Fischi e fiaschi della XLIX settimana 2022

Fischi e fiaschi: i fatti centrali ed i protagonisti della XLIX settimana 2022. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nei prossimi giorni

Fischi e fiaschi: i fatti centrali ed i protagonisti della XLIX settimana 2022. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nei prossimi giorni.

MASSIMILIANO FEDRIGA

Massimiliano Fedriga

Chi è un furbo? E’ canonicamente una persona intelligente con in più il tempismo assoluto di mettere quel che ha a servizio di quel che serve. Insomma, essere intelligenti non vuol dire necessariamente essere furbi e vale perfino il contrario.

Massimiliano Fedriga è entrambe le cose perché ha capito che il “digestivo” dell’autonomia delle regioni non è la tigna di quelle del Nord ma l’orgoglio di quelle del Sud. Insomma, è da quando il concetto è nato ed è stato portato allo stato dell’arte che ce la menano con la faccenda dell’autonomia che consentirebbe al ricco settentrione di sganciarsi dal fardello del meridione povero e scalcagnato.

Ma Fedriga, che governa una regione del Nord, ha capito l’antifona: ha compreso che l’Italia è un mix di possibilità produttive indigene e soprattutto che incentivare chi prima una certa Lega ormai paleolitica snobbava è il modo migliore per aprire gli scrigni infiniti della ricchezza dell’Italia Penisulare ed insulare.

Il presidente della Regione Friuli ha espresso con la soavità che gli si riconosce questi concetti a margine del primo festival delle Regioni e province autonome in corso a Palazzo Lombardia, a Milano. Ha detto una serie di cose mainstream, ha lodato l’autonomia e ribadito la necessità di farla, ha citato il “Vate” dell’ognun per sé Roberto Caldreoli e poi è uscito lesto e guizzante dallo starter pack del governante nordico che non vede l’ora di liberarsi dei “sudici”.

Ed ha detto una cosa molto banale ma sul caso molto intelligente, cioè molto furba: “Personalmente mi sono stufato del fatto che ci sia le tesi che le Regioni del Sud non sarebbero all’altezza dell’autonomia”. Pausa tattica e giù di affondo: “Penso che sia un’umiliazione del Mezzogiorno. Il Mezzogiorno ha tutte le capacità per riuscire a dare delle risposte importanti al proprio territorio“.

E in un colpo solo Fedriga, che fa parte del plotone di esecuzione mancato di Salvini dopo il votaccio del 25 settembre per il Carroccio, ha detto quello che volevano sentirsi dire i friulani, i leghisti, il governo e tutti quelli che stanno sotto la linea di Barberino del Mugello. Cioè tutto quello che volevano sentirsi dire gli italiani.

CatanzUdine.

MARIO DRAGHI

Mario Draghi (Foto via Imagoeconomica)

La saggezza contadina vuole che sia maggio il mese nel quale si può riconoscere il bravo pecoraio. E c’è una ragione: è quello il periodo nel quale la bestia viene tosata e se ne può apprezzare sia la qualità del vello e sia lo stato di salute complessivo osservandone la pelle nuda; in quella stagione si inizia l’apertura dei nuovi formaggi e si riconosce il sapore della materia prima. Per Mario Draghi non è stato necessario aspettare maggio ma più banalmente una sentenza della Corte Costituzionale ed i dati Istat aggiornati.

Sono loro a dire che l’Italia è stata un esempio per l’Europa, con la sua campagna anti Covid. La capacità organizzativa del generale Figliuolo e la sensibilità del Paese ci ha portato ad inizio dicembre ad avere l’81% di italiani pienamente vaccinati; significa 9 punti sopra la media europea. Il tutto nonostante le campagne dei No vax.

Mario Draghi ha voluto che la vaccinazione fosse un obbligo per chi svolgeva particolari professioni: quelle sanitarie e quelle dell’insegnamento. Ora la Corte Costituzionale ha riconosciuto come legittima quella posizione e confermato anche la costituzionalità della quarantena: non limita le libertà individuali perché c’è un interesse maggiore della collettività. E costituzionali sono anche i Decreti Conte: decadono quindi molte delle sentenze di impronta No vax. In cosa si è tradotto tutto questo? In benefici per l’Economia del Paese.

I dati sulla crescita ci collocano tra i migliori Paesi nel continente. Il nostro sistema industriale ha saputo reagire ed adattarsi ai nuovi scenari disegnati dalla pandemia. Non è collassato ed anzi ha mandato chiari segnali di ripresa. Dovuti alle sue iniziative ed alla sua credibilità.

Se stiamo dove siamo lo dobbiamo, in molta parte, anche a lui. E non stiamo male.

L’impronta di Super Mario.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

“Io sono fidanzato con quella li. No lei ancora non lo sa, però prima o poi glielo dico…”. Accadeva in Terza Elementare. Occorre che qualcuno ne informi Giuseppe Conte: il Lazio è cosa seria e non è un faccenda per bambini con il grembiule blu.

Nel fine settimana il quotidiano Repubblica ha pubblicato l’indiscrezione secondo la quale il capo politico del M5S stava pensando alla giornalista Bianca Berlinguer come possibile candidata Governatore della Regione Lazio. Scelta indovinatissima. Perché l’elettorato del Lazio si è spesso rivelato sensibile ai volti televisivi prestati alla politica. Ha funzionato con Piero Badaloni (Tg1), Francesco Storace (Il Secolo e la vigilanza Rai), Piero Marrazzo (Mi manda Rai Tre). (leggi qui: Regionali, alla fine il Campo Largo lo fa Conte).

E poi con quel nome, Bianca Berlinguer avrebbe funzionato da calamita per il voto di tantissimi nostalgici che non hanno mai dimenticato il rigore morale e la serietà indiscussa di papà Enrico.

C’è solo un piccolo problema. Lei non ne ha la benché più pallida intenzione, come ha risposto al quotidiano La Stampa. La conduttrice di “Cartabianca” su Rai3 ed ex direttore del Tg di rete, ha fatto sapere «Non è la prima volta che mi prospettano una candidatura, ho sempre detto no e non cambio idea adesso».

Il tempo stringe. E tirare fuori nomi in questo modo crea l’impressione che lo si stia facendo per costruirsi uno spessore che al momento non c’è. Tra i ritardi di Fratelli d’Italia e la tattica masochista del Pd, la posizione del M5S non è faccenda grave. Ma anche per loro il tempo comincia a stringere. Ed un nome, vero, occorre tirarlo fuori. (Leggi qui: Il candidato di FdI e la sudditanza del Pd).

Niente suggestioni, please.

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Se la svuota ancora può perfino affittarla: “Lega per Salvini premier, si loca”. Perfido il commento dopo che quattro consiglieri regionali hanno abbandonato il Partito in un mese. E non in una sperduta periferia nazionale ma nella Lombardia che è stata culla del Carroccio.

Il problema non è tanto questo. Ma il fatto che dopo averli espulsi, Matteo Salvini ha declassato la questione a “Fantasie che interessano i giornalisti”. E invece interessano Umberto Bossi, che ha invitato a ritirare le espulsioni. Perché i quattro (tra i quali figura il Consigliere più votato a Milano) non hanno intenzione di andarsene per sostenere l’elezione in Regione di Letizia Moratti. Né intendono attaccare il loro presidente Attilio Fontana. Se ne sono andati in aperto dissenso con la linea di Matteo Salvini.

Un Partito al quali i sondaggi accreditano un 6% e molto meno nel Lazio. Il fatto è che non esistono i leader buoni per tutte le stagioni. Matteo Salvini è stato straordinario nel momento della sua ascesa. Ha fatto dimenticare in pochi mesi le storie di diamanti e lauree comprate all’estero e sulla spinta delle sue spacconate ha creato l’immagine di una Lega pervasa dall’attivismo e dal sovranismo. Peccato che su quel terreno ci fosse già Giorgia Meloni che ha impiegato un attimo a fare man bassa.

Ora la nuova realtà del Paese richiede una Lega diversa. Alla quale Salvini può dare il suo fondamentale contributo. Ma con un ruolo diverso da quello di timoniere. Non è con le espulsioni che fermerà lo scorrere del tempo. Che porta con sé la sua inevitabile conseguenza: nessun leader è per sempre.

Odore di scadenza.