Top e Flop, i protagonisti di giovedì 18 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 18 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 18 gennaio 2024.

TOP

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini a Firenze

Attenzione, non si deve mai condannare il merito di quel che dice un politico ma trascurando quello che un politico dice sul merito di cose ritenute fumose. E che mette nelle pieghe di un pistolotto di propaganda di parte ad uso degli elettori per Bruxelles.

Quanto meno va fatta una media comportamentale. Matteo Salvini ad esempio ieri mattina era ad Agorà su Rai 3 e, in mezzo alle tante cose non proprio condivisibili che ha detto, una l’ha azzeccata. Cioè ha ufficializzato senza più sofismi la corte spietata che la Lega sta facendo al discusso generale Vannacci.

Premessa: il valore aggiunto delle dichiarazioni di Salvini in ordine alla discesa in campo della greca non sta in quel che Salvini pensa di Vannacci. Né in quello che Vannacci pensa dell’ordine delle cose nell’esistenza umana. In quello e da quello si può dissentire con vigore o assentire con gioia, questione di gusti.

No, il valore aggiunto di ieri intestabile al leader della Lega è che per la prima volta da mesi e con un piano Europee già in atto in maniera palese è stato quello dello sfratto ad una ipocrita cortina fumogena. Quella cioè che vedeva solo e soltanto il vicesegretario del partito Andrea Crippa condurre le trattative pubbliche con il generale ed il segretario e leader fare la parte dello gnorri.

Di un leader cioè a cui Vannacci e quel che Vannacci può raccogliere in termini di consenso sta più che bene, ma che non è mai uscito dalla modalità “auspicio”. Ieri invece Salvini, con tanto di discutibile endorsement alla combo “uomo dello Stato in divisa”-scrittore che “se non ti piace non lo leggi”, ha spifferato tutto.

Ed ha detto che sì, “ne stiamo parlando”. Quindi che la candidatura di Vannacci, a sua volta molto a suo agio nel ruolo della corteggiata finta-ritrosa, è praticamente cosa fatta. Cosa scontata ma molto urticante per gli alleati di FdI e per Giorgia Meloni.

Premier che potrebbe trovarsi un competitor interno d’acciaio proprio nella circoscrizione dove il suo partito è più forte. Quella dell’Italia Centrale.

Sì, mi piace e lo arruolo.

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli Foto © Stefano Strani

Soriano o siamese, fate voi. Se il suo collega di Cassino Enzo Salera viene spesso accostato ai pittbull per la sua irruenza, il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli ha invece grande familiarità con i gatti. Come loro ha la capacità di adattarsi ad ogni passaggio, attraversare i passi più stretti e soprattutto ha sette vite. Come ha dimostrato la seduta con in Question Time andata in scena ieri sera in Consiglio Comunale.

Prevederlo era facile. A nessuno conviene aprire una crisi in questo momento, sia politico che amministrativo. Per mandare segnali di malcontento politico ci sono dietro l’angolo le elezioni Europee e quella sarà l’occasione per pesarsi e valutare se ci siano le condizioni per un atto di forza. Sul piano amministrativo invece è stata registrata la massima compattezza. (Leggi qui: Fino alle Europee solo grida manzoniane).

Non basta. Alle interrogazioni di tutti i Consiglieri, Riccardo Mastrangeli ha risposto sempre per primo: quasi a voler testimoniare il fatto che il primo cittadino “sta sul pezzo” di ogni argomento e ne sa quanto i titolari della delega.

In questa fase storica, al di là delle grida manzoniane, c’è nulla. Riccardo Mastrangeli lo sa. Allo stesso modo in cui sa che non è questa la fase in cui preoccuparsi. Eventualmente arriverà dopo le Europee a seconda del risultato che registrerà in città la Lega, cioè il Partito che ha espresso la sua candidatura seppure in forma civica. Fino ad allora è tutta vita.

Il gatto a sette vite e nove code.

FLOP

MATTEO MONTEVECCHI

Matteo Montevecchi

I peggiori muri sono quelli che uno poi si trova in casa, cioè dove credeva di poter costruire ponti. E’ una sensazione che hanno sperimentato in molti, ma il grado di intensità con cui l’ha sperimentata in queste ore Luca Zaia è per certi versi inarrivabile.

Non imprevedibile, a contare le posizioni della “Lega istituzionale” e di base sul fine vita, ma che potesse essere superata, questo sì. E invece non è andata affatto così, grazie ad una linea che il consigliere regionale del Carroccio in Emilia-Romagna Matteo Montevecchi ha riassunto bene.

Anzi, benissimo: “Lo stop alla proposta di legge di iniziativa popolare sul suicidio assistito in Veneto è una grande notizia”. Già, una grandissima notizia, quella per cui anche nel gotico mood della lega ci fosse stata una luce prog e che a spanderla fosse stato il governatore più efficiente del Carroccio. Efficiente ma governista ed efficiente perché governista. “E’ anche una sonora sconfitta per il presidente della Regione, Luca Zaia. Il governatore, dopo aver inspiegabilmente promosso e propagandato negli ultimi anni un’agenda iper-progressista, era giunto a sposare la proposta Cappato”.

I fatti sono noti: Zaia lo aveva fatto “votando favorevolmente e sponsorizzandola a più non posso tra i suoi consiglieri”. Montevecchi incalza e lo ha fatto per l’intera giornata di ieri: “Avrebbe voluto rendersi l’artefice di questa legge pro-morte, ma gli è andata male e ha subito una sonora sconfitta. Ora per consolazione gli potrebbero giusto regalare la tessera onoraria del Pd.

E l’alternativa, la “via vera” secondo il leghista romagnolo? “Investire sulle cure palliative e sull’assistenza alle famiglie delle persone fragili. Non consentirne il suicidio, come avrebbe voluto Zaia”. (…)

Lo Stato deve tutelare la sacralità della vita di ogni persona, cercando di eliminare la sofferenza, non il sofferente”. Certo, eliminare il sofferente. A questo si puntava.

Che ciavrai da’ ride…

FABIO CAGNAZZO

Fabio Cagnazzo

«Per anni ho convissuto con una spada di Damocle sul capo, a causa di accuse del tutto infondate e frutto di mere illazioni e suggestioni che saranno finalmente e definitivamente chiarite. Ora potremo discutere di tutta la vicenda nelle sedi opportune. Sono serenissimo e come sempre a disposizione della Giustizia»: il colonnello Fabio Cagnazzo non è un carabiniere qualsiasi. Quando è finito al centro dei sospetti ben 26 Sostituti Procuratori della Repubblica della Dda di Napoli ci hanno messo la faccia per esprimergli solidarietà e stima; ricordando che è grazie a lui che hanno arrestato 180 latitanti e disarticolato molti clan.

L’ex comandante provinciale dei carabinieri di Frosinone è sospettato di avere avuto un ruolo nell’omicidio del sindaco-pescatore di Pollica Angelo Vassallo, avvenuto il 5 settembre 2010. Per questo ieri è stato quasi undici ore di fronte al procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli e del pool che indaga sul delitto.

Cagnazzo, per anni protagonista a Napoli e provincia di indagini sui più potenti clan di camorra, poi comandante provinciale a Frosinone e ora in servizio a Roma, da un anno e mezzo risulta tra gli indagati per la morte di Vassallo. La ricostruzione degli inquirenti individua il movente dell’assassinio nella scoperta, da parte del sindaco, di un traffico di stupefacenti riconducibile ad ambienti camorristici e nel quale sarebbero stati coinvolti anche esponenti dell’Arma. Vassallo sarebbe stato ammazzato dopo aver confidato quanto sapeva sulla vicenda all’ex procuratore capo di Vallo della Lucania, Alfredo Greco. Ma prima di poter formalizzare la sua denuncia ne aveva parlato ad un carabiniere di assoluta fiducia dello stesso Greco.

Sempre in base alle accuse, Cagnazzo si sarebbe speso in una attività di depistaggio delle indagini organizzata già prima che Vassallo venisse ammazzato.

Nei secoli (in)fedele?