Lazio ‘laboratorio criminale’ Latina e Frosinone strette dai clan. La relazione dell’Antimafia

La relazione semestrale della Dia al Parlamento disegna uno scenario particolare. In cui le mafie hanno saputo sfruttare le sacche di povertà indotte dal virus per consolidare posizioni già acquisite in passato. Domina la camorra, ma la ndrangheta incalza e i clan rom non sono più vassalli di nessuno.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Un’economia più povera, resa tale dalla tempesta Covid, che ha offerto il fianco alle mire delle male. Ancor più del solito perché il Lazio è regione ad alta densità abitativa, dove cioè le dinamiche economiche sono spalmate su un tessuto sociale fittissimo e ramificato. Tessuto che, come un terreno preparato dalla pandemia, è ideale per far attecchire due direttrici inquietanti. Cioè il losco welfare dei malommi e le operazioni finanziarie con soldi proventi di crimine.

Il Lazio è dunque un laboratorio criminale dove non solo i clan canonici, ma anche le nuove mafie etniche giocano alla cupa alchimia del crimine organizzato. E la più parte degli alambicchi è in provincia di Frosinone e Latina.

È questo il sunto della relazione semestrale della Direzione Nazionale Antimafia inviata al Parlamento.

Economia ferma, e le male si insinuano
CARABINIERI IMPEGNATI IN UN’OPERAZIONE ANTIMAFIA

Per la parte che interessa il Lazio e le provincie di Frosinone e Latina, questa situazione trova polpa in un «andamento generale dell’economia laziale meno positivo rispetto alle annualità precedenti».

Attenzione però: il fenomeno era in atto già dal 2019, al di fuori cioè del nesso causa effetto fra Covid e flussi economici. Il che significa che il problema oggi è incrementato, non certo nuovo.

Ma quando un problema cresce aumentano anche gli spiragli per chi di quel problema è alla radice. Ecco perché Covid ha in un certo senso ‘aiutato’ le mafie. Perché ha aumentato i bisogni di cui esse si nutrono.

Un reddito pro capite inferiore alle aspettative e il colpo di grazia inferto dal coronavirus hanno poi fatto il resto.

La mappa di confische e sequestri

Come sempre, a dettare l’agenda delle realtà attenzionate dall’Antimafia sono i dati dei grandi sistemi complessi di economia e giurisprudenza attiva. Dalla Banca d’Italia, che fornisce dati sul regresso economico nel Lazio agli atti giudiziari sui sequestri frutto dell’individuazione presuntiva di reati associativi.

L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata parla chiaro. Sono in atto «le procedure per la gestione di 1.090 immobili confiscati. Altri 786 sono già stati destinati. Sono altresì in corso le procedure per la gestione di 396 aziende, a fronte di 11 già destinate».

«Si tratta di alberghi, ristoranti, società di commercio all’ingrosso, ville e appartamenti. E poi fabbricati industriali e terreni agricoli sottratti alle mafie nel Lazio. Tali beni sono ubicati, seguendo un ordine quantitativo decrescente, principalmente nelle province di Roma, Latina, Frosinone e Viterbo».

Dopo Roma Latina e Frosinone

FOTO © ALBERTO LO BIANCO / IMAGOECONOMICA

Tutto in un ordine che non è casuale, che rispecchia cioè il grado di pervasività delle mafie nelle province. E che vede Pontino, Ciociaria e Cassinate secondi solo alla Capitale.

La relazione Dia parla chiaro: «Il Lazio si presenta, così, come un vero e proprio “laboratorio criminale”. Un laboratorio in cui coesistono formazioni, non solo mafiose, di diversa matrice e etnia, il cui radicamento è più evidente nella Capitale e nelle province di Latina e Frosinone, non a caso quelle con il più alto numero di beni confiscati alle mafie».

Una realtà ben descritta dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma all’assemblea per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020-

«Anche il territorio del Basso Lazio è stato oggetto di una espansione via via sempre più profonda e ramificata. Non soltanto ad opera di clan camorristici e del corrispondente insediamento dei relativi esponenti. Ma anche di cosche di ‘ndrangheta, la cui presenza si è con il tempo estesa e strutturata. Questo fino a determinare la compresenza su quel territorio di un coacervo di gruppi, la cui attività (…) ne ha segnato profondamente il tessuto economico-sociale ed anche politico».

L’evergreen della camorra

Ma il must resta legato alle attività della camorra aversana e delle sub galassie casalesi.

«In tali territori anche la criminalità campana investe i proventi illeciti nelle più diversificate attività economiche. Attività quali la gestione di esercizi commerciali e di sale giochi e il mercato immobiliare. Oppure i servizi finanziari e di intermediazione, gli appalti pubblici».

« E ancora lo smaltimento di rifiuti, l’edilizia (con le collaterali attività di gestione di cave, di estrazione dei materiali inerti, etc.). Senza ovviamente tralasciare il settore degli stupefacenti. La parte meridionale della provincia di Roma, peraltro, è storicamente luogo di rifugio per i latitanti della camorra».

Latina: riciclaggio e Mof “in salsa calabrese”

Foto © Livio Anticoli / Imagoeconomica

In provincia di Latina regge il collaudato assioma della collaborazione fra clan ‘esterni’ e male locali. Ed essendo terra ricca, il Pontino è ormai terra più di finanza che di reati muscolari.

«Il Sud Pontino si caratterizza per la presenza di personaggi legati a vari gruppi criminali. Ad esempio esponenti delle ‘ndrine calabresi dei Bellocco, Tripodo, Alvaro e La Rosa – Garruzzo. Sono nel tempo risultate operative proiezioni delle cosche reggine Aquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica e Commisso di Siderno. Conferma dell’attualità del coinvolgimento di soggetti di matrice calabrese nei traffici di stupefacenti condotti nel pontino si è avuta con l’operazione “Selfie” del maggio 2019».

Ma il Pontino è anche terra di riciclaggio puro. Lo dimostra l’operazione “Gerione”. Un blitz con cui la GdF sequestrò ad un pregiudicato contiguo alla ‘ndrangheta beni per oltre 10 milioni di euro.

Il Procuratore di Roma inquadrò in modo chiaro la vicenda. «Latina ha un tessuto economico più importante rispetto ad altre realtà regionali. Con il Mof di Fondi che (…) rappresenta uno dei centri agroalimentari tra i più significativi del sud. Abbiamo deciso di creare un ‘pool’ di magistrati che in collaborazione con la procura di Latina indaga in modo specifico su questo territorio. Porzione in cui si sono sviluppate realtà criminali autoctone, sul modello di Ostia».

Ristoranti e sale slot in mano ai clan campani

FOTO © MARCO CREMONESI / IMAGOECONOMICA

Queste nuove dinamiche si innestano poi sulla consolidata vocazione del Pontino ad essere terra di elezione.

Di chi? Dei casalesi e dei clan metropolitani dell’area nord est di Napoli.

«Attivi elementi dei clan Casalesi, Bidognetti. Poi Bardellino, Moccia, Mallardo, Giuliano. Ancora Licciardi, Senese e Zaza. Per i sodalizi campani, vista la contiguità geografica, il sud pontino costituisce la naturale “area di delocalizzazione”. Sono praticati riciclaggio e reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio. Con risorse investite soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione, nonché nell’acquisizione e nella gestione delle sale da gioco».

Su tutto si innesta poi il neo dominio dei clan a trazione rom e calderash. Gruppi ormai non più in vassallaggio criminale, ma autonomi e con una sorta di welfare interno. E con un potere intimidatorio immenso derivante dalla loro brutalità di novizi del crimine organizzato.

«Tutte le fasce sociali, indistintamente, erano sottomesse alla forza prevaricatrice ed intimidatoria della nota famiglia rom. Cittadini comuni, piccoli imprenditori, professionisti (commercialisti e avvocati). Financo gli stessi criminali comuni dovevano piegarsi alle regole criminali dettate dai Di Silvio».

Frosinone: videopoker, new slot e scommesse

Gioco d’azzardo in mano ai clan

In provincia di Frosinone il binomio camorra-clan rom è ancora separato. Le due realtà criminali operano in autonomia ma senza pestarsi i piedi.

Perché dalla Ciociaria al Cassinate gli affari d’oro si fanno soprattutto con il gioco. Un fenomeno che la crisi Covid ha incrementato al parossismo. E che – per l’antimafia – ha nel gruppo criminale messo in piedi da Luigino Venosa ‘O Cucchiere’ il suo perno. Assieme ad esso i clan giulianesi. Sono gruppi orfani del controllo del Litorale Domitio dopo la fine del vassallaggio della mano d’opera nigeriana nello spaccio di droga.

«L’incidenza criminale registrata nel frusinate è prevalentemente determinata dall’operatività di proiezioni dei sodalizi campani. Con particolare riferimento alle storiche presenze del clan Venosa ed alle proiezioni del clan dei Casalesi e del clan Mallardo. Riscontri investigativi hanno inoltre, nel tempo, evidenziato gli interessi, oltreché dei Casalesi, anche dei Misso e dei Mazzarella nel settore del gioco. Questo attraverso il riciclaggio di denaro in settori quali il bingo, la raccolta delle scommesse sportive ed ippiche-Poi i videopoker e le cd. new slot».

Il Cassinate, terra di latitanti

Ignazio Portelli, prefetto di Frosinone © Stefano Strani

Il Cassinate fa un po’ storia a sé. Storicamente contiguo all’Agro Aversano, è terra in cui gli affari di mala, droga e usura in primis, si sommano alla mistica del buen retiro comodo per i latitanti.

«Anche nel territorio di Cassino si è registrata una crescente presenza di proiezioni dei sodalizi criminali casertani. Nell’area risiedono soggetti appartenenti al cartello dei Casalesi, agli Esposito di Sessa Aurunca. Poi ai Belforte di Marcianise. Infine ai clan napoletani Licciardi, Giuliano, Mazzarella, Di Lauro. Ed anche al clan Gionta, originario di Torre Annunziata.

«Nella provincia, inoltre, hanno trovato rifugio numerosi latitanti. Lo dimostrano gli arresti di alcuni esponenti di spicco legati ai clan Amato-Pagano, Polverino e dei Casalesi. Si registrano sul territorio diversi episodi delittuosi perpetrati da aggregazioni criminali autoctone. Queste, ancorché meno strutturate delle prime, risultano attive nel racket delle estorsioni, nell’usura e nel traffico degli stupefacenti. Anche in osmosi con organizzazioni insediate in altre aree».

L’ombra del voto di scambio

L’OMBRA DELLA MAFIA NELLE URNE

La relazione della Dia censisce anche alcuni eclatanti casi giudiziari non ancora passati sotto il suggello di un giudicato definitivo. Ma che a detta dei magistrati antimafia sono indicativi di un modus operandi che ha pervaso anche il Frusinate ed il Cassinate.

Il legame fra politica, pubblica amministrazione e male è infatti un paradigma tutto campano e siculo. Ma evidentemente, nel delineare la nuova zona grigia fra “mafia pura” e condotte mafiose, i magistrati hanno ritenuto di dover censire anche il caso del cassinate. Esigenza questa inaugurata quando qualche anno fa vennero messi sotto cappello associativo le condotte dei clan rom e delle combriccole di pusher locali.

«Da segnalare che i Carabinieri (…) hanno dato esecuzione a misure cautelari emesse dal GIP del Tribunale di Cassino. Misure nei confronti di due amministratori locali del frusinate. I due, con la complicità di un imprenditore del luogo, si erano resi responsabili di reati elettorali (c.d. “voto di scambio”). Promettendo cioè assunzioni di personale a tempo determinato. Il successivo 4 luglio sono stati sospesi dalle cariche con un provvedimento del Prefetto di Frosinone».