Dove va l’edilizia laziale mentre Covid le toglie il fiato

Edilizia

Federlazio affida al suo Osservatorio un'indagine a tappeto sul settore Edile. Le conseguenze del Covid. Il quadro che ne emerge indica limiti e soluzioni per rinascere.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Edilizia nel Lazio e Covid, o meglio, come il secondo ha rallentato la prima. Il quadro tracciato da Federlazio per mezzo del suo Osservatorio è lo strumento adatto per capire. Capire come andasse prima di Covid, come stava andando con la prima ondata e come rischia di andare con la seconda. Il tutto con il più empirico dei metodi: dati ufficiali incrociati con quello che gli operatori rispondono. E fra il consuntivo di un 2019 fra luci e ombre e le previsioni di un 2021 che rischia di azzoppare un settore cardine dell’economia non c’è più spazio per proclami.

Ora servono solo soluzioni concrete. E passi avanti del governo che superino il lodevole beneficio del bonus 110%. Soprattutto per le imprese più piccole che hanno più difficoltà ad intercettare i grandi filoni pubblici.

Tutti i numeri dell’edilizia

L’Osservatorio di Federlazio ha stilato il report sull’edilizia

Parlare di edilizia significa parlare di un comparto che nel Lazio costituisce il 15% dell’universo imprenditoriale. E che incamera il 5,5% dell’occupazione totale nella regione. Questo nonostante la crisi e la conseguente riduzione della sua base produttiva, con le sue 73.500 imprese e oltre 126 mila addetti. Ecco il perché di una indagine che ha anche un altro scopo. Cioè «raccogliere e monitorare costantemente – dice Federlazio dati e informazioni utili. Utili a supportare azioni e iniziative degli stakeholders interessati a sostenere la ripresa del settore».

Come ogni anno, la Federlazio ha realizzato l’”Osservatorio sullo stato di salute dell’Edilizia nel Lazio”. Il lavoro è articolato in una raccolta ed elaborazione di dati di contesto. Dati rilevati da fonti ufficiali e dai risultati di un’indagine diretta presso gli operatori del settore nel Lazio. Tutto questo con interviste, realizzate tra la seconda metà del mese di settembre e la fine di ottobre 2020. Interviste sulla base di un questionario on-line rivolto a un campione rappresentativo di 230 aziende. Proprio esse hanno raccolto giudizi e informazioni riferite al 2019 (consuntivo) e alle previsioni dei prossimi mesi.

La ricerca ha raccolto giudizi e informazioni sulle attività aziendali per segmenti di mercato, sull’occupazione, sulle previsioni per i prossimi mesi. E ancora, sugli effetti determinati dalla crisi sanitaria causata dalla diffusione del Coronavirus. Infine sulle opinioni degli imprenditori in merito alle misure messe in atto dal Governo e dalla Regione per affrontare lo scenario. Il Rapporto permette di fornire informazioni «utili per promuovere azioni in grado di sostenere la ripresa del settore. Settore che – per Federlazio – può e deve svolgere un ruolo centrale nel percorso di uscita dalla crisi accentuata dalla pandemia».

I dati del 2019: luci ed ombre

Le imprese piccole soffrono di più

Nel 2019, quindi precedentemente alla crisi sanitaria, l’edilizia aveva fatto registrare alcuni segnali di vitalità in specifici segmenti di mercato. Vitalità che si era sostanziata «in una leggera ripresa dei livelli di fiducia degli imprenditori. Accompagnata da maggiori difficoltà per le imprese di minori dimensioni».

Ma qual era lo stato dell’arte del settore nel 2019? In quell’anno in Italia calano sia il numero di occupati (– 68.000 pari al – 5%) che il numero di imprese attive (– 2.337 pari al -0,3%). (Leggi qui la situaziona a metà del 2020: Federlazio, ecco come Covid ha cambiato gli scenari).

Tuttavia, nonostante queste dinamiche, «gli indici della produzione edilizia hanno presentato, nel biennio 2019/2020, livelli stabili o in lieve incremento». Il segreto di quegli indici stava però, secondo il report, in un dato. Quello degli andamenti divergenti secondo i principali macro-segmenti.

Cioè le cose andavano un po’ ‘in otto volante’ a seconda dei settori. «Infatti, si è verificata, da un lato, un’ulteriore riduzione degli investimenti in nuova edilizia privata. (con una contrazione di circa un miliardo di euro tra il 2018 e il 2019). Mentre, dall’altro, si è consolidato un trend di leggera ripresa delle attività di riqualificazione del patrimonio abitativo. (+ 0,3 miliardi). Inoltre si è registrata una crescita di 6 miliardi di euro, dei valori messi a bando per le opere pubbliche». Anche il mercato immobiliare nel 2019 risulta in crescita con un incremento del 4% del numero delle compravendite rispetto al precedente anno.

La situazione dell’edilizia regionale

A livello regionale la situazione si è presentata in maniera analoga a quella nazionale per quanto riguarda l’occupazione. Vale a dire con una riduzione di circa 4 mila unità rispetto al 2018. Ma «diversa nella dinamica imprenditoriale. Dinamica che ha fatto registrare una crescita di circa 350 imprese attive».

Il tutto con un leggero rallentamento degli importi messi a bando dalla Pubblica Amministrazione. Poi con una riduzione di circa 108 milioni rispetto all’anno precedente. Che tuttavia avevano fatto segnare un notevole balzo in avanti, di oltre 500 milioni, tra il 2017 e il 2018.

Poi è arrivato Covid. La pandemia ha «congelato le speranze di ripresa del settore che si erano timidamente presentate nel corso del 2019. Nei mesi del lockdown gli indici della produzione edilizia si sono drasticamente ridotti. Ridotti fino a quasi ad azzerarsi in aprile».

Coronavirus, Terapia Intensiva in uno degli ospedali Covid

Successivamente, però – secondo i dati dell’Osservatorio – il recupero è stato notevole. Gli indici dei mesi di agosto e settembre nel Lazio sono stati superiori rispetto a quelli rilevati lo scorso anno. Questa ripresa ha coinciso anche con l’avvio del bonus 110%, che sta cominciando a mostrare i suoi effetti positivi e da una serie di misure e azioni sblocca cantieri. Sono misure implementate nei mesi immediatamente successivi il lockdown da parte del Governo e degli Enti Locali.

La seconda ondata: l’incertezza

Poi Covid ha rialzato la testa e cominciato a mordere di nuovo: persone e tessuto socioeconomico. La seconda ondata della pandemia nella regione «ha di nuovo frenato la crescita. I mesi invernali si presentano sotto il segno dell’incertezza e del timore di una nuova battuta d’arresto». I risultati dell’indagine presso gli imprenditori del Lazio danno la cifra della situazione. Si confermano lievi miglioramenti che riguardano prevalentemente le imprese di maggiore dimensione. Sono quelle più strutturate e capaci di intercettare la domanda pubblica, mentre si accentuano le difficoltà per le realtà più piccole.

Fanno fede i saldi di opinioni sugli andamenti complessivi delle attività delle imprese. Fattori dati dalla differenza aritmetica. Quella tra le imprese che dichiarano di essere andate meglio e quelle che dichiarano un peggioramento. Eccoli: sono stati pari a: -3 punti percentuali per l’intero campione. +17 per le imprese con maggiore numero di dipendenti. -14 per quelle con un numero di addetti compreso tra 6 e 20. Insomma, i medio piccoli soffrono di più.

Come va segmento per segmento

E sui segmenti specifici? «Si conferma il ruolo trainante delle attività di valorizzazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare privato. (saldo di opinioni +26 punti percentuali) Sembrano in ripresa anche gli interventi di recupero urbano (+5,9). Interventi dai quali, da tempo, gli imprenditori si attendevano segnali positivi. Nonostante questi timidi effetti, le aziende sottolineano che la situazione occupazionale continua a presentare criticità».

Ancora criticità per la situazione occupazionale di settore

Criticità che tendono ad accentuarsi (il saldo di opinioni è pari al -6 punti percentuali)». Il dato è evidente, quasi banale ma a tre dimensioni. L’impatto della pandemia ha acuito la frattura. Fra chi? Tra imprese «che riescono a mantenersi sul mercato grazie alla loro solidità e alla capacità di rispondere alla complessità dei cambiamenti in corso e le altre. Quelle meno strutturate e meno dinamiche, che si trovano in condizioni di equilibrio estremamente precario». Chi lo dice? Loro, gli imprenditori dell’edilizia.

Chi vince e chi perde

Che sull’andamento delle attività nel periodo tra gennaio e settembre sottolineano la differenza. Infatti «la metà delle aziende ha visto ridursi in maniera significativa il proprio giro d’affari. Questo mentre il 20% è riuscito addirittura ad incrementarlo». E la cartina tornasole sul caso è quella degli ammortizzatori sociali. La diffusione delle difficoltà incontrate dalle imprese è anche testimoniata dal 60% che ha fatto ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni. E sulle possibilità di uscire dalla crisi? Le opinioni degli imprenditori sono polarizzate.

Lo sono «tra chi esprime una certa fiducia di ripresa (44%) e chi, d’altro canto, prevede crescenti difficoltà (51%) o addirittura teme di dover chiudere l’impresa (5%)». Le aspettative per il 2021 sono perciò all’insegna dell’incertezza. Incertezza «con saldi di opinione peggiori (-12 punti percentuali) rispetto a quelli espressi lo scorso anno. Le imprese più strutturate e di dimensione maggiore esprimono indicazioni meno negative. E la percentuale più alta di difficoltà è registrata tra i piccoli operatori».

Il buio dell’edilizia alberghiera

Il tema dei singoli segmenti risente di questa articolazione e porta a traino la sua, quella fisiologica di settori convergenti ma con differenze marcate. «Emergono aspettative di crescita per le attività di ristrutturazione (+30,2 punti percentuali). Poi per gli interventi di recupero urbano (+6,7). Si accentuano, invece, i segnali di crisi profonda relativamente all’edilizia ricettivo alberghiera (-46,2) e anche a quella commerciale (-30,8)».

Edilizia alberghiera ancora al palo (Foto: Canio Romaniello / Imagoeconomica)

E configurare uno scenario per i prossimi mesi significa volgere sguardo e progetti all’innovazione. Senza dimenticare che la stessa ha un binario attuativo nel Recovery Fund. Quando si dovesse finalmente uscire dall’emergenza Covid lo scenario non potrà essere altro. Quello delle «significative opportunità per le imprese che sapranno intraprendere la strada dell’innovazione. E sapranno farlo modificando il loro approccio strategico alle attività di costruzione».

Ma c’è un rischio: che quello che prima era già divaricato domani possa farsi voragine. Con il rischio «di accentuare quel processo di divaricazione tra soggetti “forti” ed estremamente “deboli”». E qui entrano in causa gli snodi decisionali e di governo del paese. «Un elemento vitale per le prospettive di rilancio del settore deriverà dal contributo e dall’impegno delle Pubbliche Amministrazioni. Questo per sostenere, incentivare e realizzare le attività di riqualificazione urbana. Poi la messa in sicurezza degli edifici pubblici e, soprattutto, l’efficientamento energetico grazie anche al bonus del 110%».

Il ruolo di chi governa

Qui l’accordo c’è ed è unanime: gli ambiti di ripresa ci sono e li indicano tutti. Quelli «per la ripresa delle attività di tutte le aziende del comparto. Che sono: gli investimenti diretti per l’edilizia scolastica, l’ecobonus per la riqualificazione energetica. (che raccoglie poco meno del 90% di giudizi favorevoli). E più in generale, un piano nazionale per l’ammodernamento infrastrutturale del Paese. Tali impegni, però, non saranno sufficienti in assenza di interventi sia di carattere normativo che operativo. Cioè capaci di trasformare in maniera radicale il modo di lavorare delle Pubbliche Amministrazioni».

Rinascere e rinnovarsi è pertanto impossibile se non si semplifica ed efficienta a monte, dove si decide. «Solo, infatti, attraverso la semplificazione. Quella ed un efficientamento generale della macchina amministrativa auspicati dall’82% degli imprenditori. Così si potrà rimuovere uno dei principali vincoli che frenano lo sviluppo del nostro Paese».

Palazzo Chigi (Foto Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

Il Presidente di Federlazio Edilizia, Alessandro Sbordoni indica quei cambiamenti di scenario. E chiarisce subito che il bonus 110% non basta. «Nel quadro generale di forte incertezza e di timori per il futuro dovuti alla pandemia, si sono accentuati i processi di trasformazione già manifestati negli scorsi anni. E che determineranno notevoli e radicali cambiamenti di scenario anche per il settore edile. La digitalizzazione e la sostenibilità ambientale degli edifici, infatti, rappresenteranno gli elementi fondamentali di rilancio del settore. La realizzazione di nuovi immobili dovrà essere concepita secondo criteri che consentano l’autonomia energetica. Poi il risparmio e il contenimento dell’utilizzo di materiali non riciclabili, fino al suo azzeramento».

Sbordoni: meno burocrazia

«Pertanto, anche la progettazione dovrà cambiare prevedendo ampi spazi per soluzioni condivise quali cohousing, coworking e servizi collettivi. Gli imprenditori sono anche consapevoli che il futuro sarà sempre più caratterizzato dal prevalere delle attività di recupero e riqualificazione urbana. Le aziende, tra mille difficoltà, si stanno muovendo in questo senso. Ma va sottolineato che questo sforzo va sostenuto ed incentivato. Il bonus del 110%, seppure importante, non è sufficiente. Oltre a ciò, quello di cui ha un urgente bisogno il settore, è quello di avviare un forte taglio alla macchina burocratica. Semplificando e snellendo le procedure per accelerare l’iter realizzativo di qualsiasi intervento».

Mocci: piano di messa in sicurezza

Luciano Mocci, Direttore Generale, punta molto sull’utilizzo del Recovery Plan. «L’indagine realizzata da Federlazio, nell’ambito dell’Osservatorio sull’Edilizia, è promossa per monitorare una realtà così importante per la nostra regione. E per offrire agli addetti ai lavori ed agli amministratori pubblici, un quadro aggiornato sull’andamento del settore. Sono soprattutto le aziende più strutturate a reggere i contraccolpi della pandemia. Se nel 2019 diminuiscono gli occupati, calano gli importi messi a bando dalle Pubbliche Amministrazioni. Poi sale la Cassa Integrazione, nei primi mesi del 2020, la pandemia assesta un ulteriore colpo alla produzione edilizia. Produzione che riprende quota a settembre grazie all’avvio del bonus 110% e ad una serie di misure sblocca cantieri».

Luciano Mocci (Foto: Imagoeconomica / Rocco Pettini)

«La seconda ondata Covid, gela la ripresa e le preoccupazioni sono tali che oltre il 50% del settore prevede maggiori difficoltà o addirittura la chiusura. Prospettive pesanti attutite dalla crescita delle ristrutturazioni che dovrebbero registrare un + 30% secondo le previsioni del campione. Quadro non dei migliori nella speranza di un rallentamento della pandemia. E soprattutto, del Recovery plan. Che dovrebbe aiutare il rilancio del settore attraverso un piano di messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati. Inoltre di manutenzione del territorio con opere di prevenzione del dissesto idrogeologico. Inoltre di meccanismi che premino l’orientamento conservativo e la rigenerazione urbana».