visto la completa cancellazione della figura umana, professionale e civile del Cavalier Stanislao Sindici».
Anche Patriarca, attuale delegato alla cultura, può dire con soddisfazione «di aver salvato dall’oblio una delle pagine più belle della storia di Ceccano, legata a Sindici e ai suoi formidabili vini di eccellenza».
«Ottima è l’acqua», diceva D’Annunzio, ma pure il vino non scherza.