Bristol-Myers Squibb: ecco cosa c’è dietro alla vendita (di F. Ducato)

Cosa c'è dietro all'annuncio della vendita dello stabilimento Bristol Myers Squibb di Anagni. Le strategie di Big pharma. La terapia genica e le nuove strade per curare il cuore. Quale futuro per l'impianto realizzato nel '66 e tra i migliori in Italia. L'assenza della politica: nessuno sapeva niente

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Partiamo dall’aspetto più immediato e fonte di preoccupazioni, e cioè quello dell’occupazione. E proviamo a spegnere l’incendio che in queste ore sta divampando.

La notizia della decisione della Bristol Myers Squibb di vendere lo stabilimento di Anagni (leggi qui Pigliati ‘na pasticca… Bristol-Myers Squibb vende lo stabilimento di Anagni) non significa necessariamente che circa 800 posti di lavoro verranno bruciati nel giro di pochi mesi.

Da questo punto di vista le prospettive sembrano essere buone e le prime indiscrezioni parlano di potenziali acquirenti in grado di offrire garanzie in questo senso.

Il problema, come si dice in questi casi, è a monte. Ovvero, nelle motivazioni che hanno portato alla decisione di vendere lo stabilimento anagnino da parte della casa madre Bristol Myers Squibb.

 

La terapia genica

Detto in poche parole; la realtà della farmaceutica sta cambiando a grande velocità in tutto il mondo. L’ultima frontiera oggi sta nella capacità di lavorare sul campo della genetica. Scenari che presuppongono tecniche modernissime, quasi fantascientifiche.

Su campo da tempo la Bristol è impegnata nell’individuare un gene capace di curare il cuore. Per gli appassionati della materia, la multinazionale del farmaco è concentrata su un gene che regola la proteina fosfatasi-1. Nelle persone con insufficienza cardiaca, quella proteina è sovraespressa (come dicono i ricercatori) ed interferisce con la capacità del cuore di contrarsi.

Il farmaco sul quale Bristol sta lavorando va ad agire su una componente molecolare comune a tutti i pazienti con insufficienza cardiaca: un solo prodotto che funzionerebbe su tutti. Debellando una patologia che oggi è incurabile ma solo gestibile attraverso i farmaci (ed il corretto stile di vita).

 

Via prima che sia tardi

Cosa c’entra Anagni con questo? E perché non dovrebbe essere un dramma la vendita dello stabilimento?

Bristol-Myers Squibb collabora con l’olandese UniQure per la scoperta e lo sviluppo di vettori per la terapia genica cardiaca.

La pianificazione delle strategie aziendali guarda lontano. Anagni produce (e anche molto bene) farmaci antibiotici. Ricavandone margini di profitto.

Ma con molta probabilità le prospettive analizzate dalla multinazionale dicono che entro i prossimi anni le cose andranno diversamente. Per fare un esempio, senza allontanarci tanto, i francesi di Thomson si liberarono di Videocolor quando fu chiaro che il futuro era lo schermo Lcd. E la piazzarono agli indiani di Vdc che erano interessati ai cinescopi, portando in India le vecchie ma efficaci linee di produzione. Ad Anagni finirono delle inutili linee al plasma, fallimentari e non tecnologicamente superate dal Lcd.

 

In prospettiva

Il destino di Bristol-Myers Squibb Anagni è lo stesso di Vdc? La risposta per il momento è no. Ma solo per il momento. Come dimostrano le ricerche di personale aperte ancora a febbraio 2018: analista di laboratorio Qc chimico, analista di laboratorio QC microbiologico, operatori pharma, stagisti.

Il problema è, per dirla brutalmente, la scarsa rilevanza che il nostro territorio ha assunto sul piano dell’interesse economico. La decisione di vendere, almeno per il momento, significa una cosa sola. Che un grande complesso mondiale come la Bristol, decide di scegliere in quali posti conviene investire. E, spiace dirlo, Anagni e la provincia di Frosinone e l’Italia non fanno parte del novero.

 

Investitori alla porta

A dicembre inizieranno le visite dei potenziali acquirenti. A chi potrebbe interessare uno stabilimento come Anagni?

La vera domanda è proprio questa: “prenditori” come gli indiani di Vdc o “imprenditori” come quelli di Big pharma?

Inutile domandarlo ai parlamentari eletti in provincia di Frosinone: tutti (tranne Massimo Ruspandini) sui banchi della maggioranza e alcuni anche in commissione Lavoro. Nessuno sapeva niente della vendita, nessuno conosceva in anticipo le strategie del gruppo, nessuno è in grado di dire chi è intenzionato ad acquistare.

Nelle prossime ore sarà una pioggia di ‘vigileremo‘, e di ‘assicureremo‘. E qualcuno dirà che ‘è la conseguenza dei governi a guida Pd‘.

La realtà dei fatti è che non sapevano niente. Ma oramai, nessuno si aspetta da loro più niente.