Top e Flop, i protagonisti di giovedì 13 luglio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 13 luglio 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 13 luglio 2023.

TOP

STEFANO BONACCINI

Stefano Bonaccini

Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini è stato in predicato per giorni di diventare il Commissario Straordinario per l’emergenza alluvione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Poi qualcuno a Palazzo Chigi ha capito che mettere in mano ad un esponente del Pd una briscola così proficua sarebbe stato un harakiri politico. Perciò, in barba al fatto che Bonaccini conosce la sua terra a menadito, gli si è preferito il “neutro” ed efficientissimo generale Francesco Paolo Figliuolo.

La scelta è pur sempre ottima, ma Bonaccini non ha atteso molto per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Lo ha fatto con la sua proverbiale concretezza, quella che porta il Presidente del Nazareno e della regione più colpita da quel disastro a puntare dritto alla polpa. Lui non ha sconfessato Figliuolo, ma ha eroso le credibilità del timing che al generale è stato assegnato. “Noi abbiamo un solo dovere, che è quello di collaborare con il governo e con il generale Francesco Paolo Figliuolo, che oggi è il nostro interlocutore indicato dal governo”.

E da un summit Cisl ha aggiunto cose acutissime. “Spero che venga spiegata una cosa abbastanza clamorosa. Esce un decreto legge che riprende un disegno di legge del ministro Nello Musumeci che indica per le calamità 5 anni più 5 per al ricostruzione. E ancora: “Poi il governo eroga finanziamenti, pochi, perché con 2,5 miliardi per 3 regioni è difficile poter rispondere a quanto è successo, per tre anni”. A questo punto Bonaccini, che usa il pallottoliere come un fioretto da Conte Emilio di Ventimiglia, ha stoccato.

“Si mette un impegno triennale, per quanto troppo poco, il decreto legge per le ricostruzioni sarà di 5 anni più 5. E poi: “Ma si si fa così come è possibile nominare un commissario che terminerà il suo mandato tra meno di un anno? L’impegno di Figliuolo è a termine?.

L’eco della sua domanda è arrivata a Palazzo Chigi che entro il 23 dovrà portare il Dl Alluvione alle Camere. Ma pare non ci siano state onde acustiche di ritorno.

Colpiti ed affondati.

GIUSEPPE GOLINI PETRARCONE

Giuseppe Golini Petrarcone

C’è una sola circostanza in cui il notabilato storico cassinese (non cassinate, guai a sbagliare) diventa iena: quando qualcuno gli tocca il nome. L’ex sindaco Giuseppe Golini Petrarcone si è dimesso da consigliere di minoranza a Cassino e lo ha fatto con una disamina cruda che ha assunto i toni di un “j’accuse”. La notizia non arriva “a bomba” per cognizione della stessa perché l’ex sindaco aveva già parlato di dimissioni. (Leggi qui: Il J’Accuse di Petrarcone prima dell’addio).

Lo aveva fatto dopo “quel consiglio comunale in cui fummo protagonisti, anche se non direttamente, di scene non consone a chi deve rappresentare gli interessi dei cittadini di Cassino. Ma la scarsissima urbanitas di quella pur deprecabile Assise c’entra poco. C’entra e molto di più il fatto che “subito dopo quel consiglio, fui raggiunto da un avviso di conclusione delle indagini da parte della Procura della Repubblica di Cassino. Avviso che mi contestava il reato di favoreggiamento.

Petrarcone non ha esitato a definire l’indagine che vede rubricato anche il suo nome come “variegata”. Che significa? Che il consigliere dimissionario non contesta (come potrebbe? E’ avvocato e pure bravo) l’esercizio possibile dell’azione penale. No, lui eccepisce in punto di etica che quel fascicolo sia stato una sorta di “macedonia” con diversi indagati per diverse tipologie di reato.

Eppure è un fascicolo unico. E il denominatore comune pare suggerire una “mission stragiudiziale” non voluta dal requirente ma censibile in concetto. L’accusa è chiara: quel fascicolo, pur congruo proceduralmente, per lui è stato instradato nello storico pre-fascicolare in punto di strategia politica. E la miccia sarebbe stata il famoso Consiglio, quello in cui in aula risuonò la parola “feccia”.

“Peppino” Petrarcone avrebbe voluto eguagliare e superare il record di suo padre che “è stato in questa Aula ininterrottamente dal 1949 al 1984”. Ma qualcuno, più di qualcosa, gli ha impedito di andare a meta. E soprattutto, pur non riuscendoci grazie a due pronunciamenti del Riesame, preservare al millesimo l’integrità di un cognome che per Cassino è storia. E lui questa cosa se l’è legata al dito, con un avversario in meno ed un nemico in più.

Il merito del fascicolo, ove vi fosse, dirà chi aveva ragione, ma la forma di ciò che ha innescato extra tabulas una ragione l’ha già assegnata. A Petrarcone subentrerà Armando Russo, figlio dell’indimenticato Luigi. Ma ieri sera ad essere stato indimenticabile, e trasudante stile, è stato il modo con cui Giuseppe Golini Petrarcone ha detto addio al Consiglio senza dire addio alla sua statura morale.

Nodo (francese) al fazzoletto.

FLOP

FLAVIO BRIATORE

Flavio Briatore (Foto: Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica)

Eravamo in attesa che magari aggiustasse il tiro e per farlo abbiamo allargato il timing. Tuttavia andare in deroga per Flavio Briatore quando Flavio Briatore decide di fare Flavio Briatore in purezza è inutile. Lo è perché l’imprenditore ha una sua visione del mondo. Ed è una visione che non ha mai tenuto conto delle differenze tra gli obblighi del pubblico e le franchigie del privato.

Lui è così, partita Iva nell’anima, crede che basti saldare un debito dopo averlo fatto e tutto è a posto. Anche quando il debito lo ha fatto, in punto di etica non cristallina e forse anche di Diritto, un ministro dello Stato. Anzi, una ministra come la sua amica (e socia) Daniela Santanchè.

Perciò dopo aver letto del Briatore-pensiero sul Corsera non c’è stata alcuna Briatore-retromarcia delle ultime ore. Retromarcia di buon senso e buon gusto, come tutte le cose in cui si ha il privilegio di ammettere un errore. “La conosco da quarant’anni, da quando da ragazzi giocavamo a bocce a Cuneo. È stata sempre una gran lavoratrice”.

Bene benissimo, ma l’amicizia è una cosa, l’obiettività è quella cosa là al cubo. “Io non capisco il problema, se sono i debiti verso lo Stato, li ha rateizzati, e lei ha anche messo a disposizione pure la sua casa. La tesi è semplice: “In un Paese normale le direbbero chapeau, qui si scatena un ambaradan mediatico“. E l’imprenditore pare e abbia anche sconsigliato di riferire in Senato. Non so perché è andata. Per fronteggiare i debiti si è pure privata di una partecipazione al Twiga, un’azienda che va bene. Questo andrebbe apprezzato.

Due domande due: ma non lo aveva fatto per sanare un conflitto di interessi con il suo ruolo di titolare del Turismo? E ancora, in punto di oportunità e non di Diritto: chi è il socio residuo di Briatore rimasto a guidare con lui il Twiga?

Io Twigo, tu Twighi, egli Twiga.

GIANLUCA BORRELLI

Da ieri è il capogruppo di Fratelli d’Italia ad Alatri. Auguri. Ha preso il posto di Mattia Santucci, sfiduciato per essere rimasto leale al progetto di centrodestra con il quale Maurizio Cianfrocca è stato eletto sindaco dopo dieci anni di centrosinistra in città. (Leggi qui:; Terremoto FdI, sfiducia al capogruppo di Alatri).

Fin qui si potrebbe parlare di normale dialettica politica interna. Che normale non è dal momento in cui è sintesi di una tattica tanto infantile quanto suicida: quella del “o si gioca come dico io o buco il pallone”. Che è esattamente quella innescata ad Alatri da quando Gianluca Borrelli ha lasciato la Lega per raggiungere l’ex presidente della Provincia Antonello Iannarilli in FdI.

Il concetto di coalizione è stato immediatamente retroposto al concetto di Partito. In Pratica: Iannarilli ha reclamato l’assessorato in più detenuto fino a quel momento dalla Lega, considerato che ora Borrelli si era spostato in FdI. Numericamente ineccepibile ma politicamente inaccettabile da una coalizione che viene messa sotto scacco. E che sa benissimo quanto quello sarebbe solo il primo passo: chi cede la prima volta poi deve cedere sempre.

Anziché subire il ricatto Fdi, la maggioranza Cianfrocca ha lasciato che l’alleato se ne andasse all’opposizione. Lasciando un solo voto di margine all’esecutivo. Il risultato politico: Fdi dalla maggioranza si ritrova all’opposizione; si ritrova spaccata; si ritrova a sconfessare il risultato politico che aveva costruito portando alla vittoria il centrodestra.

Scelte legittime. Coerenti con l’elezione di Borrelli a capogruppo. Poi che lo scopo della partita sia un altro è discorso differente. Perché una cosa è giocare per la squadra ed un’altra cosa è giocare solo per essere quello che segna il goal.

Più masochisti del Pd