«Non ci pigliamo in giro: avete l’accordo con Mario»

La tumultuosa riunione per decidere come posizionarsi al ballottaggio. Accuse e veleni nelle file di Petrarcone. Mignanelli punta il dito. La linea di Astorre

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

«Non ci pigliamo in giro: qui ci sta chi ha già fatto gli accordi sotterranei con Mario Abbruzzese»: l’ex vice presidente della provincia di Frosinone Massimiliano Mignanelli ha gettato il cerino acceso nel lago di benzina delle sei liste civiche guidate da Giuseppe Golini Petrarcone sconfitte d’un soffio domenica alle elezioni Comunali di Cassino.

Lo ha fatto nel pieno della riunione che doveva decidere cosa fare. Chi appoggiare al turno di ballottaggio che si terrà tra dieci giorni: se stare con il centrodestra di Mario Abbruzzese o con il centrosinistra di Enzo Salera.

Venduti

L’accusa di Massimiliano Mignanelli nasce da due elementi. Il primo è di natura politica, il secondo di ordine pratico.

Il primo elemento è che la coalizione nemmeno avrebbe dovuto interrogarsi su una domanda simile. Perché è nata come alleanza ‘contro‘ Abbruzzese, l’elemento aggregante è stato la comune avversione verso il vice coordinatore nazionale Enti Locali di Forza Italia ed ex presidente del Consiglio Regionale del Lazio. Già il fatto che ci si sia posti la domanda significa che è cambiato tutto: che si è pronti a saltare la barricata.

Il secondo elemento: Mario Abbruzzese ha avviato le consultazioni per allargare il suo consenso già lunedì sera, mentre lo spoglio era ancora in corso. Ha contattato ad uno ad uno tutti quelli con un pacchetto di voti significativo per testare la loro disponibilità. Nessuno escluso.

Il suk

L’accusa di Massimiliano Mignanelli ha incendiato la discussione. Scatenando accuse reciproche. Costringendo ad indossare i panni del pompiere al povero Peppino Petrarcone, ancora stordito da una sconfitta maturata per appena 263 voti su 18mila (Abbruzzese ne ha presi 6.115, Salera ne ha 6.067 e lui è arrivato a 5.805). Ha tentato di spegnere i focolai dicendo «Vediamo se riusciamo ad andare tutti insieme».

Invece non sarà così. L’immobiliarista Salvatore Fontana ha ottenuto quasi 600 voti personali nella lista Orgoglio Cassinese, rischia di essere espulso da quel Pd per il quale è stato delegato all’Assemblea nazionale. «Io sono disponibile a trattare con tutti, non voglio fare come Francesco Mosillo la volta scorsa, ma Mosillo con noi non ci vuole parlare».

L’imprenditore sanitario Francesco Mosillo è una delle due anime del Pd cassinate, nella versione di Fontana fu lui tre anni fa a non voler raggiungere un accordo con l’altra anima Dem guidata da Petrarcone; le elezioni le vinse il centrodestra. Per completezza, la versione di Mosillo è sempre stata diametralmente opposta.

Ma al netto delle ruggini personali, Massimiliano Mignanelli ha intercettato l’intenzione di Fontana che consiste nel mettersi al tavolo. E tanto gli basta.

La stessa moneta

Così come l’ha letta nelle file di Marino Fardelli, l’ex segretario cittadino del Pd, dimessosi il giorno in cui il segretario Regionale Bruno Astorre si è presentato a Cassino per mettere fine in una sera all’immenso caos nel quale aveva gettato le trattative del centrosinistra, sperando poi di essere lui il candidato. Fardelli poi ha snobbato le primarie, si è schierato contro il candidato individuato dal centrosinistra in base allo statuto, ha candidato il fratello Luca nelle file di Petrarcone centrando l’elezione. In minoranza, per ora. Riunificare il centrosinistra? «Per me va bene quello che decide Peppino».

Si profila un regolamento di conti politici. Al ballottaggio di tre anni fa una parte dei mosilliani non votò per l’altro candidato di centrosinistra: non fu un’indicazione ufficiale, fu un atteggiamento spontaneo di alcuni big.

Oggi, a parti invertite, ci si prepara a fare lo stesso. In maniera altrettanto spontanea.

La delegazione

L’apparenza vuole che non si dica. Così, per salvare le apparenze, ci sarà una delegazione unitaria che andrà a sentire le proposte ufficiali. dall’una e dall’altra parte.

Composta da chi? «Dalle liste che hanno centrato l’elezione» propone qualcuno. Scatenando la reazione di Niki Dragonetti che non ha centrato il risultato ma vuole continuare a stare a bordo «Siamo una coalizione e va una rappresentanza di tutti». Stessa posizione per Francesco Malafronte del Polo Civico: «Facciamo innanzitutto un apparentamento tra di noi, in questo modo anche le liste più deboli saranno rappresentate».

Massimiliano Mignanelli prende la parola e semina il caos. «Caro Fontana, se Mosillo non ci vuole parlare è perché ha percepito che sarebbe una perdita di tempo: perché sa che qualcuno di noi ha già fatto accordi con Mario».

Poi la stoccata agli ex Pd: «Io ho governato per anni con Mario, ho visto e partecipato a decine di accordi. Vi dico solo: andate a vedere quanti sono stati rispettati. Vi consiglio solo una cosa: guardate a quali garanzie verranno date alla città perché qualsiasi cosa garantiranno a voi sappiate che non verrà rispettata».

Il monito di Bruno

Bruno Astorre al primo turno aveva risolto in un attimo il caos della trattativa. Poi, con un secondo intervento aveva dettato la linea agli elettori di centrosinistra ma con amici nelle file di Petrarcone: ‘fate voto disgiunto a favore di Salera’. E così è stato: il voto disgiunto ha condannato Petrarcone.

Ieri sera il terzo intervento: un input a Salera ed uno a chi ha spaccato il centrosinistra. Al candidato sindaco ha raccomandato di fare tutto il possibile per riunificare tutto il centrosinistra. Poi, citandoli per nome «ai vari Fardelli, Russo e Petrarcone: capiscano che l’avversario è nel centrodestra e non è in casa nostra, non commettano dunque l’errore che è stato commesso nel 2016 e che ha portato alla sconfitta del centrosinistra».

Anche Bruno Astorre, come Massimiliano Mignanelli, ha capito come stanno le cose.