La sconfitta dell'Olimpico ha lasciato tante note positive, a cominciare dalla capacità del tecnico di sapersi adattare all'emergenza, continuando sempre ad esprimere un buon calcio.
La ricerca continua del gioco e della manovra, la mancanza totale di timore reverenziale, l’assoluta tranquillità di giocare per la prima volta davanti a 65.000 persone che per molti giallazzurri è stata una novità. E quindi la sfrontatezza, la voglia di provarci sempre grazie ad uno spartito sempre molto interessante, grazie ad una condizione fisica e mentale sempre molto importante. Anche se alla fine dei 100’ dell’Olimpico il Frosinone ha fatto venire alla Roma più brividi per le chiare occasioni da gol sfumate (4, di cui 3 nel primo tempo e 1 nella ripresa) che per i tiri tra i pali della porta giallorossa.
Il calcio a questi livelli, per quanto passi per strategie ed analisi approfondite a tavolino, qualche volta ha la stessa imprevedibilità di un coniglio impazzito. E così in 3’ la chimica della gara ha cambiato formula: dall’occasione di Cuni, all’infortunio di Romagnoli fino alla rete di Lukaku. La suggestiva sfida dello stadio Olimpico deve però lasciare spazio più alla soddisfazione che ai rimpianti. E’ un obbligo quindi lasciare il passato nel passato. Come ama dire il tecnico giallazzurro Di Francesco e come ha ripetuto domenica sera nella conferenza stampa del post-gara quando i giornalisti sponda-Roma hanno provato ad incalzarlo con le domande sulla sua (lunghissima) esperienza giallorossa. Bisogna ripartire dalle cose migliori e ce ne sono state tante domenica sera.
La capacità di saper cambiare senza snaturarsi
Ripartire ad esempio dalla assoluta capacità di mister Di Francesco di saper ridisegnare la squadra nell’emergenza derivante, non va mai dimenticato, dalle assenze (lunghe) di Gelli e Harroui, quella di Kalaj da luglio e quelle di Kaio Jorge e Lirola. Non basta però solo un tratto di penna per ridisegnare una squadra di calcio. E’ necessario aver saputo plasmare questo gruppo a tutte le varianti tattiche. E Di Francesco lo ha fatto.
Nella partita più complicata, schierandosi con il 3-4-3 iniziale ha impartito (anche) una bella lezione di calcio a chi, tra i suoi colleghi, naviga nell’integralismo esasperato. Poi gli è venuto a mancare – come se non bastasse già – Romagnoli ma, al di là di quella frazione di secondo di black out peraltro naturale, la difesa si è saputa comportare in maniera egregia. Considerando sempre che di fronte c’era una rosa che sfiora i 200 milioni di euro di valore e che il Frosinone ha saputo opporsi senza andare mai sotto i 6 giocatori oltre il 2000 in campo. Chiudendo con l’esordio del 2005 Ibrahimovic e ben 7 millennials in campo. Anche queste sono soddisfazioni.
Adesso l’obiettivo si chiama Verona. Nella speranza di ritrovare qualche effettivo in più per una gara che rappresenta uno di quei passaggi fondamentali verso la chiusura del miniciclo di partite che a fine ottobre, dopo il lunch match di Cagliari del 29, permetterà di tracciare un primo bilancio in casa giallazzurra. Che è sicuramente positivo per approccio, per mentalità, per espressione di calcio e per coagulo di squadra.
La Fiorentina in zona Champions
La settima di andata che si era aperta con la vittoria del Milan sulla Lazio (2-0), si è chiusa lunedi sera con la vittoria esterna del Monza su un Sassuolo (1-0) che frena bruscamente dopo i 6 punti ottenuti tra Juve e Inter, il pareggio a reti bianche tra Torino e Verona e il successo netto della Fiorentina sul Cagliari (3-0) che rimane ultimo in classifica a 2 punti ma che Ranieri vede comunque viva e vegeta.
La Viola terza in classifica, sulle ali di un Nico Gonzalez da Champions, non è una sorpresa e questo risultato aumenta ancora di più il valore della prestazione e del pareggio ottenuto dal Frosinone la settimana precedente.
Comanda Milano
Quanto alla squadra di Pioli – che mette a nudo i problemi di una Lazio che col passare delle giornate di scopre sempre più orfana di Milinkovic Savic che dei gol mancati di Immobile – continua il cammino a braccetto con l’Inter che rifila un 4-0 senza appello alla Salernitana, penultima a 3 punti. Sarri se la prende con la composizione dei calendari che metterebbero a repentaglio l’incolumità dei (suoi) calciatori e prova ad imitare Mourinho quando afferma che aveva chiesto altri profili alla Società. Ma la Lazio a Milano, al di là dei nomi di chi va in campo, perde perché va in bambola sotto il profilo tattico e prende due gol identici.
L’Empoli, a 3 punti con la Salernitana, incassa senza colpo ferire il 3-0 nel lunch match di domenica a Bologna e stenta ancora ad assimilare l’Andreazzoli-ter.
Il Napoli avanti tutta, la Juve frena
Il Napoli gioca da Napoli e cala un 4-0 di qualità e quantità sul campo del Lecce mentre l’Udinese deve soffrire in casa col il Genoa per arrivare ad aggiungere alla sua classifica 1 punto che pone i bianconeri momentaneamente ai margini della zona retrocessione.
Infine la Juve che sul campo dell’Atalanta è costretta a stringere i denti, a ringraziare il palo e le parate di Szczesny che alla fine fissano lo 0-0 finale. Allegri senza Vlahovic e Milik perde peso specifico nell’area avversaria, sulla sponda bergamasca grande ritmo fino al tramonto del match ma zero gol perché forse la partenza di Holjund e Zapata oggi pesa più di quanto non si potesse immaginare.