Sbadigli e noia nel confronto tra i candidati Pd su Sky

Vince la formula sbadiglio nel confronto su SkyTg24 tra Zingaretti, Giachetti e Martina. In onda all'ora di pranzo: così non li vedeva nessuno. Meglio.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Avvincente come una finale olimpica in differita di nuoto sincronizzato, appassionante come la millesima replica di Via col Vento. Il confronto tv tra i candidati alla Segreteria Nazionale Pd è andato in onda su SkyTg24 nell’orario sbagliato: la pausa pranzo. La sua collocazione giusta invece sarebbe stata la terza serata, in competizione diretta con Marzullo ed i suoi ospiti. In papalina e babbucce, con la tisana a portata di mano, tra uno sbadiglio e l’altro, i botta e risposta tra Nicola Zingaretti, Roberto Giachetti e Maurizio Martina sarebbero stati efficaci per conciliare il sonno. Meglio della conta delle pecore.

Chi si aspettava un confronto scoppiettante, condito da frasi ad effetto e battute micidiali ha iniziato a russare sul divano intorno al decimo minuto. Il direttore dei palinsesti di SkyTv non è uno di primo pelo e saggiamente ha collocato la trasmissione lì dove nessuno l’avrebbe vista. Tra Maria De Filippi ed i suoi spasimanti in aspirazione di coniugio. All’ora in cui davanti al televisore ci sono solo le casalinghe che stanno finendo di sciacquare i piatti e qualche impiegato che addenta al volo un’insalata voltando le spalle allo schermo.

Nessuno si è perso niente. Roba da far rabbrividire Jader Jacobelli e la sua Tribuna Politica Anni 70 con Fanfani e Pajetta. Loro almeno avevano l’alibi del periodo storico. Non è stato uno spettacolo. Non lo è questo Pd: pieno di speranze e di macerie, camposanto di illusioni tradite e vivaio di delusioni. Infine, a rendere inutile uno spettacolo noioso è stata quella collocazione: la certificazione che del Pd non frega più niente a nessuno e non è uno spettacolo da prima serata. Amen.

La formula

Una formula più casereccia, nulla a che vedere con quella specie di talent show che venne messo su ai tempi di Renzi nel 2017. E se anche ci fosse stato qualche spunto bruciante, ad ucciderlo nella culla ci ha pensato lo schema imposto dalla par condicio: 90 secondi per la risposta, 30 per la replica, non vi parlate sopra altrimenti il Garante mi bacchetta. Conduce l’esperto Fabio Vitale ma nemmeno se ci fossero stati David Letterman o Jay Leno sarebbe stato possibile risollevare le sorti di uno spettacolo come una gara di formula uno disputata con i muletti.

In tutta la trasmissione, l’unica scintilla si è accesa tra Giachetti e Zingaretti: su Quota 100? O sull’alleanza con il M5S? Macché: sul Venezuela!

La soglia psicologica

Si comincia dalle misure. La politica oggi non si misura sulle idee, non si pesa sulla sostanza dei suoi contenuti. Vive un’ansia da misure. Ci casca anche Sky che domanda quanti saranno gli elettori che andranno ai gazebo. Che è come domandare: quanto pensate di essere morti?

«Scommetto su oltre un milione di partecipanti alle primarie», dice Nicola Zingaretti. «Dobbiamo lottare per arrivare almeno a un milione di elettori. Faccio un appello perché è accaduto qualcosa: le primarie del Pd stanno diventando le primarie per l’Italia. Il Pd e’ malato, è ovvio, ma è anche l’unico strumento per un’alternativa. E se vanno bene le primarie, possiamo vincere le europee».

“Vedrete che arriveremo a un milione di persone” risponde Maurizio Martina. Sembrano gli etilisti anonimi che si fanno coraggio a vicenda durante la terapia di gruppo. Roberto Giachetti nemmeno li sta a sentire lui ha già sparato che si tingerà i capelli di giallorosso in caso di vittoria: «Non mi aspetto nessun numero».

Il fantasma Matteo

C’è un fantasma in queste Primarie. È l’uomo che nel bene e nel male ha ridotto in macerie il Pd. Perché non era mai entrato in una sezione di Partito e non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire gestire un’assemblea del Pci o della Dc. Pensava di cavarsela rottamando tutto. Invece ha smontato il giocattolo e non è stato più capace di riassemblarlo. E nemmeno i compagni di giochi più esperti hanno voluto dargli una mano.

Il fantasma di Matteo Renzi è uno spettro dal quale Nicola Zingaretti si è affrancato. «Ho con lui un ottimo rapporto, non l’ho mai votato ma l’ho sempre rispettato. Mi auguro che non ci manchi nell’ambito di un partito pluralista».

Roberto Giachetti è come il vedovo inconsolabile che rifiuta di elaborare il lutto: «A me Renzi non manca perché ringraziando Iddio c’è. È l’arma di punta della nostra opposizione. Non mi manca perché io sono assolutamente leale».

Non è da meno Maurizio Martina: «Io direi quanto manchiamo noi a Renzi, penso che anche lui viva la sfida fondamentale di costruire un’alternativa a questa destra. Non possiamo esaurire il nostro dibattito nel definirci renziani o antirenziani».

È l’unica differenza tangibile fra i tre candidati. Tra chi rimpiange Renzi, chi vorrebbe essere Renzi e chi, come Zingaretti, si rende conto fino in fondo delle macerie che gli stanno lasciando in eredità.

Migranti, facciamoci del male

C’è un tema giusto al quale il Pd ha dato risposte che gli elettori non hanno apprezzato. Se siano state risposte sbagliate o non sia stato capace di spiegarle fa poca differenza. Gli elettori ormai se ne sono andati.

Allora il nuovo Pd come vuole gestore l’emergenza migranti? Maurizio Martina vuole «abrogare la legge Bossi Fini e il decreto Salvini che è suo figlio». Roberto Giachetti gioca il jolly chiamato Marco: «Noi l’emergenza sbarchi l’abbiamo gestita grazie a Marco Minniti». Per Zingaretti  «la Lega cavalca un tema giusto dando risposte sbagliate. Noi non abbiamo visto quanto stavano crescendo le disuguaglianze e la solitudine delle persone, l’insicurezza e la paura. Questo non vuol dire abiurare, ma non siamo stati capaci di leggere il tema. La Lega l’ha capito cavalcando un tema giusto con risposte sbagliate».


Reddito di cittadinanza? Anche no

Sul resto sono tutti d’accordo. Il reddito di Cittadinanza? Ma anche no. Per Nicola Zingaretti «Il Reddito di Inclusione del Pd era migliore, il reddito di cittadinanza del M5s è di sudditanza. Va cambiato non abolito». Roberto Giachetti lo paragona ad «una polpetta avvelenata per le persone che soffrono. Il Rei stava funzionando. Noi abbiamo abbassato le tasse sul lavoro».

Maurizio Martina lo cambierebbe. In che modo? «Rafforzerei il reddito di inclusione. Loro hanno speso sei o sette miliardi, si possono mettere 3 miliardi per ampliare la platea del Rei e il resto metterlo per abbassare il cuneo fiscale».

Finalmente uno scazzo

L’unico momento in cui si innescano le scintille è sull’astensione di 8 eurodeputati Dem al voto sul Venezuela. Tra loro c’è Goffredo Bettini, sostenitore di Zingaretti. Giachetti accusa: “Il governo sostanzialmente sostiene un dittatore. Non è solo un problema dell’Italia, c’è un problema del Parlamento europeo. Mi rincresce che solo 8 deputati hanno votato insieme a M5s e Lega e tra quelli che non lo hanno fatto c’è Goffredo Bettini. che sostiene Nicola Zingaretti».

Nicola Zingaretti si innervosisce. E inizia a parlare nello stile da apparatcick. Replica: “Non si può mettere in discussione la scelta di un parlamentare europeo che era finalizzato a una maggiore adesione così come anche l’Alto Commissario Federica Mogherini».

Ribatte Giachetti: “Questo è il racconto che fa Nicola…“. E incalza sulle contraddizioni dentro la mozione Zingaretti: “Lui ha il sostegno del ministro Minniti e contemporaneamente una senatrice che ha definito le politiche migratorie di Minniti da schiavista. Ha l’ex-ministro del Lavoro Poletti e chi vuole cancellare il Jobs Act“.

Il giochino delle alleanze

Roberto Giachetti accusa Nicola Zingaretti di essere ambiguo sul tema delle alleanze coi Cinque Stelle, e riporta le dichiarazioni in tal senso di Massimiliano Smeriglio, vicepresidente del Lazio: «Nessuna alleanza e bisogna smetterla con le caricature che fanno dei danni non a me ma alla nostra comunità», risponde Zingaretti

Si va avanti così. Tra uno sbadiglio e l’altro. Meglio che non li abbia visti nessuno.