Cassino e il ricordo vero della guerra che non è un orso

All'orso Wojtek è stato dedicato un monumento a Cassino: ma in città nn mise mai piede. ma fa più scena. E allora si ricorda lui. Dimenticando centinaia delle storie di eroismo di cui la zona è piena. Memoria falsa di un immaginario più seducente e storia vera di una Storia che a Cassino ha credito da poco tempo. E male

Gaetano De Angelis Curtis

Università di Cassino Laboratorio di Storia Regionale Dipartimento di Lettere e Filosofia

Si sta entrando, sempre più, nel periodo caratterizzato dalle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario dei tragici fatti che hanno investito pesantemente il territorio dell’odierno Lazio meridionale. Ad 80 anni di distanza si può trarre un bilancio di come la città di Cassino abbia inteso ricordare in modo tangibile il dramma delle popolazioni locali e dei militari caduti.

Quali sono le testimonianze concrete (monumenti, opere, statue, sculture ecc.) che a Cassino sono state erette? Cosa verrà consegnato ai posteri di tutte le età e di tutte le nazioni affinché non vada dispersa la memoria del sacrificio cui la città è stata chiamata a offrire? E quali le testimonianze per le sue vittime civili, per i suoi sfollati dispersi ovunque e poi per gli eroici ricostruttori con le loro donne al fianco? Quali le testimonianze perché non vada dispersa la memoria del sacrificio di quelle migliaia di uomini di tutte le nazionalità?

Tutte le nazioni ci mandarono uomini

Il generale polacco Władysław Anders

A Cassino combatterono uomini provenienti da tutti gli angoli della terra: polacchi, statunitensi compresi italoamericani e nisei di origine giapponese. Poi canadesi, inglesi, gallesi, scozzesi, indiani, australiani, neozelandesi compresi i maori, sudafricani, francesi, algerini, marocchini, tunisini, senegalesi, tedeschi, austriaci, cecoslovacchi, bielorussi… Uomini sbattuti in prima linea a combattere e a morire a Cassino per la «nostra libertà».

Sul territorio di Cassino sono presenti tanti manufatti di caratura internazionale. Innanzitutto i tre cimiteri di guerra o più precisamente sacrari militari. Quello germanico a Caira, quello con le truppe del Commonwealth a Sant’Angelo in Theodice, quello polacco a Montecassino. Opere volute e realizzate dai rispettivi Stati per onorare i loro caduti.

Ci sono monumenti, lapidi, steli ed anche un residuato bellico sacralizzato. Sono disseminati nelle alture tra l’Albaneta e Montecassino da parte dei militari del II Corpo d’armata polacco; un busto del loro comandante il generale Wladislaw Anders, dono dei reduci polacchi d’America è collocato in posizione decentrata. Invece un monumentino innalzato dai neozelandesi in un’area interna alla stazione ferroviaria è pressoché sconosciuto. C’è una lapide a ricordo di unità militari britanniche alla Rocca Janula mentre un cippo lo ha eretto dall’ambasciata d’India di Roma alle spalle della Concattedrale.

Le opere di privati cittadini ed associazioni

La Campana della Pace a Sant’Angelo in Theodice

Sono presenti anche alcune opere realizzate di privati cittadini o da associazioni. L’esempio più conosciuto è la campana della pace sul fiume Gari e l’area limitrofa con qualche piccola stele; è il teatro di una della battaglie più sanguinose combattute a Cassino.

C’è poi la Memoria di pietra: nove massi imponenti e squadrati di cui sei collocati lì dove c’erano monumenti o edifici più cari e significativi della Cassino prebellica, scomparsi a causa della furia della guerra. E altri tre che ricordano eventi storici della città. C’è il monumentino eretto dall’Associazione delle vittime civili posto in uno spazio angusto e c’è muro del martirologio, sebbene realizzato in modo snaturato rispetto all’idea originaria.

Il monumento alla Pace di Umberto Mastroianni

I manufatti di natura pubblica partono dal classico monumento ai caduti: semplice e sobrio, con alla sua destra un residuato bellico (un carro armato) posto su macerie della città perduta. Mentre più caratteristici sono i due monumenti alla Pace, opera di Umberto Mastroianni, eminente artista di caratura internazionale, di cui uno eretto sul colle Janulo in un contesto difforme rispetto al progetto originario. E lasciato lì abbarbicato e solitario, con tanto di errore nell’orientamento. L’altro nel centro della città posto su di una infelice rotonda stradale e, si dice, pure parzialmente modificato. Tuttavia essi hanno almeno il pregio di essere in asse l’uno con l’altro rappresentando l’orrore delle esplosioni alle quali il maestro assistette in giovanissima età.

Doveva essere un grande attrattore internazionale capace di dare una svolta al turismo in città l’Historiale frutto dell’opera inventiva di Carlo Rambaldi, non un vero e proprio museo tradizionale di guerra ma un percorso uditivo, visivo, emozionale. Che purtroppo sta perdendo l’aurea di sacralità e che in un’area al suo interno conserva, semiabbandonate, mute, dismesse, delle reliquie laiche della Cassino che fu.

Completa il quadro qualche data storica e il nome di qualche caduto nella toponomastica cittadina. Tutto qui.

I ruderi nascosti e la “vergogna” di mostrarli

I ruderi della chiesa della Madonna del Carmine

Vanno aggiunti i resti di quello che era un edificio religioso, la Chiesa del Carmine. Quei ruderi sono le reliquie laiche di una città cancellata dalla faccia della terra, sono l’unica testimonianza dell’infuriare della battaglia. Tuttavia risultano nascosti, quasi si avesse vergogna a mostrarli. Davanti ad essi ora c’è un muro che di fatto li ha separati per sempre dalla vista e dai cuori delle persone.

La guerra ha cancellato da Cassino una delle sue opere caratteristiche. Avveniristiche per quel tempo. La Cassino prebellica vantava un teatro ed una funivia che la portava direttamente a Montecassino evitando la strada. Con la ricostruzione non è stata ripristinata, ricostruita o costruita una nuova funivia di collegamento della città con l’abbazia sovrastante. Esempi sono presenti in tutt’Italia: il santuario di Montevergine collegato alla sottostante città di Mercogliano in provincia di Avellino, la Basilica di Sant’Ubaldo a Gubbio.

Quando la realizzarono aveva soluzioni tecniche e turistiche ardite e all’avanguardia (di fianco alla stazione, con una campata a unico pilone, sito poi divenuto tristemente famoso come «collina del boia» o «collina dell’impiccato»). Mentre nel corso degli anni si è persa anche la disponibilità dell’area dove era attestata la partenza della funivia.

Fino al 2014 il buio della memoria

Il monumento al generale Anders parte del memoriale

Fino al 2014, cioè nei primi settanta anni dopo la guerra, nessun manufatto. Nessuna opera tangibile è stata realizzata al fine di celebrare e ricordare il sacrificio dei soldati polacchi del II Corpo d’armata che hanno combattuto e dato la vita per la libertà degli italiani in genere e delle popolazioni del Cassinate in specie. Si è dovuto aspettare la donazione di un busto del generale Wladislaw Anders fatta da reduci polacchi negli Stati Uniti a Cassino. Busto installato in un’area non prettamente centrale della città, inaugurato il 18 maggio 2014.

Provvidenzialmente lo Studio «Giacomo Bianchi & Partners Architects» ha presentato uno stupendo e avveniristico progetto per la realizzazione di un memorial. Progetto definito come luogo della memoria, dedicato al generale Wladyslaw Anders ed a tutti gli eroi polacchi di Montecassino, ma ancora un dono della Polonia. Dovrebbe vedere la luce il prossimo anno.

Tuttavia da poco il panorama urbano di Cassino si è “arricchito” di una statua dedicata, addirittura, a un animale, un orso. Statua che ora è possibile ‘ammirare’ nel bel mezzo di una piazza nel centro città. Senza neanche fare della facile ironia sulla fattura, l’estetica, il colore della statua, che l’animale era di razza siriana e dunque un orso bruno mentre la sua raffigurazione a Cassino è in pietra bianca. E senza neanche fare della facile ironia che si voleva installare la statua bianca di un orso bruno su un piedistallo finché dall’Ambasciata polacca si fece notare l’inopportunità di porre il manufatto di un animale su un basamento, va detto che Wojtek ha una sua storia particolare.

Abile, arruolato e plantigrado

Scout polacchi di fronte al memoriale all’orso Wojtek ad Edimburgo (Foto © DepositPhotos.com)

Era nato sulle montagne dell’Iran. E quando a Teheran giunse quella parte del derelitto popolo polacco rilasciato dai gulag sovietici, una bambina adottò l’orsetto rimasto orfano della madre. Poi crescendo divenne una inusuale mascotte delle truppe polacche che seguì nei vari spostamenti in Irak, Palestina, Egitto. Poi il Corpo d’armata polacco fu trasferito in Italia e Wojtek per poter viaggiare sulla nave militare venne arruolato come soldato semplice della XXII compagnia trasporto.

Dai porti della Puglia i polacchi giunsero nell’Appennino centrale per rilevare le postazioni del Corpo di spedizione francese. L’«onore» che fu riservato loro di attaccare Montecassino e conquistare l’abbazia, lì dove per mesi tutti avevano fallito, portò le truppe polacche a insediare i loro Quartier generali ad Acquafondata. Inoltre a San Vittore, Cervaro. Finché risalendo la Cavendish Road e dissanguandosi per l’attacco all’Albaneta, nella mattina del 18 maggio 1944 poterono finalmente piantare la loro bandiera su ciò che rimaneva della millenaria badia.

Nessun orso a Cassino, ma la favola piacque

In tutto ciò Wojtek non venne mai portato sulla prima linea di Cassino, non è mai transitato a Cassino, non ha mai calcato con le sue zampe la terra di Cassino.
Ma non è questo il punto, né che l’interesse di qualcuno o più di qualcuno appare suscitato da un aspetto veramente marginale. Che oltretutto ha poco o nulla a che fare con questo territorio. Ma va rilevato che si tratta tuttavia di un interesse quasi morboso giacché ha indotto addirittura a collocare una statua nel bel mezzo di Cassino. E portato scolaresche in processione nonché ispirato ricerche specifiche o tesi e tesine sull’argomento.

La questione è che storie e vicende umane forse perché drammatiche e molto spesso luttuose non appaiono interessare. Né arrivano alle persone, né entrano nella memoria collettiva e individuale. Interessano cose frivole rispetto alla drammaticità degli eventi subiti ottanta anni fa.

Il sacrario di Collelungo

Non interessa la vicenda, tanto per fare un esempio, dell’eccidio di Collelungo di Cardito a Vallerotonda, una strage di ben 42 vittime di cui 38 erano persone del luogo (anziani, bambini, finanche una neonata di un mese). Esse e quattro soldati italiani rimasti ignoti.

Non interessa la vicenda, tanto per fare un esempio, della nascita di un bambino partorito nello scalone di accesso a Montecassino. In mezzo a una folla di sfollati, con tanta promiscuità e nessuna intimità, con assoluta mancanza di igiene. Bambino che dopo quindici giorni di vita subì il tremendo bombardamento dell’abbazia. E che avvolto in uno sdrucito e consunto scialle nero fu portato in braccio dalla mamma a Roccasecca percorrendo viottoli di montagna sconvolti dalle bombe.

Vittime innocenti e bambine uccise dalle bombe

Foto: Collection if the National WWII Museum 2002.337.524

Non interessa la vicenda, tanto per fare un esempio, di tre nuclei familiari. Uno di sei fratellini da 1 a 10 anni, uno di quattro da 6 a 17 anni, uno di tre, dai 2 ai 12 anni. E morti tutti sotto le macerie del primo bombardamento di Cassino, quello del 10 settembre 1943.

Come non interessa la vicenda, tanto per fare un esempio, di un dentista militare indiano amputato di un braccio mentre era in prima linea a Cassino. E poi nel dopoguerra comunque capace di affermarsi professionalmente in campo odontoiatrico a Londra.

Non interessa la vicenda, tanto per fare un esempio, di un signore di Terelle capace di confessare davanti a tutto il paese minacciato di rappresaglia dai tedeschi, le sue “gravi” colpe. Quelle cioè di aver nascosto e aiutato tre aviatori americani dispersi su monte Cairo. Condannato inizialmente a morte, con pena ridotta a 14 anni di lavori forzati in Germana in quanto reo confesso.

La memoria falsa dell’immaginario che piace

E quante migliaia di altri esempi possono essere portati, di stragi, di atti di eroismo, di aiuto disinteressato, di violenze. Non interessano queste vicende, affascina di più, solletica di più, colpisce di più l’immaginario la storia dell’orso Wojtek.

Inoltre ciò che fa rimanere stupiti è che la rappresentazione simbolica dell’eroismo del Corpo polacco dissanguatosi sulla via per Montecassino è affidata a un orso.

Più in generale, il ricordo di migliaia di soldati, polacchi e non, caduti nella conquista o nella difesa della città e nelle alture circostanti è demandato alla statua di un animale, che sa di offesa, che umilia, disonora e mortifica questo territorio.